Usa, assalto al congresso: «Le Chiese facciano mea culpa nello scontro tra Trump e Biden», la richiesta del gesuita Martin

Usa, assalto al congresso: «Le Chiese facciano mea culpa nello scontro tra Trump e Biden», la richiesta del gesuita Martin
di Franca Giansoldati
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Giovedì 7 Gennaio 2021, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 11:07

Città del Vaticano – «Questo è il momento per i leader cristiani di ammettere la loro parte nella violenza a Capitol Hill. Quando si definiscono le elezioni come il bene contro il male, si diffamano i candidati, affermando che votare per un candidato sia un peccato mortale, incoraggiando le persone a pensare che le azioni di oggi siano morali». Quello che per mesi e mesi si è trascinato silenzioso e subdolo, nel supposto scontro tra il bene e il male, tra i supporter del presidente uscente Trump e i dem di Biden, è stato messo a nudo dal gesuita James Martin. L'autorevole direttore di America nonché consulente (ascoltato) in Vaticano - a proposito dell'assalto al Congresso - ha invitato a fare mea culpa. Spiegando in un altro Tweet (e citando il Vangelo di Marco): «Dai loro frutti li riconoscerete. Questi sono i frutti avvelenati del trumpismo». 

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Dietro la richiesta di questo mea culpa si nasconde una riflessione. Per tutta la durata della campagna elettorale il contrasto tra Trump e Biden si è avventurato ciclicamente su terreni religiosi, alla ricerca di benedizioni da una parte o dall'altra.

Non solo pastori evangelici e metodisti ma anche cattolici, persino cardinali e vescovi. Molti non hanno fatto mancare il proprio sostegno intervenendo con la loro autorevolezza.

Tra più attivi sostenitori della visione di Trump c'è sicuramente l'arcivescovo Carlo Maria Viganò che al presidente uscente ha rivolto endorsement formidabili e inusuali. L'ultima esternazione su Twitter è di qualche giorno fa: «Benedici il Presidente degli Stati Uniti d'America, affinché consapevole della sua responsabilità e dei suoi doveri, possa essere un cavaliere della giustizia, un difensore degli oppressi, un solido baluardo contro i tuoi nemici e un fiero sostenitore dei figli della luce». 

Viganò (piuttosto critico verso papa Francesco) in questi anni ha dimostrato di essere il punto di riferimento di una minoranza silenziosa nella Chiesa, contraria all'ipotesi di aperture liberal verso il matrimonio tra i gay, l'aborto, il celibato sacerdotale. Ultimamente ha anche messo in guardia i cattolici americani dal pericolo di un “big reset”, una sorta di cambiamento mondiale dell'economia e dei suoi valori di riferimento. Le sue lettere aperte a Trump sono state ampiamente diffuse attraverso i social.

Ad ottobre scriveva: «Signor Presidente Trump, mi consenta di rivolgermi a Lei, in quest’ora in cui le sorti del mondo intero sono minacciate da una cospirazione globale contro Dio e contro l’umanità. Le scrivo come Arcivescovo, come Successore degli Apostoli, come ex-Nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America. Le scrivo nel silenzio delle autorità civili e religiose: voglia accogliere queste mie parole come la «voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1, 23). Come ho avuto modo di scriverLe nella mia Lettera dello scorso Giugno, questo momento storico vede schierate le forze del Male in una battaglia senza quartiere contro le forze del Bene; forze del Male che sembrano potenti e organizzate dinanzi ai figli della Luce, disorientati e disorganizzati, abbandonati dai loro capi temporali e spirituali».


Il Vaticano non ha mai commentato queste prese di posizione. Stamattina il sito Vatican News dava però conto di una serie di dichiarazioni fatte a caldo da alcuni vescovi, dopo le violenze al Congresso e la spaccatura evidente dell'America. 

Da Los Angeles, il presidente della Conferenza episcopale, José Horacio Gómez, condannava la radice di queste violenze: «Questo non è ciò che siamo come americani, dove la transizione pacifica del potere è uno dei segni distintivi». Il cardinale Wilton Gregory, arcivescovo di Washington, aggiungeva: «Il tono di divisione che ha recentemente dominato le nostre conversazioni deve cambiare – ha scandito – e coloro che ricorrono alla retorica incendiaria devono assumersi la responsabilità di incitare alla crescente violenza nella nostra nazione». 

L’arcivescovo di Chicago, cardinale Blase Joseph Cupich, in una serie di tweet ha parlato di «vergogna nazionale»:  «La violenza al servizio di una falsità è peggiore».«Per molti mesi abbiamo assistito alla deliberata erosione delle norme del nostro sistema di governo». 

Johnny Zokovitch, direttore esecutivo di Pax Christi USA non ha dubbi sul fatto che i rivoltosi sono «il risultato della demagogia di un uomo, il presidente Trump, e del fallimento di tutti coloro - politici, media, famiglia e altro ancora - che hanno scusato, trascurato, licenziato o comunque incoraggiato l'odiosa e divisiva retorica che ha definito il mandato di questo presidente». 

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