«Putin bestemmia e strumentalizza il Vangelo». E dal Vaticano partì l'anatema

«Putin bestemmia e strumentalizza il Vangelo». E dal Vaticano partì l'anatema
di Franca Giansoldati
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Venerdì 18 Marzo 2022, 19:09 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 00:33

Città del Vaticano – Dopo gli esorcismi fatti da un gruppo di sacerdoti in Ucraina nel tentativo di liberare dal Male il presidente russo Vladimir Putin, adesso arriva anche l'anatema da parte di uno dei più noti teologi: il vescovo di Chieti, monsignor Bruno Forte. Commentando la scelta di Putin di citare nel discorso alla nazione fatto allo stadio di Mosca un passo del Vangelo di Giovanni («Non c'e' amore piu' grande di dare la propria vita per i propri amici») a giustificazione della guerra in corso, Forte ha spiegato che si tratta «di un atto sacrilego», una «bestemmia». Una terribile offesa a Dio. 

Per l'arcivescovo «il presidente russo è evidente che non riesce piu' a trovare argomenti per giustificare questa follia, una aggressione ingiustificata e totalmente immorale».

Poi riferisce - in una intervista all'Ansa - di una evidente strumentalizzazione del Vangelo finalizzata ad una auto-giustificazione. Le vittime innocenti che stanno morendo per colpa di questa aggressione non possono essere giustificate con parole evangeliche che dicono l'opposto, l'amore per gli altri e l'amore perfino per i nemici». 

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Un altra condanna arriva da padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica e spin doctor di Papa Francesco: «La politica non deve usurpare il linguaggio di Gesu' per giustificare l'odio. La retorica religiosa del potere e della violenza e' blasfema».Proprio oggi Papa Francesco ha confermato di avere invitato tutti i vescovi del mondo a unirsi nella preghiera per la pace e la consacrazione della Russia e dell'Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, secondo la profezia della Madonna di Fatima. La celebrazione è prevista per le ore 17 di venerdì 25 marzo, Festa dell'Annunciazione, nella Basilica di San Pietro. Lo stesso atto, lo stesso giorno, sarà compiuto da tutti i vescovi del mondo e dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, al santuario portoghese di Fatima come inviato del Papa.

 

La guerra resta un terreno complicato per il Vaticano. Il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ha raccontato a Vida Nueva, il settimanale spagnolo, di essere rimasto di stucco davanti a questa escalation visto che aveva avuto rassicurazioni di altro genere da parte delle autorità russe. «Ho vissuto l'inizio della guerra in Ucraina con una certa sorpresa e, allo stesso tempo, con profonda tristezza. Ero a conoscenza delle richieste della Federazione Russa in merito alla sicurezza della regione, ma speravo che rispettassero le promesse, ripetute più volte, anche dai più alti livelli, che non avrebbero invaso l'Ucraina. Speravo anche che gli intensi contatti diplomatici che vari leader occidentali avevano mantenuto fino a quel momento con il Cremlino potessero produrre un risultato positivo. Allo stesso modo, confidavo nelle dichiarazioni della parte russa secondo cui intendeva non agire in contrasto con le disposizioni degli accordi di Minsk. Successivamente ho pensato che l'invio di truppe russe sarebbe stato limitato ai territori sotto il controllo dei separatisti nel Donbass, e non oltre. In conclusione sì, temevo che la situazione potesse peggiorare, ma non mi aspettavo che raggiungesse le proporzioni attuali. La speranza e il desiderio che ciò che stiamo vivendo oggi non si realizzasse era decisamente più grande di ogni altra paura».

Di fronte ad una aggressione di questo genere, aggiunge il cardinale, vi è sempre «il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese». Giustifica moralmente gli aiuti che gli altri paesi europei stanno inviando a Kyev contro l'invasione russa? «L'uso delle armi – ha risposto - non è mai qualcosa di desiderabile, perché comporta sempre un rischio molto alto di togliere la vita alle persone o causare lesioni gravi e terribili danni materiali. Tuttavia - prosegue - il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi. Allo stesso tempo - afferma ancora Parolin - entrambe le parti devono astenersi dall'uso di armi proibite e rispettare pienamente il diritto umanitario internazionale per proteggere i civili e le persone fuori dal combattimento. D'altra parte, sebbene gli aiuti militari all'Ucraina possano essere comprensibili, la ricerca di una soluzione negoziata».

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