Una presa di posizione provocatoria che non era piaciuta al patriarca di Venezia, Francesco Moraglia che si era limitato a riprenderlo bonariamente. La questione sarebbe morta lì se non si fosse amplificata a catena, sconfinando e allargandosi in campo episcopale. «Si può invitare a fare il presepe e non accogliere negli Sprar una coppia vera di giovani sposi che hanno avuto un bimbo qualche mese fa e che ora sono per strada. Non si può venerare il crocifisso senza aver solidarietà con i crocifissi della storia» ha tuonato monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, in un articolo pubblicato sul nuovo numero di Famiglia Cristiana. L’intervento dell’arcivescovo sul significato del presepe e dei simboli rimanda alla storia di Yousef e Faith, genitori di una bimba di sei mesi e in attesa di un altro figlio, che sono stati espulsi dal Centro di accoglienza di Crotone e gettati su una strada, a causa del decreto sicurezza. Bregantini ha commentato: «Sono molto belle le nostre tradizioni religiose popolari ma guai se ci accontentiamo solo di questa bellezza. Non siamo certo contro chi fa il presepe e mette il crocifisso, purché questo gesto sia coerente. Che facciano il presepe, ma non contro qualcuno. Che mettano il crocifisso, ma sapendo che questo non basta. Chi prepara il presepe e appende il crocifisso sappia che mette il cuore dentro una linea di solidarietà».
A suo sostegno c’è anche il vescovo di Chioggia, Adriano Tessarollo. Vedendo la bufera aumentare il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti ha messo in chiaro con un articolo sull'Osservatore Romano che il «presepe ancora oggi ha questo significato: semplicità evangelica, povertà , umiltà . E null’altro. Le odierne dispute sul presepe, perciò, stridono alle orecchie di chi è puro di cuore e risultano enormemente distanti dalla commozione e dal giubilo raccontati da Tommaso da Celano, lasciando da parte asprezze, maldicenze, divisioni».
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