Luci, colori e misteri, viaggio nella Basilica Sotterranea di Porta Maggiore tra restauri e scoperte

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Servizio di Laura Larcan Video Gabrielli/Ag.Toiati

Il bianco lattiginoso delle navate e il rosso rubino che accende il vestibolo, Saffo che si tuffa nel Mare azzurro che sembra inondare l'abside, Ganimede rapito in volo da un genio alato, cortei di maghi di strada e giochi da palestra. Ma soprattutto, i paesaggi naturali dai colori vividi. C'è il mito classico ma anche la vita quotidiana, che riveste come un'epidermide la aule avvolte dall'aura dei culti misterici. E' il gioiello della Basilica sotterranea di Porta Maggiore, a nove metri di profondità, incastonato sotto i binari della ferrovia, che torna a far parlare di sé con la sua straordinaria misteriori enigmatica bellezza. Dopo due anni di chiusura e un nuovo intervento di restauro sostenuto dalla Soprintendenza di Roma guidata da Daniela Porro, riapre al pubblico eccezionalmente dal 18 al 20 marzo (su prenotazione) per svelarsi con un nuovo sistema di illuminazione artistica che ne esalta i dettagli e la lettura.

A colpire ora sono i colori delle superfici, ripulite dagli strati di sali che l'umidità aveva sedimentato. Ritornano a vista i rilievi delicatissimi in stucco delle scene decorative, ma soprattutto i colori del vestibolo. Il rosso rubino che segna il fregio e gli azzurri della volta. Splendidi e accesi. «Siamo nove metri sotto terra, in un monumento unico nel suo genere, anche perché è la più antica pianta basilicale ritrovata a Roma – racconta Anna De Santis, l'archeologa responsabile del monumento – E' un edificio pagano, che vanta una raffinato apparato decorativo a stucco e ad affresco». Aleggia qui tutto il mistero della sua storia: «Non sappiamo bene se nasce per essere un monumento funerario oppure una basilica neopitagorica legata ai culti misterici che si diffondo a Roma e nell'Italia meridionale, alla fine del I secolo a.C. E il I secolo d.C. - dice De Santis - Sembra legata alla famiglia degli Statili, anche perché questa area rientrava in antichità negli Horti Tauriani possedimenti di questa famiglia più abbient5i di Roma».

Una prima ipotesi è che si tratti della tomba della famiglia di Tito Statilio Tauro, oppure un luogo di culto misterico di un altro Tito Statilio Tauro accusato da Agrippina madre di Nerone di pratiche magiche e che nel 53 d.C. Si uccide per non subire l'ointa di un processo. Pensare che questo tesoro venne scoperto per pura casualità nel 1917 durante i lavori della ferrovia. Le Ferrovie, negli anni '50, costruirono una scatola in cemento armato per incapsulare e isolare la basilica per preservarla dalle scosse dei passaggi dei treni. Entriamo nel vivo nell'intervento di restauro.

«La presenza di sali superficiali offuscava completamente le raffigurazioni che invece sono bellissime. Contemporaneamente è stato avviato un intervento di monitoraggio dell'intera basilica che ci permetterà di tenere sotto controllo i parametri micro-climatici, ma anche tutti quelli che sono gli attacchi di microorganismi e batteri che rovinano le superfici», precisa la restauratrice Chiara Scioscia Santoro. La luce fa la differenza: «Le apparecchiature con sorgente al Led, a basso impatto, e con impianti removibili, sono stati studiati per accompagnare la lettura degli ambienti con sistemi di luci dinamiche per arricchire e valorizzare l'esperienza della visita», spiegano i curatori Carlotta De Camillis e Riccardo Fibbi.