George Pell, autogol del legale che lo difese: fu solo vanilla sex. Poi arrivano le scuse

George Pell, autogol del legale che lo difese: fu solo vanilla sex. Poi arrivano le scuse
di Franca Giansoldati
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Giovedì 28 Febbraio 2019, 14:32 - Ultimo aggiornamento: 15:35

Città del Vaticano – Il caso del cardinale Pell si sta ulteriormente ingarbugliando persino dal punto di vista giudiziario. Colpa di un clamoroso autogol da parte del suo avvocato, Robert Richter, un noto principe del foro australiano che, nell'arringa finale, si è fatto prendere la mano e ha detto che il presunto abuso su un chierichetto di 13 anni, avvenuto al termine di una funzione domenicale nella cattedrale di Melbourne nel 1996, «non era che una semplice penetrazione in cui il bambino non partecipava».

Il termine inglese utilizzato dall'avvocato che oggi è stato costretto a diffondere in Australia un comunicato di scuse e di spiegazioni sulla frase infelice che potrebbe costare molto cara al suo assistito è: plain vanilla sex, l'equivalente di un atto sessuale convenzionale, privo di connotazioni violente. «Dopo una notte insonne ho riflettuto a lungo sulla terribile scelta di questa frase usata in aula, durante un processo particolarmente stressante e complicato. Mi scuso sinceramente se ho urtato e offeso qualcuno, ma non era nelle mie intenzioni. Non intendevo affatto evadere dalla serietà del caso che stavamo trattando». L'avvocato aggiunge che quella frase la ha pronunciata pensando di «mitigare la sentenza». Secondo i giornali australiani il giudice della corte, Peter Kidd ha persino chiarito in tribunale di non essere stato impressionato dalla frase dell'avvocato del cardinale. Ma il legale di Pell avrebbe anche fatto commenti ritenuti spiacevoli dalle associazioni delle vittime. Il clima che si respira in Australia è infuocato. La Chiesa australiana è sotto schiaffo da più di dieci anni, da quando un organismo governativo ha fatto luce sulle violenze che accadevano nelle diocesi e nelle parrocchie e venivano sistematicamente coperte dall'episcopato (di cui Pell è stato un autorevole punto di riferimento).

L'avvocato ha anche aggiunto che la frase infelice di cui si è scusato pubblicamente può essere interpretata male da chi non conosce il sistema giudiziario australiano e non ha dimestichezza con codici, leggi, procedure. Se dal processo erano emersi tanti dubbi sulla dinamica dell'aggressione al ragazzino (in una cattedrale gremita, in appena 6 minuti, dietro colonna con addosso tutte le ingombranti vesti liturgiche), l'autogol dell'avvocato rimescola le carte. Per il Vaticano è l'ennesima batosta.

Pell, tre anni fa, quando si era autosospeso dall'incarico vaticano per affrontare il processo in Australia, imputato per abusi sessuali su due chierichetti, insisteva: «Sono innocente. Queste accuse sono false. Aborro anche solo l'idea di un abuso sessuale».


 

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