Bike tour nella terra delle mondine: da Biella a Pavia tra risaie, cascine e antiche pile

Risaie (foto di Camillo Balossini)
di Sabrina Quartieri
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Lunedì 5 Aprile 2021, 10:53 - Ultimo aggiornamento: 11:00

Paesaggi sconfinati ricchi di oratori campestri, antiche pievi, castelli e abbazie. Ma soprattutto floride terre di mulini, riserie e cascine. Sono i luoghi di memoria dell’epopea delle mondine, meta ideale per gli amanti di un turismo di tipo rurale, da vivere tra il Basso Novarese e le province di Biella, Vercelli e Pavia. È qui che si sviluppa, infatti, la pianura agricola italiana della coltivazione del riso, un’area tutta da esplorare e da apprezzare al meglio spostandosi “su due ruote”. «Siamo lungo il confine tra il Piemonte e la Lombardia, una zona in cui viene prodotto il 60% del riso europeo e dove lo scenario cambia di stagione in stagione. In primavera, nel periodo della semina, l’allagamento delle risaie forma come un mare a quadretti. In estate, invece, ci si ritrova tra le distese verdeggianti della fioritura e della formazione dei chicchi. Poi, quando arriva l’autunno e si procede al raccolto, tutto diventa dorato. In inverno, infine, i campi a riposo si popolano di ragnetti che creano una sottilissima maglia di ragnatele», racconta Giulia Varetti di Ricexperience, guida turistica abilitata ad accompagnare i visitatori in queste terre e ideatrice di diversi bike tour.

Oltre alle bellezze naturalistiche, una giornata in sella tra le risaie offre anche l’occasione di fare attività outdoor, immergendosi nella storia agricola e artistica delle province di Biella, Novara, Vercelli e Pavia. Non mancano infine gli assaggi di piatti iconici del territorio. Su tutti la Paniscia alla novarese (o la “cugina” Panissa vercellese), un tradizionale risotto piemontese arricchito con fagioli, verza e un particolare tipo di salame. L’escursione più completa per un vero salto nel passato è da RisoTesta alla Cascina Grampa di San Pietro Mosezzo, in provincia di Novara. Qui, nel fabbricato a corte quadrata, si ascoltano le storie sulla vita di campagna e si visitano le dimore dei salariati, come pure le vecchie stalle e le porcilaie. Ma si entra anche nei dormitori delle mondine, protagoniste indiscusse, nell’immaginario collettivo, della coltivazione del riso. I turisti possono inoltre osservare da vicino un’antica pila, una riseria azionata ancora oggi da una ruota idraulica. La cascina è di quelle tradizionali e ha un valore storico nel territorio: il suo riso viene raccolto da oltre cinque secoli, grazie alla straordinaria fertilità dei terreni omogenei e alle favorevoli condizioni climatiche.

Questo luogo, che sembra un museo agricolo nonostante sia ancora perfettamente funzionante e attivo, tornerà presto alle origini: è in atto, infatti, un progetto di recupero, nella stessa cascina, dell’intera riseria legata al mulino ad acqua e alla pileria. L’attenzione all’ambiente prenderà forma invece nella realizzazione di un impianto sostenibile a energia ibrida (idraulica ed elettrica). Da RisoTesta si arriva in bicicletta attraverso le epiche risaie narrate nel volume “La Terra degli Aironi” dal politico e letterato di Granozzo, un borgo alle porte di Novara, Dante Graziosi; ma anche dallo scrittore Sebastiano Vassalli, che nel territorio, più precisamente in cascina Marangana, aveva trasferito la sua residenza (sul tema pubblicò il libro “Terre d’acqua” e il romanzo storico “La chimera”). Dopo la visita, la sosta golosa è d’obbligo, per provare gli interessanti piatti realizzati con i tre risi dell’azienda: l’Apollo (bianco e integrale), il Carnaroli e il Baldo, quest’ultimo nato nel 1977 dall’incrocio tra Arborio e Stirpe 136, e oggi sulle tavole, anche oltreoceano. Come la tipologia Riserva, che sta conquistando i mercati internazionali, a partire dagli Stati Uniti, raggiunti grazie a Carlo Zarri, chef e patron del ristorante Hotel Villa San Carlo di Cortemilia in provincia di Cuneo, nel cuore delle Langhe, e da anni ambasciatore di eccellenze nostrane all’estero.

L’approdo del Baldo in America ricorda - seppur compiuto al contrario - un altro viaggio. Da grande estimatore del riso italiano qual era, fu Thomas Jefferson, prima di diventare presidente degli Stati Uniti nel 1801, a visitare e ad apprezzare proprio le tenute dei risicoltori tra il Novarese, il Vercellese e l’Alessandrino. Un’esperienza che è stata riportata nelle cronache del tempo, come nei suoi diari. Sempre “su due ruote” con i progetti di Ricexperience si esplora anche la terra dell’unica DOP del riso: la Baraggia Biellese e Vercellese. Ma a Buronzo, nel cuore di questa area naturale protetta, tra nidi di cicogne e uno scenario da vera savana, è possibile pure noleggiare delle e-bike e muoversi autonomamente, seguendo i percorsi segnalati nell’app autoguidata di Bikesquare. Non è da meno, infine, la Lomellina: la parte di territorio della provincia di Pavia dove si coltiva il riso è tutta da esplorare, con la Ricexperience che si sta strutturando per trascorrere la notte in un Bike Hotel rurale tra le risaie. L’iniziativa è della Fondazione Darefrutto e coinvolge una parte della Tenuta San Marzano Mercurina di Pieve del Cairo, dove sono in arrivo una foresteria, una rimessa per le bici e una ciclofficina. 

«Come per tutte le altre attività turistiche non sappiamo quando riprenderemo a organizzare i tour, ma la speranza è di poterli riattivare per gli individuali, le famiglie e i piccoli gruppi già dalla tarda primavera - racconta Giulia Varetti - Lo scorso anno, nonostante la pandemia, nei periodi di tregua dal virus c’è stata una grande partecipazione, perché la formula “campagna, aria aperta, bicicletta ed enogastronomia” funziona bene. Penso che il turismo attivo sarà il primo a ripartire anche stavolta», conclude la guida. Per le escursioni tra le risaie con Ricexperience bisogna prevedere un budget di circa 30 euro a persona, costo che aumenta se si noleggia un’e-bike. Ma qual è il periodo dell’anno da scegliere per una pedalata più scenografica? La primavera e l’autunno sono da preferire.

In primis per le temperature miti, e poi per il tipo di paesaggio in cui ci si immerge: vale la pena, infatti, vedere le risaie allagate, magari al tramonto, nei mesi che anticipano l’estate; o quando, subito dopo, gli sterminati campi di riso offrono un avvolgente colpo d’occhio color miele. 

Racconta Luigi Grassia, giornalista trapiantato a Torino ma originario di Novara, come sua mamma, nata e cresciuta in una cascina alle porte della città: «Nel mese di aprile le nostre risaie si riempiono d’acqua, e prima che il riso cominci a spuntare, si trasformano in specchi perfetti e luccicanti, a perdita d’occhio. In questi specchi si vedono zampettare stormi di aironi piccoli e grandi, bianchi e grigi, col becco dritto o curvo, giallo o nero. Purtroppo, la mia mamma è mancata da poche settimane, per cui nel 2021 non assisterà a questo spettacolo. Ma nelle scorse primavere, quando la portavo in automobile tra Novara e Torino, lei ne era affascinata, e mi raccontava che da bambina vedeva pochissimi aironi. Probabilmente perché i cacciatori li uccidevano, e i monelli rubavano le uova dai nidi», continua Grassia. Gli aironi hanno cominciato a rifarsi vivi in gran numero solo a partire dagli anni ’70. Le risaie novaresi in passato pullulavano anche di mondine, che venivano da tutta Italia per “mondare” le erbacce, e poi per mietere le piantine di riso. Il loro non era solo un lavoro: era un’occasione eccitante di indipendenza, con risvolti anche politici.

«Le braccianti locali non bastavano, per cui legioni di migliaia di ragazze giungevano qui dal Triveneto e dal Sud Italia, che all’epoca erano mondi chiusi e un po’ opprimenti per le donne - ricorda Grassia - Così queste signorine si prendevano una pausa nel Nordovest, e siccome nelle risaie facevano gruppo, sviluppavano anche una coscienza sindacale. Tutti aspettavano la stagione allegra in cui arrivavano in città quei treni strapieni di giovani, colorate, vocianti e felici. Pure mio papà, quando era un ventenne napoletano emigrato a Novara. Ah, papà! La mia mamma era proprio bellissima, ma prima di fidanzarsi con lei e di sposarla, gli auguro di aver incontrato una mondina come Silvana Mangano nel fim “Riso amaro”, una Venere delle risaie, splendida e statuaria», conclude Grassia. Oggi di questo passato rimangono le cascine, le foto in bianco e nero di file di donne nei campi, i canti popolari e i musei. «Di rado si incontra qualche signora che, di quel periodo, nonostante il duro lavoro nelle risaie, conserva bei ricordi. Le mondine del mondo contemporaneo compaiono invece tra luglio e settembre nei campi di chi è tornato alla “monda a mano”. Ma sono soprattutto gli asiatici a popolarli, con gli inconfondibili cappelli a punta - precisa la guida - Una versione orientale delle “capline” di paglia tipiche delle nostre campagne». 

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