di Nicole Cavazzuti
Dopo sei mesi di fermo, oggi nelle regioni di fascia gialla bar e ristoranti dotati di tavoli all'esterno hanno potuto riaprire fino alle 22.
Chi si aspettava il delirio, almeno al Nord, è stato smentito.
A Milano, complice il tempo autunnale, al di là della presenza di dehor di fronte a bar e ristoranti e di clienti seduti ai tavoli, non si sono percepite grandi differenze tra la domenica in zona arancione e questo primo lunedì in zona gialla.
I clienti non sono mancati nei bar sui Navigli, ma non abbiamo visto né file, né assembramenti.
Atmosfera serena, tra avventori sorridenti e gestori speranzosi.
Sì, perché tra i titolari dei locali predomina la felicità rispetto alla paura di passare nuovamente in zona arancione.
Detto questo, il mondo dell'ospitalità oggi è spaccato.
Se da un lato c'è chi gioisce per la riapertura, dall'altra c'è chi osserva di essere invece obbligato al non lavoro.
Ma su un punto sono tutti d'accordo: "Ė una scelta discriminatoria permettere la somministrazione esclusivamente a chi ha il dehor", sintetizza Tommy Scamarcio, bar manager del Noh Samba Hagakura di Bari.
Più o meno la metà delle attività ristorative non ha aperto. Tra questi, Terry Monroe titolare di Opera 33 a Milano e Leonardo Leuci (che insieme a Roberto Artrusi, Alessandro Procoli e Antonio Parlapiano ė proprietario del Jerry Thomas Speakeasy di Roma). Che sono sulla stessa linea: "Ci tengono chiusi in nome della salute pubblica nonostante la campagna vaccinale in corso e alcune attività come Autogrill e ristoranti con servizio mensa possano offrire la somministrazione all'interno. In una situazione così, è difficile condividere una decisione del genere che ci priva della possibilità di lavorare e di produrre".
In tutto ciò prosegue la polemica sul coprifuoco alle 22.