La morte di Marta, parla Christian:
«Due macchinari non funzionavano»
Lei si è spenta tra le sue braccia

Marta Lazzarin e Christian Cappello, il suo compagno
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Domenica 3 Gennaio 2016, 22:29 - Ultimo aggiornamento: 4 Gennaio, 15:26
BASSANO - «All'ospedale San Bassiano quel giorno due macchinari non funzionavano». Ai microfoni del Tgr Veneto della Rai Christian Cappello, il compagno di Marta Lazzarin, la 35enne bassanese morta nel reparto di ostetricia dopo che era stata accertata la mancanza del battito nel bimbo che portava in grembo, ha raccontato i momenti drammatici vissuti all'ospedale. 

«Marta aveva la febbre, è stata visitata per dieci minuti e le hanno detto che il feto era morto. Lei piangendo mi ha informato che Leonardo non c'era più - ha spiegato Christian -. Poi l'hanno portata in una stanza, la macchina per l'ecocardiogramma non funzionava, e anche una macchina per la misurazione della pressione non funzionava. Hanno prescritto di controllarle la pressione in modo frequente, ma dopo un po' lei non riusciva più a parlare, era tra le mie braccia e a un certo punto il suo respiro si è fatto più affannoso, sentivo che non ce la faceva. I suoi occhi si sono appannati...».

Christian Coppello ha sintetizzato così quei tragici momenti. Mentre per omicidio colposo sono indagate cinque persone, sull'arrivo degli ispettori ministeriali Christian ha detto: «Qualcuno finalmente vuole cercare la verità». Che, ha aggiunto, è anche quello che vuole lui, non per puntare a risarcimenti ma per far sì che certi drammi non accadano ancora. Poi un accenno alla sua solitudine: «Quel bambino non lo vedrò e non vedrò più lei, ma ricorderò il suo sorriso e la sua voglia di donare e questo mi spingerà fino alla fine». Come aveva scritto nel commovente messaggio web subito dopo la morte di Marta. Secondo la testata Rai Christian Cappello intende avviare una raccolta di fondi per la lotta alle malattie rare.

Intanto alla Ulss sono arrivate le comunicazioni ufficiali del Ministero della Salute sull'invio degli ispettori. La direzione generale sostiene che tutti i protocolli sono stati osservati. «Una spiegazione c'è nel sospetto di un'embolia massiva legata alla morte intrauterina del feto» ha dichiarato l'ex direttore generale dell'Ulss Ferdinando Antonio Compostella, da due giorni incaricato alla Ulss di Rovigo.
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