Eleonora Daniele: "Autismo, aiutate le famiglie senza girarvi dall'altra parte"

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L’Italia oggi si illuminerà di blu, perché oggi è la Giornata Mondiale della consapevolezza dell’Autismo. Per le famiglie che lo vivono da vicino, però, l’autismo e le sue mille facce e colori, è 2 aprile tutti i giorni dell’anno. Lo ricorda sempre Eleonora Daniele, che ogni giorno racconta su Raiuno Storie Italiane, ma che qualche tempo fa ha sentito che per «scongelare il cuore da un dolore che m’impietriva» doveva mettere nero su bianco la storia sua con suo fratello Luigi e e della sua famiglia. Luigi ha vissuto fino al 2015 con il suo disturbo autistico grave. E “Quando ti guardo negli occhi – Storia di Luigi, mio fratello” è un bicchiere tutto pieno. «Quando hai vicino una persona così non c’è bicchiere mezzo pieno o vuoto: a noi manca tantissimo Luigi, la vita non è più la stessa senza di lui. E io non sarei quella che sono senza lui». La confessione all'Interrogazione del Messaggero è molto sincera, come l'emozione che nel video potete cogliere dagli occhi di Eleonora, così belli, così tristi e così colmi di rabbia in alcuni momenti dell'intervista.
Cosa significa per una famiglia vivere con una persona come Luigi.
«Ha insegnato a tutti noi a non mollare mai, a non accontentarci: lo guardavi e capivi che le tue difficoltà sono cosa piccola. Le famiglie sono lasciate spesso sole, nel loro percorso con quelli come Luigi, specie se hanno reazioni inconsulte come le aveva lui. E si spaccano, non reggono il peso. Io posso lanciare un appello, l’ho scritto mille volte nel libro: queste persone sono una ricchezza enorme. E a noi manca tanto averlo qui, Luigi (mentre lo dice, non riesce a trattenere la lacrime, ndr), manca la sua pienezza di sentimenti».
Scrivere l’ha aiutata.
«Quando è nata mia figlia Carlotta ho pensato che dovessi scrivere la nostra storia per lasciargliela e per scongelare il cuore, dopo il dolore sordo della morte di Luigi nel 2015. Ha aiutato tutta la mia famiglia: condividere l’esperienza aiuta. Le associazioni che nascono, compresa la Life Inside Onlus che abbiamo fondato con le mie sorelle, Elisa e Cosetta, aiutano a non sentirsi soli e mettere in comune le emozioni. Senza condivisione è molto più dura». 
Elio, il cantante-showman e papà di un ragazzo autistico di 12 anni, inveiva qualche giorno fa ricordando come le famiglie debbano “insegnare” agli insegnanti di sostegno cosa fare.
«Molte cose non le ho scritte nel libro, ma sono la nostra esperienza: molte persone non hanno amato Luigi perché non amano la disabilità. Lo senti quando affronti le istituzioni, le strutture sanitarie, quando entri nella scuola. La burocrazia non ama la disabilità. Il 2 aprile deve servire a questo, a ricordare che non si debbono tirare indietro. Che non possono farlo. Che nei moduli devono barrare il “sì” e non il “no” sui servizi da offrire».
Parla con amarezza, adesso.
«Io sono molto disillusa, a dire il vero. Per questo quando ho presentato il libro ho voluto vicino a me persone come il senatore Faraone e Gianluca Nicoletti: sono persone dirette. Nicoletti ogni giorno sbatte in faccia a tutti che l’autismo è una cosa complessa in cui c’è bisogno di tutto. E dentro quell’immagine di normalità che hanno ragazzi come Luigi o i loro figli si nasconde un mondo che corre parallelo».
E’ un fenomeno amplissimo, l’autismo. 
«Stanno venendo alla luce anche molti casi al femminile, anche se è un disturbo di cui non si conosce l’origine e non ha cura per ora, ma che colpisce molto nella sfera maschile. Ma tra qualche giorno avrò in trasmissione una ragazza, Agnese, con cui parleremo della sua forma grave».
Grave è stato come ad inizio pandemia si sia fatta fatica a riconoscere gli autistici come fragili. 
«Ve la immaginate la difficoltà di far capire ad un autistico che deve essere intubato? Messo a testa in giù in una rianimazione? O magari che si desta da un coma? L’altro giorno in coda in un municipio di Roma facevano fatica ad accettare di non far fare la coda ad un ragazzo. Hanno bisogno di reparti ad hoc, per esempio, negli ospedali».
Molto spesso le persone come Luigi hanno grandi passioni, attraverso queste si riesce a comunicare. Che passione aveva Luigi?
«Le sue tre sorelle, era evidente quando stavamo insieme. E la carta stampata: gli piacevano i giornali e i libri, ci scriveva sopra. Poi c’è un sogno che facevo spesso che riguardava me e lui».
Quale?
«Sognavo di portarlo a ballare in una discoteca affollata: era rischioso farlo, per le sue reazioni improvvise: era un ragazzone grande e grosso. Ma sono certa che in una discoteca ce la saremmo goduta. Come quando ascoltavamo Ron: “Non abbiam bisogno di parole per spiegare quello che è nascosto in fondo al nostro cuore...E ti solleverò tutte le volte che cadrai... Seguirò il tuo volo senza interferire mai” (le canticchia queste strofe, Eleonora, ndr) Chissà se quando scriveva immaginava quanto ci descrivesse»
Lei conduce una trasmissione in cui i casi di cronaca rivelano disagi profondi.
«Le storie non vanno raccontate e basta, vanno seguite. Noi accendiamo un faro, poi la luce va via e i problemi restano. Come le famiglie con soggetti autistici dopo il 2 aprile. L’empatia vera non è piangere quando si raccontano, le storie, ma quando nessuno le racconta. Perché le famiglie non smettono mai di confrontarsi con una cosa così grande come l’autismo».