Processo Becciu, monsignor Alberto Perlasca è il primo teste dell'accusa, ma non inserito nell'elenco

monsignor Alberto Perlasca
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 28 Settembre 2022, 20:38 - Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 09:28

Città del Vaticano – Processo Becciu: verranno interrogati in qualità di testimoni Gianfranco Mammi, direttore dello Ior, il revisore dei conti vaticani, Alessandro Cassini Righinis e Roberto Lolato di Deloitte. Tuttavia non è stato inserito monsignor Alberto Perlasca. Il testimone numero uno, già responsabile dell'ufficio della Segreteria di Stato per gli investimenti, grande accusatore del cardinale Angelo Becciu (e costituitosi parte civile) non compare nell'elenco che il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi ha presentato al Tribunale vaticano.

L'elenco è stato diffuso oggi pomeriggio, alla ripresa delle udienze - dopo la pausa estiva - del maxi processo in corso per lo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo londinese di Sloane Avenue.

Nel primo indice dei 27 testimoni che saranno sentiti dall'accusa manca all'appello proprio il monsignore che ha assistito e presieduto a ogni passaggio di una vicenda complessa e ingarbugliata, come è emerso al termine della venticinquesima udienza davanti al Tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone.

Nel pomeriggio l'udienza è stata dedicata all'interrogatorio finale di Fabrizio Tirabassi, ex funzionario dell'ufficio amministrativo della Segreteria di Stato accusato di peculato, corruzione, estorsione, truffa, abuso d'ufficio. L'interrogatorio del Promotore di giustizia Diddi in particolare si è concentrato sulla rete di rapporti con una serie di persone che fungevano da consulenti nel panorama degli investimenti a Londra della Segreteria di Stato. Tirabassi, richiesto su chi gli avesse conferito l'incarico, ha detto di averlo ricevuto «a voce da monsignor Perlasca senza una sottoscrizione formale».

Quindi il pm vaticano ha chiesto conto a Tirabassi dei redditi personali e di quelli della consorte poiché anche se risultavano stabili, nel 2015, in un documento delle banche svizzere, si faceva riferimento al conto di Tirabassi che ammontava a un milione e 360 mila euro. Tirabassi ha spiegato che dal 2004 al 2009 aveva ricevuto una procura per due fondi da monsignor Pavan, poi revocata da Perlasca al suo arrivo.

Alle domande relative al riscontro di una somma di 200 mila euro in contanti e di "monete" per un valore totale di un milione di euro, ritrovati a Celano, nella casa paterna di Tirabassi, lo stesso ex funzionario ha detto: «Non erano miei. Erano i risparmi di mio padre, la sua vita. Lui era restio a depositare soldi in banca, aveva subito delle rapine, e riteneva più prudente conservarli in casa. Mio padre ha avuto una lunga attività lavorativa in Vaticano, poi ha coltivato la sua passione che era il collezionismo numismatico per cui ha fatto anche il consulente». Tirabassi ha rifiutato il controinterrogatorio delle parti civili facendo presente che si trattava del "quarto interrogatorio" e che aveva «già risposto a tutto. Voglio fermarmi qui». 

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