Pasquetta in Umbria, 7 imperdibili cose da fare (e vedere) a Vallo di Nera

Tra “Sentieri, vicoli e racconti”, percorsi d’arte ed escursioni en plein air per tutta la famiglia

Torrione circolare, Vallo di Nera_credits Courtesy of Press Office
di Gustavo Marco Cipolla
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Venerdì 8 Aprile 2022, 15:07 - Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 08:31

Natura, prelibatezze della tradizione culinaria locale e meraviglie d’arte fra le mura del castello che domina la Valnerina. Sarà una Pasquetta "green" e all’insegna del benessere quella che a Vallo di Nera, paesino di circa 400 abitanti nella provincia di Perugia, in Umbria, si festeggerà in una terra che, come un libro a cielo aperto, è pronta a regalare storie senza tempo. Attraverso il progetto “Sentieri, vicoli e racconti”, promosso dal Comune e partito lo scorso 6 marzo, il lunedì che segue la Pasqua chiude l’iniziativa con tanti eventi per grandi e piccoli sin dal mattino: dalle escursioni per tuffarsi nel verde praticando sport alle degustazioni gourmet dei prodotti umbri. Sulle alture dove in passato si trovava una rocca, le abitazioni in pietra bianca e candida del borgo medievale, eletto tra i più belli dello Stivale, si conservano dal 1217. Fu la città di Spoleto a consentire la realizzazione di una fortezza difensiva della valle, il celebre castello dalla struttura a ellisse costruito sul dorso sinistro del fiume Nera. Ma la denominazione del paese, a parere degli storici, dapprima non era riferita al corso d’acqua e l’usanza vuole che fu così solo in seguito all’Unità d’Italia. Poiché il precedente nome, dal latino “Castrum Valli”, rendeva omaggio alla fortificazione in quanto luogo protetto dagli invasori esterni.

 

Alcuni studi hanno dimostrato la presenza dei Romani in loco già a partire dal IV secolo a.C. e l'incontro con la cultura celtica proprio dove viveva la tribù dei Naharci: l’etimologia della popolazione autoctona si deve, dunque, al termine Nahar che identificherebbe il Nera. I tratti della cinta muraria sono ancora visibili anche se, venuta meno la necessità di difendersi dall’assedio dei forestieri, fu permesso ai privati di edificarvi le proprie case. Inoltre, i preziosi statuti comunali del 1500 rivelano che i non residenti avevano la possibilità di alloggiarvi pagando un pedaggio che sarebbe servito per la riparazione delle brecce dovute ai soventi colpi di catapulte e mangani da guerra o causate dalle gallerie sotterranee che gli invasori scavavano per entrare all’interno.

1. Alla scoperta del Torrione difensivo fra le due Porte

Situato tra la Portella doganale, da cui entravano le merci, e Porta Ranne, coppia di porte all’ingresso del castello per scongiurare le invasioni, il Torrione circolare è la torre principale che aveva una funzione strategica nella difesa di Vallo insieme alle altre che spiccano nella zona meridionale e nel Borgo dei Casali, espansione cinquecentesca. Risalente al XV secolo, è stato edificato su tre livelli, con una forma poligonale e raggiungibile da un’arcata superiore. Sulle pareti si vedono le feritoie a croce per il tiro con l’arco e la balestra contro i nemici. Con l’avvento delle armi da fuoco, fori alla base vennero utilizzati per sparare i proiettili di cannoni e archibugi. Non esiste più la tipica merlatura, sono tuttavia in buono stato di conservazione caditoie e beccatelli per lanciare sassi e macigni, acqua bollente, calce viva e sabbia arroventata. Attualmente, una svasatura detta “scarpa” rinforza la costruzione laddove è adagiata una lapide che commemora i caduti del primo conflitto mondiale. L’antico palazzo comunale dall’architettura squadrata, oggi “Casa dei Racconti”, è visibile sopra Portella: qui si riunivano gli esponenti delle famiglie più influenti per le decisioni rilevanti. Nella cosiddetta “arenga” si votava servendosi di una fava nera o bianca per dare il proprio assenso o, al contrario, bocciare una proposta. Seduti oppure in piedi, si dava voce ad un’opinione. Fuori si può ancora scorgere il lungo sedile in pietra dell’assemblea. Con Permattia Ottavii, vicario podestarile, la sala consiliare venne affrescata tra il 1630 e il 1639. La Madonna scalza dipinta, abbigliata con una tunica rossa, velo bianco e manto celeste, siede tra le nuvole mentre sorregge il Figlio intento a benedire. Le mani sinistre della Vergine e del Bambino, il cui volto è stato danneggiato dall’edificazione del solaio, si toccano. La raggiera di luce cinge il capo di Maria come nelle classiche rappresentazioni secentesche delle edicole votive.

2.  Ammirare i preziosi tesori artistici della Scuola giottesca

Opera francescana del 1270, la Chiesa di Santa Maria Assunta costeggia le mura castellane con l’adiacente convento. Luogo di culto e punto di riferimento per la collettività cittadina, presenta una facciata caratterizzata dal rosone e la torre campanaria, mentre gli affreschi di pregio sono notevoli: l’abside con volta a crociera narra le storie di Cristo, della Vergine e di San Francesco grazie ai pittori di Scuola giottesca, Cola di Pietro da Camerino e Francesco d’Antonio di Ancona, che ne terminarono il ciclo nel 1383. Sulle pareti le vite dei Santi, le Madonne del latte, Angeli musicanti, Santa Barbara, il martirio di Santa Lucia, la Trinità tricefala e lavori di autori diversi. La “Processione dei Bianchi” del 1401, attribuita a Cola di Pietro e “testimonianza di un Movimento nato nel 1399 al grido di pace e misericordia”, è l’affresco più illustre. Figurano penitenti che, in viaggio per Roma, indossano un saio bianco e una croce rossa davanti all’edificio ecclesiastico. I frati furono dei veri e propri maestri e, oltre ad occuparsi della chiesa, coltivavano piantagioni di ulivo, tennero un monte di pietà e un ospedale. Curiosità? Scritta a carboncino, si intravede la firma di un certo “frater Francisscus”, che è rimasta sui muri accanto ad un nodo araldico di Salomone. Durante i restauri del secolo scorso, riaffiorarono sotto gli altari barocchi immagini commissionate dall’ordine agli artisti del ‘300 e ‘400. Una meravigliosa pinacoteca del Medioevo che strizza l’occhio al cantiere di Giotto, di stanza ad Assisi.

3. Visitare le Chiese di San Giovanni Battista e Santa Caterina d’Alessandria

La Chiesa di San Giovanni Battista guarda dall’alto del colle, con il suo suggestivo panorama, il centro storico. Si tratta della prima di stampo romanico nel paese-castello e nacque quale priorato benedettino nel XIII secolo, diventandone successivamente la parrocchiale. Dopo gli interventi urbanistici di ampliamento, mantenne il campanile a vela, il tradizionale rosone e la facciata a conci di pietra con una pianta rettangolare a copertura capriata. Qui si ammira il dipinto di Jacopo Siculo, allievo di Raffaello Sanzio, che risale al 1536: le raffigurazioni svelano la Dormitio Virginis, l’Assunzione di Maria, l’Incoronazione e una scena della Cacciata degli Ebrei. Ai lati, i Santi Rocco e Sebastiano, che i fedeli pregavano contro le pestilenze. Dal sagrato si apre la cisterna che si amplia sulla piazzetta e serviva ad assicurare gli approvvigionamenti idrici in caso di assedio al “Castrum”. La Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, che ripropone lo stile rinascimentale e ha un’unica navata, sorge a Sud di Vallo di Nera.

In precedenza, era annessa ad un monastero femminile. Recuperata di recente, è stata destinata ad auditorium. Intagliata nel legno, la macchina dell’altare incornicia la tela dello sposalizio mistico di Santa Caterina del XVI secolo oltre alla rappresentazione del '300 insieme alla Vergine con il Bambino che ha in mano un uccellino.

4. A spasso sui sentieri naturalistici per vedere la "Madonna della neve" e Piedipaterno

Sulla via che conduce a Tofele, l’edicola campestre è in prossimità di Vallo. Si fa risalire alla seconda metà del XV secolo ed è denominata “Madonna della neve” o “Immagine delle forche”. L’apertura ad arco è chiusa da una grata lignea mentre all’esterno reca la pittura di un’Annunciazione. Nel 1494 Jacopo Zabolino dipinse sulla parete di fondo la Vergine, i Santi Rocco e Sebastiano preganti in ginocchio al fine di far cessare l’epidemia della peste. Cristo stringe tra le mani due chiavi che, quasi come in un Giudizio Universale, aprono le porte del Paradiso o dell’Inferno. Sulla volta a botte, invece, è circondato dagli evangelisti e benedice i fedeli. Finti portichetti rivelano numerose immagini dei Santi, tanti i graffiti dei viandanti che esprimono vicende della vita quotidiana. Piedipaterno è la frazione di Vallo del soprastante castello di Paterno, ai piedi di una rupe, dove sono stati ritrovati reperti archeologici che confermano gli insediamenti romani. Il borgo è attraversato dal fosso di Lagarelle e da una strada panoramica che mette in collegamento Spoleto e Norcia in un crocevia di sentieri ricchi di ulivi e tartufaie che lasciano spazio all’antica ferrovia. La Chiesa di San Sebastiano del 1253 venne rimessa a nuovo nel XVII secolo, da non perdere le chiesine della Madonna delle Grazie e quella dedicata ai Santi Pietro e Paolo, vecchio lazzaretto.

5. Trekking sui monti e la Street Art di Andrea Gandini

Anche i bambini, tramite l’associazione “I tuoi cammini”, potranno godere delle bellezze paesaggistiche grazie al trekking, guidati da Lorena Bonamente che li condurrà in un itinerario fiabesco nel bosco fatto di favole e narrazioni sugli alberi. Come quella della "Vecchia quercia" sulla quale lo street artist Andrea Gandini ha realizzato l’originale scultura “Veduta di Vallo di Nera”. L’alta quota è amata dagli adulti che, con “Sibillini Trekking”, potranno raggiungere la vetta del Monte Galenne a 1218 metri sul livello del mare, passando per la località di Geppa e la Chiesa di Santo Stefano, salendo poi a piedi su un ripido sentiero che consentirà di fotografare panorami mozzafiato e la vista del Monte Coscerno. Nel percorso i pascoli d’altura, i luoghi che custodiscono i pregiati tartufi, il Casale di Vallesanta per rientrare poi nel centro abitato. Non mancheranno incontri con maestranze artigiane e produttori che, negli spazi della fortezza, condivideranno saperi e passioni mediante performance interattive, workshop e laboratori creativi. Con “Mercato Vivo-Di Sana Pianta”, molti gli appuntamenti per scoprire i segreti di una destinazione magica, un monumento che conserva il suo fascino d'epoca abbracciando le caratteristiche dimore. Tra questi “Parole dette, parole lette” di Micaela Mariani: l’esibizione prevede l’interazione con il pubblico e, facendo ricorso a vecchi piombi usati in tipografia, si sveleranno il valore e il peso di ogni parola pronunciata in base alla sua composizione tipografica.

6. Immergersi nella letteratura orale alla “Casa dei Racconti”

Al centro di ricerca e documentazione sulla letteratura orale "Casa dei Racconti” dove si trovano le “Vallanate”, blasone letterario che fa parte del genere delle storie goffe e buffe, immancabili visite per conoscere, in una delle “antenne” dell’Ecomuseo della Dorsale appenninica umbra, ricette, leggende, canzoni e satire del mondo rurale e pastorale senza dimenticare una singolare raccolta di fotografie, stornelli e composizioni in rima che costituiscono un tesoro per tramandare alle generazioni future l’autenticità narrativa territoriale. La “Sala dell’Armadio della Memoria” è la camera principale con cassetti, scaffali e contenitori pieni di ricordi, tutti da aprire. Sul mobile in legno è collocata un'opera scultorea in rame ispirata alla nota Vallanata “L’albero delle cumere”. Ideati da Franco Pappalardo, i progetti artistici vantano il coinvolgimento degli artigiani del posto. Una viva antologia della cultura popolare che ne esalta riti, ritmi e valori. Fra i continuatori il pastore e agricoltore Riziero Flammini che, con le sue fantastiche affabulazioni da cantore apprese nelle transumanze, fu considerato da tutti uno dei pilastri della poetica improvvisata, bene immateriale da tutelare. L'esposizione fotografica “Vallo dei Racconti”, invece, coniuga la visione estetica della singaporese Denise Tan e del francese Jean-François Lerasle. Le stampe evocano ciò che è leggibile sui libri a parete fra le finestre. 

7. Gustare i piatti della tradizione a base di tartufo e ricotta

L’Umbria è la meta prediletta dai buongustai che non rinunciano ai piaceri della buona tavola, soprattutto a Pasquetta. Il tartufo nero è il protagonista indiscusso dei banchetti in Valnerina. Si accompagna agli "strangozzi" o “strengozzi” (pasta lunga a base di farina di grano tenero così chiamata perché la forma occhieggia le stringhe di cuoio utilizzate in passato per allacciare le scarpe), fino all’agnello pasquale che, per l’occasione, diventa tartufato. Per i palati più esigenti, il tortino di farro abbinato allo zafferano e ai funghi è una vera squisitezza, chi non ama la carne potrà scegliere la trota alla brace. Con l’aria di primavera e la bella stagione, in cucina spopolano i tradizionali gnocchi al castrato, la varietà di formaggi tipici è ricchissima e il pecorino si può gustare addirittura grigliato. Un must è la ricotta, con la quale si preparano leccornie e piatti dolci a base di cacao, come la “Rocciata” simile allo strudel, frutta secca e un pizzico di noce moscata o cannella che sprigionano profumi e sapori d'antan. Quella salata è presidio “Slow Food”, si usa grattugiata sui primi e le zuppe, tra cui l’acquacotta umbra (fatta con pane raffermo imbevuto in una minestra di pomodori, cipolle e menta). In vista della Pasqua, la “Fojata”, ripiena di verdure a foglia ed erbe di campo, è la torta rustica per antonomasia. Variegata pure la dispensa dei salumi e dei vini, ogni ricetta che si rispetti ricorre al famoso olio extravergine d’oliva, una delle eccellenze della regione in Italia e all’estero.

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