L'accusa dei famigliari di padre Dall'Oglio scomparso in Siria 6 anni fa: «Fatto poco, non sappiamo ancora se è vivo»

L'accusa dei famigliari di padre Dall'Oglio scomparso in Siria 6 anni fa: «Fatto poco, non sappiamo ancora se è vivo»
di Franca Giansoldati
3 Minuti di Lettura
Lunedì 29 Luglio 2019, 15:31

 Città del Vaticano – Verità per Paolo dall’Oglio. «Sono passati sei anni e ancora non siamo riusciti a sapere nulla. Ci rendiamo conto che nostro fratello è stato rapito in una zona di guerra ma alcune aree sono state ormai liberate dal novembre 2017». I fratelli del gesuita romano scomparso in Siria sei anni fa, per la prima volta lanciano un pubblico appello e, indirettamente, muovono l’accusa che forse per ritrovare un cittadino italiano non è stato fatto tutto il possibile.
 



«Le ultime notizie? Noi non abbiamo nessuna conferma, né che sia ancora vivo, né che sia morto. Si poteva fare molto di più per appurare e vorremmo anche capire il giallo della sua valigia ritrovata col portafogli». Francesca Dall'Oglio, sorella del religioso fa riferimento agli effetti personali del fratello - una valigetta appunto - che venne consegnata ai servizi segreti italiani nel 2014 ma solo nel 2018 sono stati informati i familiari. Perchè tanto ritardo?

Francesca riferisce anche della mobilitazione del Dipartimento di Stato americano che ha offerto cinque milioni di dollari a chi fornisce informazioni per fare luce sulla sorte di Padre Paolo e di altri quattro religiosi (tra cui due vescovi ortodossi) sequestrati in Siria nel 2013.

 «Sappiamo che per Paolo e i vescovi c'è il silenzio totale - osserva - Forse cinque milioni di dollari possono inceppare qualche meccanismo di silenzio». «Speriamo qualcosa si muova».

 Già un anno fa, dopo la liberazione di Raqqah, la famiglia Dall'Oglio aveva fatto appello affinché si potesse indagare nei luoghi della sparizione del loro congiunto. «Nel 2013  l'Isis non era ancora nato, forse ci si poteva andare a Raqqah a sapere qualcosa. Ora Raqqah è occupata dai nostri alleati della Nato ».
 
 «Siamo rientrati in possesso dei beni personali di Paolo solo nel 2018. Si tratta di una piccola valigia che ha lasciato a Raqqah, ed era in possesso degli investigatori in Italia dal luglio 2014. Ci siamo arrivati da soli, bastava che ci dicessero che qualcosa di Paolo c'era in Italia. Che cosa c'era dentro? Il suo zucchetto, il suo portafoglio, qualcosa che ha potuto vedere la sua mamma e i suoi fratelli».
 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA