Ucraina, ecco il piano di pace siglato dal Papa da far conoscere in Russia. Leonid Sevastianov: «Un estremo tentativo per fermare questa deriva»

Parla il presidente della Unione Mondiale dei Vecchi Credenti

Papa Francesco con Leonid Sevastianov in una udienza in Vaticano con la famiglia
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 1 Marzo 2023, 17:21 - Ultimo aggiornamento: 17:23

Leonid Sevastianov viene raggiunto telefonicamente dal Messaggero a Mosca dove risiede con la moglie e i due figli. In questi giorni si è parlato molto di un piano di pace per l'Ucraina che Papa Francesco gli ha affidato perchè sia diffuso in Russia.

Lei è un manager e nello stesso tempo il presidente della Unione Mondiale dei Vecchi Credenti. Viene definito un uomo molto vicino al Pontefice e, nello stesso tempo, al Cremlino. Cosa c'è di vero?

«Le confermo il progetto di pace che il Papa mi ha affidato per farlo conoscere il più possibile tra il popolo russo: si compone di cinque punti e in calce è ovviamente siglato dal Pontefice con il quale ho un rapporto di lunga data. Un legame di amicizia: per me è come un padre spirituale anche se io sono un ortodosso. Tuttavia, vorrei precisare, che non è vero che sono vicino al Cremlino e a Putin. Certo sono ben conosciuto ma non ho più rapporti con loro. Il mese scorso sono stato invitato alla Camera Bassa del Parlamento ma mi sono rifiutato di varcare quella soglia. Quando parlo attraverso i media essendo a capo della Unione Mondiale dei Vecchi Credenti ho ampia risonanza».

Quindi lei non ha più legami nemmeno con il Patriarca Kiril? 

«Esatto. Per me è importante promuovere la realtà dei Vecchi Credenti che ha una storia parallela a quella del Patriarcato ma si è sviluppata su valori diversi.

In un certo senso potrebbe essere descritta come una realtà della cultura russa ma con valori democratici, più vicini all'Europa. I Vecchi Credenti erano più vicini all'Occidente. In questa cornice cerco ovviamente di fare il possibile, nel limite delle mie capacità, per promuovere la pace. Questa guerra è orribile per tanti di noi. Bisognerebbe distinguere il popolo russo dal governo. Sono due cose diverse. Soprattutto nella storia russa».

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In cosa consiste questo progetto di pace che il Pontefice le ha affidato?

«E' grosso modo una road map ma non tanto di natura politica. Non affronta il tema militare. Si basa su una riflessione spirituale. Si dice che la pace non esiste senza giustizia, che agli accordi ci si arriva lentamente ma prima le parti devono mettersi attorno a un tavolo a discutere. Che senza interlocuzioni si scivola in una spirale dalla quale non si torna indietro. Naturalmente il piano non entra nei dettagli di tipo militare o politico perché non è certo compito del Papa, ma dei leader di governo. Rappresenta un estremo tentativo per fermare questa deriva». 

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«Prima di tutto ci si deve sedere attorno a un tavolo e poi l'accordo arriverà. Saranno gli Ucraini a decidere cosa è giusto per la loro. Il progetto del Papa deve essere divulgato il più possibile tra il popolo russo per formare e informare l'opinione pubblica. Io non voglio andare al Cremlino perchè il nostro obiettivo è di fare leva sulla gente e quanta più gente lo verrà a conoscere, quanto il potere politico non potrà far finta della esistenza di una opinione contraria alla guerra. Il Cremlino non potrà rifiutarsi di rispondere. I cinesi hanno fatto un piano politico, il Papa un piano spirituale. Papa Francesco continua a ripetere che nessuna vittoria militare sul campo ha mai prodotto nella storia la pace per lungo tempo». 

Lei pensa che il Papa avrebbe margini per ritagliarsi il ruolo di facilitatore benchè tante persone, sia in Ucraina che in Russia, lo abbiano criticato in questi mesi?

«In Russia Francesco gode di considerazione, è autorevole e vi è stato un grande cambiamento sulla figura del Pontefice. Un tempo era soprattutto un simbolo dell'Occidente. Oggi rappresenta il dialogo. È una persona spirituale. Non va a benedire le armi. Lui cerca di essere moderatore e mediatore. E' la sua forza anche se questo diventa molto difficile per tante persone da accettare. Deve essere neutrale come Gesù». 

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Quindi i passaggi che lei sta compiendo in Russia per fare conoscere il piano sono concordati con Santa Marta?

«E' ovvio che verifico sempre prima con lui. La cosa importante è fermare questa guerra e trovare uno spiraglio a questo incubo fratricida. Quando la guerrà iniziò io gli dissi in quei giorni che si trattava di qualcosa di disastroso. Lui mi ripeteva che era pronto a far qualsiasi cosa per la pace. Mi diede il permesso che potevo parlare in Russia a nome suo, su cose ovviamente concordate prima». 

Non ha paura di fare la stessa fine di Anna Politovskaja?

«Sono tempi cupi. Inizialmente avevo pensato di scappare da Mosca con la mia famiglia, trasferirmi altrove, ma come faccio ad andarmene: la mia coscienza me lo impedisce. Non le nascondo che è un po' pericoloso e ogni tanto ricevo pure minacce. Ora sono sottoposto anche ad una investigazione. Rimanendo qui rischio, certo, ne sono consapevole ma di questi tempi, con quello che vedo e con i pericoli del nucleare che incombono, penso che sia meglio morire per una buona causa. In Ucraina muoiono tante persone e ne muoiono anche in Russia. Da quando è iniziata la guerra ho un diverso approccio con la paura ma non ce valore più grande dell'amore. Per me è una causa buona. Cerco nel mio piccolo di avere una visione sul mondo più inclusiva e giusta». 

E il Vaticano in tutto questo che c'entra?

«Sono convinto che il Vaticano debba diventare una piattaforma per il dialogo tra i popoli e le culture. E' una città neutrale, indirizzata alla spiritualità.  Io spero che dopo questa guerra Roma diventi la città della pace». 

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Un progetto ambizioso...

«Bisogna guardare gli orizzonti con occhi nuovi altrimenti non ne usciamo da questo pantano».

Lei cosa ha pensato il 24 febbraio dell'anno scorso quando la Russia ha invaso l'Ucraina?

«La maggior parte della gente, compreso me, ha avvertito una angoscia e una depressione che cresceva man mano che i giorni passavano. Inizialmente non credevo nella guerra, ero convinto che non ci sarebbe mai stata. Ho perso persino gran parte dei miei averi proprio perchè prima di febbraio, quando la borsa ha iniziato a tracollare, ho comprato molte azioni convinto che poi sarebbero risalite. Lo facevo perchè credevo che non ci sarebbe stato nessun conflitto. Quello che invece è accaduto, anche economicamente, ha colpito duramente anche me». 

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C'è molta propaganda in Russia, come fa a pensare di diffondere il piano di pace del Papa tra la gente?

«La propaganda esiste in televisione, ma fuori non circola così tanto. A Mosca tutto continua a funzionare come prima, i prezzi sono saliti, ma sappiamo che il pericolo del nucleare esiste ed è la cosa peggiore che potrebbe succedere. Dobbiamo fermarci prima che sia troppo tardi. Una pace brutta è sempre meglio che una guerra nucleare. Il Papa ha grande valore nel fare piani per la pace. Piani che bisogna diffondere tra la gente, agendo dal basso, dalla base». 

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Come ha conosciuto il Papa?

«Ho collaborato a lungo con il Patriarcato con il Dipartimento degli Affari Esteri. Nel 2010 abbiamo organizzato in Vaticano un concerto in onore di Benedetto XVI e nel 2013 per la pace in Siria. Era novembre. Francesco non è venuto al concerto, dove tra l'altro ha cantato mia moglie che è una soprano, però il giorno dopo ci ha invitati personalmente alla messa del mattino. Da allora ogni volta che venivo a Roma lo passavo a trovare e il rapporto si è intensificato, fino a diventare per me un punto di riferimento spirituale. Sono ortodosso ma gli scambi che ho con lui sono fonte di infinta riflessione e crescita umana. Il mio ultimo figlio lo ho chiamato Francesco, come lui». 

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