In Mongolia sui Monti Altai per la Festa delle aquile

Festa delle aquile, foto di Carla Milone (Il Tucano Viaggi Ricerca)
di Sabrina Quartieri
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Mercoledì 8 Giugno 2016, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 15:33

Un viaggio nella terra dei nomadi kazaki alla scoperta delle regioni più remote della Mongolia: l’occasione è la Festa delle aquile, un evento eccezionale che ha luogo in autunno nella zona montuosa degli Altai. Tra lunghe tratte via terra, le importanti distanze da affrontare in volo e le notti che si passano nei campi tendati, l’esperienza si presenta particolarmente impegnativa e richiede un buono spirito di adattamento. Ma come promette Il Tucano Viaggi Ricerca (che propone il tour di 14 giorni con data unica a fine settembre), ogni disagio sarà ampiamente ripagato dall’eccezionalità e dalla bellezza dei luoghi che verranno esplorati. La prima grande esperienza che si vive dopo la partenza è in città, a spasso tra le vie della capitale mongola: il cuore di Ulan Bator è costituito dalla piazza Sukhbaatar, due volte più ampia della Piazza Rossa moscovita. Imponente è il monastero di Gandantegchlen, che vi si affaccia. Un edificio che arrivò ad ospitare, in passato, oltre 10mila religiosi dediti alla preghiera, allo studio e all’insegnamento. 

 

Oggi, questo luogo sacro è una residenza abitata da circa 150 monaci ed è considerata la più grande della Mongolia. Il tour prosegue a ritmi serrati perché già il giorno successivo è tempo di volare a Khovd negli Altai, per vivere l’emozione di dormire in un campo tendato, ovvero nelle tradizionali yurte (“ger” in mongolo). Divisa in due dalla catena montuosa, questa regione si compone di aree pianeggianti caratterizzate da zone desertiche e sabbiose, con laghi salati, cime basse e torrenti alimentati dallo scioglimento delle nevi. Khovd, in particolare, risale al 1731, quando venne fondato come avamposto manciù. Popolata da diverse minoranze etniche, dagli Oold ai Khoton, dai Kazaki  agli Uriankhai fino ai Myangad, la cittadina è divenuta nel tempo un centro animato ed eterogeneo. La mattina seguente ci si sveglia per partecipare all’escursione alla Grotta Tsenkheriin Agui, con le sue pitture risalenti al Paleolitico, e approdare poi al Parco Nazionale del lago Kharus Nuur. Creato per preservare le centinaia di specie di uccelli migratori, questo ambiente è popolato da marmotte e volpi, antilopi e pellicani, che da sempre si dividono gli spazi della steppa intorno a tre affascinanti laghi.


Al Parco Nazionale di Tsambagarav Uul, con la sua altissima montagna omonima perennemente incappucciata di neve, è dedicato il giorno successivo. Una tappa obbligata per la straordinaria morfologia del territorio, la ricca biodiversità e i sorprendenti contrasti paesaggistici, a volte idilliaci, altre aspri e quasi lunari. Subito dopo si raggiunge il lago Tolbo o della “rana”, come lo chiamano i locali. Siamo nell’estremità occidentale del Paese: l’Aimag Bayan-Ulgji confina a nord e a ovest con il Kazakistan e a sud-est con la Cina. La regione che ospita l’Altai Nuruu, la più alta catena montuosa della Mongolia, è definita “Tibet mongolo”, perché proprio come il Tibet è priva di alberi e, nei suoi spazi sconfinati, si alternano rocce, ghiacci, deserti e praterie. Ancora, se il resto del Paese è dominato da una maggioranza Hakh, i 100mila abitanti di Bayan-Ulgji sono per il 95% Kazaki, quindi quasi tutti musulmani. Arrivati nella regione intorno al 1840 alla ricerca di pascoli, questi “girovaghi della steppa” hanno conservato la lingua tartara, i costumi tradizionali, la musica e le festività.


E’ arrivato il momento in cui il viaggio si ferma per assistere al Festival delle aquile, un appuntamento che merita almeno due giorni di sosta. Dopo la cerimonia di apertura, hanno inizio le grandi parate in costume, le competizioni degli arcieri e le prime fasi di preparazione alla gara, quando ogni cacciatore sfoggia il suo equipaggiamento e i suoi accessori, come il cappello rosso broccato, che serve da richiamo al rapace regale. Le aquile, con le teste protette da un cappuccio di cuoio, sono posate sul pugno dei cacciatori, ma una volta tolte le coperture, i volatili vengono liberati sulla sommità di una parete di roccia, mentre i loro proprietari alla base della montagna lanciano un segnale per invitarle ad alzarsi in cielo e tornare ad adagiarsi su di loro. Solo le aquile più veloci e con la migliore tecnica guadagnano un punteggio più alto. Imperdibile, al tramonto, la cavalcata dei cacciatori che rientrano nei vari villaggi tendati. La festa prosegue il giorno seguente con un nuovo raduno: i rapaci liberati devono scendere verso terra ed afferrare una pelle di volpe che il loro proprietario ha legato alla sella e trascina in corsa. Ma non finisce qui: non lontano dal campo di gara, si svolgono altre competizioni e diversi momenti di intrattenimento, come la tipica corsa dei cavalli, varie prove di abilità, spettacoli di danza e canti tradizionali. Nel pomeriggio si assiste dunque all’attesissima premiazione, prima di perdere definitivamente le tracce dei protagonisti della Festa.  


I due giorni successivi si trascorrono presso le famiglie nomadi kazake per conoscere le tecniche di caccia e le fasi di addestramento delle aquile, ma sono previste anche interessanti escursioni nella zona di Uvs, una depressione di 39mila chilometri quadrati che va dal lago omonimo fino alle province di Khovd e Zavkhan. Durante i tour, si incontrano il lago Achit e il lago Uureg e si fa sosta da un gruppo di famiglie di etnia Dorvod per una golosa degustazione di prodotti locali. Dopo una breve visita della cittadina di Ulaangom, il decimo giorno di viaggio si raggiunge finalmente il lago Uvs (con i suoi 3.350 chilometri quadrati è il bacino di acqua salata più esteso della Mongolia). Un ambiente tutto da scoprire, tra dune sabbiose, foreste, paludi e cime innevate, dove si contano ben oltre 200 specie di uccelli, come anche leopardi della neve, volpi, lupi, cervi e ibex. Per questo l’area, insieme a Tiirgen Uul, Tsagaan Shuvuut e Altan Els, costituisce un’oasi naturale protetta e dal 1994 è stata inclusa nella lista Patrimonio dell’Umanità Unesco. 


La mattina successiva è la volta dell’escursione alle dune di sabbia di Buurugdeliin Els: nel cuore di questo paesaggio (che si esplora a dorso di cammello) si trovano un’oasi e il lago Bayan. Ma subito dopo, è già tempo di dirigersi in aeroporto e ripartire per Ulan Bator, dove sono in programma due visite di grande valore: la prima, al Museo di Storia Naturale, con la sorprendente sezione paleontologica che ospita reperti di dinosauro portati alla luce nei giacimenti fossili del Gobi. Tra questi, spicca lo scheletro completo di un gigantesco Tarbosauro. La seconda, al Museo di Choijin Lama, che custodisce all’interno dei suoi sei templi buddisti, preziosi oggetti d’arte e testi sacri. Si rientra infine ad Ulan Bator per gli ultimi acquisti e per la serata di canti, danze tradizionali e cena di saluti, prima di tornare in Italia. Per saperne di più: Il Tucano Viaggi Ricerca. Piazza Solferino 20, 10121 Torino; tel. 011 561 70 61; sito: www.tucanoviaggi.com; email: info@tucanoviaggi.com. 

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