La lettera al Papa degli ex preti sposati: «Fateci tornare in parrocchia»

La lettera al Papa degli ex preti sposati: «Fateci tornare in parrocchia»
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 10 Ottobre 2018, 08:54 - Ultimo aggiornamento: 15:06

Una anomala class action per poter tornare a dire messa. I preti sposati di nazionalità italiana che, in passato, erano stati ridotti dalla Santa Sede allo stato laicale a seguito della personale decisione di metter su famiglia, hanno deciso di mettere assieme tutte le loro energie per combattere una battaglia di prospettiva. Puntano al reinserimento nella Chiesa, pur mantenendo lo status coniugale nel frattempo raggiunto. Fino ai tempi di Giovanni Paolo II questa campagna sarebbe stata a dir poco impensabile ma oggi non più, considerando soprattutto la penuria di vocazioni. Il calo dei seminaristi è così vistoso da imporre alle diocesi l'accorpamento di più parrocchie, proprio per la cronica carenza di preti. L'atmosfera generale sta però cambiando. Parlare di preti sposati non è più un tabù, nemmeno in Vaticano.
 



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SPIRAGLI
Solo qualche giorno fa il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, in una intervista ad un giornale americano rifletteva sul celibato affermando che non si tratta delle tavole di Mosè. «Il Magistero non è un monolite immutabile, ma un organismo vivente che cresce e si sviluppa. La sua reale identità non cambia, ma si arricchisce. La Chiesa appassirebbe se non si sviluppasse () Per esempio, l'insegnamento circa il celibato ecclesiastico, che risale alla tradizione apostolica, ha trovato nel corso della storia differenti modalità espressive nella maggioranza delle Chiese cattoliche orientali, dove gran parte dei preti sono già legittimamente sposati».
Parolin faceva riferimento al fatto che anche in Italia, soprattutto a Piana degli Albanesi, ci sono preti cattolici sposati di rito greco-bizantino. Uno spiraglio ulteriore dovrebbe arrivare l'anno prossimo quando in Vaticano si aprirà il Sinodo sull'Amazzonia, un tema solo apparentemente lontano dalle realtà europee. E' in quest'ambito che dovrebbe essere affrontato l'argomento dei viri probati (uomini che hanno dimostrato di possedere virtù e saggezza anche se sposati) e del diaconato femminile.

E' in questo orizzonte che si sono mossi gli oltre 300 ex preti italiani che sposandosi hanno dovuto lasciare l'ordine sacro ma non la Chiesa. In vista dei futuri dibattiti sinodali (e delle prevedibili discussioni a porte chiuse) hanno preso carta e penna per notificare a Papa Francesco e al cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, la propria disponibilità a rientrare nei ranghi e aiutare la Chiesa in questo momento difficile per la irreversibile mancanza di vocazioni. «Vorremmo che si prendesse in considerazione, senza pregiudizi e limitazioni pretestuose, l'opportunità di una presenza attiva nella pastorale diocesana, in ragione delle esperienze e delle competenze acquisite (in ministero e nel matrimonio, sacramenti vissuti).
Prioritariamente, nella pre-evangelizzazione, nella pastorale familiare, dei giovani, del lavoro, della carità operosa. Alcuni di noi non intendono più, in ogni caso, tornare allo stato clericale, moltissimi, invece, vorrebbero tornare a mettere a disposizione il loro carisma presbiterale a servizio delle comunità. Noi preti sposati siamo per un dialogo evangelico ed ecclesialmente fruttuoso».

La lettera è arrivata ieri mattina sul tavolo di Papa Francesco ed è firmata dall'associazione Vocatio, della quale fanno parte gli ex preti. E' dai tempi del Concilio che l'argomento affiora per poi essere ricacciato indietro. Papa Benedetto XVI nel 1967 sul Giornale di teologia scriveva che di fronte alla penuria dei sacerdoti che «in molte parti della Chiesa si fa sentire sempre di più, non si potrà fare a meno di esaminare un giorno con tranquillità questa questione. L'evitarla sarebbe inconciliabile con la responsabilità dell'annuncio della Parola di salvezza al nostro tempo». In tutto il mondo il Movimento Internazionale dei Sacerdoti Sposati conta circa 8.500 persone.
 

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