Rubens, van Dyck e i grandi del '600, alle Scuderie del Quirinale il SuperBarocco è uno spettacolo

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Servizio di Laura Larcan- Video di Francesco Toiati

Il cavallo che si impenna, la criniera che ondeggia mossa dal vento, il cagnolino che lo segue fedele. E lui, Giovan Carlo Doria, il più grande mecenate del Seicento a Genova, guarda verso lo spettatore fiero e intenso. Talmente ambizioso da farsi ritrarre da Rubens nel 1606 a cavallo, prerogativa solo (ed esclusiva) dei sovrani. E pensare che il gentiluomo genovese collezionerà oltre 700 dipinti. Ma a Genova tutto era possibile. Libera e ricca, nella sua congiuntura economico politica del XVII secolo. Terra di patrizi e mecenati. «Chi disponeva di ricchezze e voleva investire nella grande arte, poteva farlo. Come voleva», racconta Piero Boccardo, che con Franco Boggero e Jonathan Bober ha curato la grande mostra Superbarocco. Arte a Genova da Rubens a Magnasco dal 26 marzo al 3 luglio alle Scuderie del Quirinale di Roma, evento tenuto a battesimo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, insieme al ministro della Cultura Dario Franceschini. Un evento dalla doppia anima, visto il gemellaggio culturale da affinità elettiva con l’altrettanto superba esposizione a Genova nella cornice di Palazzo Ducale. E il Barocco è la stagione d’arte tra il ‘600 e i primi decenni del ‘700 segnata da una speciale opulenza, abbinata ad una libertà creativa che ha fatto la differenza. A Genova si respira un’aria particolare. Lo raccontano i volti, gli abiti, le stanze, una sfilata di ritratti che condensano cento mille storie personali della vita politica ed economica della piccola grande “repubblica del mare”. Ma anche tante scene di vita che rimandano a mode, a costumi, a scorci di palazzi aristocratici, ai fasti di famiglie. Tutto al servizio della grandezza di Rubens e Van Dyck, del Grechetto e di Magnasco e Strozzi, maestri che arrivano a Genova a più riprese, attratti dalla luce del mecenatismo e del collezionismo. 

Le due mostre, a Roma e a Genova, sono allora le tappe di un viaggio tra quadri e sculture, arti applicate e arti grafiche, intrecciando ogni mezzo artistico, tecnica e materiali. Comprese le argenterie di famiglia, raffinatissime. E pensare che un artista come Bernardo Strozzo (come svela l’evento capitolino) viene incaricato di creare il bozzetto per un piatto da portata, in argento finissimo, di valore inestimabile. A dare il senso della mostra a Roma, due ritratti portentosi, quasi ipnotici tanto sono belli. Lo sguardo fiero e divertito di Elena Grimaldi Cavalleroni Cattaneo, ritratta da Antoon van Dyck nel 1623, che lascia trasparire negli occhi languidi un’indole ammiccante e tentatrice oltre l’austerità dell’abito e dell’ampia gorgiera. E la compiaciuta magnificenza del volto di Agostino Pallavicino che tra baffi e pizzetto, anelli e veste di esuberante rosso si fa ritrarre da van Dyck nel 1621 come l’ambasciatore al pontefice, per ricordarci tutta la sua autorità.