Papa Francesco svela il mistero del siluramento del vescovo di Parigi: «Ha perso la fama»

Papa Francesco svela il mistero del siluramento del vescovo di Parigi: «Ha perso la fama»
di Franca GIansoldati
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Lunedì 6 Dicembre 2021, 15:05 - Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 06:31

Da bordo dell'aereo papale – Papa Francesco sta tornando a Roma dopo un viaggio molto impegnativo nel sud dell'Europa – a Cipro e in Grecia - e risponde come di consueto ad alcune domande nella conferenza stampa in volo. Francesco svela finalmente il mistero del siluramento del vescovo di Parigi, monsignor Michel Aupetit: non riguarda tanto aver avuto una love story con la sua segretaria («carezze e massaggi») quanto aver perso la credibilità e la fama al punto da rendergli impossibile il governo della diocesi più importante di Francia. Poi critica l'Europa per aver voluto cancellare il Natale (proprio come Napoleone e Hitler) e torna a ripetere che sui migranti il sogno comune europeo rischia di collassare se non si troverà un accordo. 

Che piani ha il Vaticano per riavvicinare le chiese ortodosse divise e per cosa ha chiesto scusa ai patriarchi ortodossi?

«Ho chiesto scusa davanti a Crisostomo, mio fratello, per tutte le divisioni che ci sono nel cristianesimo e poi ho voluto chiedere scusa anche per le divisioni provocate come cattolici durante la guerra di indipendenza greca. Una parte dei cattolici si è schierata con i governi europei contro i movimenti di indipendenza greca, anche se ci sono stati, invece, i cattolici delle isole che hanno sostenuto la indipendenza e sono andati in guerra. Ma la maggior parte, in quel momento, si è schierato con l'Europa. Ho chiesto scusa per lo scandalo della divisione. Lo spirito di autosufficienza spesso ci impedisce di chiedere scusa. A me fa bene chiedere scusa. Pensiamo: Dio non si stanca mai di perdonare, mai. Siano noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. Tornando alle scuse, si tratta di un gesto che ho fatto pensando alle divisioni che abbiamo provocato. Voglio però spiegare anche perché ho chiesto scusa sui migranti: mi è venuto dal cuore perché è uno scandalo che riguarda tante vite annegate sul mare». 

Con i patriarchi ha parlato anche della sinodalità. Cosa ha inteso dire?

«Che siamo un unico gregge.

La dinamica che regola le differenze dentro la Chiesa è la sinodalità, l’ascoltarsi gli uni con gli altri, l’andare insieme: “sin-dos” andare, stare insieme. Le Chiese ortodosse orientali e le chiese cattoliche orientali hanno conservato tutto questo. La Chiesa latina si era invece dimenticata del Sinodo. Paolo VI ha restaurato il cammino sinodale e stiamo facendo questo cammini per avere l’abitudine del camminare insieme»

La Commissione Ue recentemente in un documento ha depennato la parola Natale vietandone l'uso nei documenti interni. Poi ha fatto retromarcia, tuttavia resta questo gesto. Che ne pensa?

«Si tratta di un anacronismo della storia. Tante dittature hanno tentato di farlo, pensate a Napoleone o alla dittatura nazista o a quella comunista. E' una moda, una sorta di laicità annacquata, una cosa che non ha funzionato durante la storia e questo mi fa pensare che nella Ue sia necessario riprendere la grandezza degli ideali dei padri fondatori e cercare di non fare delle colonizzazioni ideologiche perché questo potrebbe dividere i paesi europei e portare al fallimento dell'Unione. Bisogna che vi sia rispetto a come i paesi sono strutturati dentro. Ogni paese ha la propria peculiarità e sovranità in una unità che rispetta la singolarità di ognuno. Per questo dico di stare attenti alle colonizzazioni ideologiche».

Durante il suo discorso al palazzo presidenziale ha parlato di un indebolimento della democrazia. A quali paesi si riferiva? 

«La democrazia é un tesoro di civiltà e va custodito. E non solo custodito da una entità superiore ma tra i paesi stessi: custodire la democrazia altrui. Contro la democrazia vedo due pericoli, uno riguarda l'ascesa dei populismi che incominciano a fare vedere le unghie un po qui e un po' là. Penso a quel grande populismo del secolo scorso che difendendo i valori nazionali (cosi diceva) ha finito per annientare le persone diventando una dittatura cruenta. State attenti che i governi, non dico di destra o sinistra, non scivolino nei cosiddetti populismi. Il populismo non ha niente a che vedere con i governi popolari che sono l'espressione dei popoli liberi con la propria arte, il folclore. Sono cose diverse. Dall'altra parte la democrazia si indebolisce anche quando si sacrificano i valori nazionali e si annacquano verso - diciamo una parola brutta - un governo sovra nazionale - sacrificando i valori nazionali, annacquandoli nell'impero, e questo ci deve fare pensare. Si dice popolo e si finisce per annacquare le proprie identità in un governo internazionale. Su questo c'è un romanzo scritto nel 1903 scritto da Benson uno scrittore inglese intitolato The lord of the world, in pratica descrive un governo internazionale che con misure economiche e politiche governa tutti gli altri paesi. Questo accade quando c'è una superpotenza che detta comportamenti culturali, economici, sociali. Ma io non sono un politico di scienza». 

La migrazione resta un tema centrale non solo del Mediterraneo ma anche per l'Europa dell'Est, pensiamo ai fili spinati e alla crisi causata dalla Bielorussia. Cosa si aspetta dalla Polonia, dalla Russia, dalla Germania dove ora ci sarà un nuovo governo? 

«Alle persone che governano e che impediscono le migrazioni o chiudono le frontiere o mettono i fili spinati direi loro di pensare se fossero migranti e volessero passare i confini. Chi costruisce muri perde il senso della storia. Certo i paesi hanno il dovere di governare e ogni governo dovrebbe fare presente quante persone può ricevere, è un suo diritto. Ma nello stesso tempo i migranti vanno accolti e accompagnati, promossi e integrati. Se un governo non può farlo deve entrare in dialogo con gli altri paesi e prendersi cura di queste persone. L'Unione Europea è in grado di armonizzare i paesi e la distribuzione di migranti. Penso poi a quello che ho visto a Cipro e in Grecia ma anche in Sicilia, e Lampedusa dove ci sono diversi migranti ed è così evidente che manca questa armonia generale per distribuire i profughi. E poi..»

Cosa?

«E poi bisogna anche parlare di integrazione, i migranti vanno accolti e promossi. Integrati perché se lo integri questo migrante avrà una cittadinanza. A me ha colpito tanto quello che è accaduto in Belgio, dove c'è stata una strage: erano belgi ma figli di migranti ghettizzati. Se un migrante non lo integri rischi di avere un quartiere o persone che poi fanno queste cose. Non è facile risolvere la questione dei migranti ma se noi non la risolviamo rischiamo di far naufragare la civiltà in Europa. Questa nostra civiltà ha bisogno che i governanti europei si mettano d'accordo. La Svezia, che è un modello, ha raccolto tutti i migranti latino americani delle dittature latino americane e li ha integrati. Si deve andare in questa direzione. Oggi sono stato in un collegio qui ad Atene. C'era una macedonia di culture, erano tutti mischiati. Mi è stato detto: questo è il futuro della Grecia. Integrazione e crescere». 

Mentre eravamo in viaggio lei ha accolto le dimissioni dell'arcivescovo di Parigi, monsignor Aupetit. Aveva presentato la rinuncia dopo essere finito al centro di una bufera per la pubblicazione di una vecchia email privata alla segretaria con la quale ha ammesso di avere avuto un rapporto ambiguo. Quali sono le reali motivazioni della rinuncia?

«Mi domando: ma cosa ha fatto Aupetit di così grave da dover dare le dimissioni. Cosa ha fatto? Qualcuno mi risponda. Chi lo sa? Se non lo sappiamo non lo possiamo giudicare. E' brutto. Io vi dico: fate le indagini perché c'è il pericolo che sia stato condannato. Chi lo ha condannato? il chiacchiericcio ma noi non lo sappiamo. Se sapete, ditelo. E' stata una sua mancanza, contro il sesto comandamento (non commettere atti impuri nrd) ma non totale, si tratta piccole carezze, massaggi che lui faceva alla segretaria. Questo è peccato. Ma non è dei peccati più gravi. I peccati della carne non sono gravi. Così Aupetit è un peccatore come lo sono io, come lo è stato Pietro. Il vescovo sul quale Gesù ha fondato la Chiesa. Come mai, allora, la comunità di quel tempo aveva accettato il vescovo peccatore? Era una chiesa normale. Era una Chiesa unica, e si vede che la nostra Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore. Quando il chiacchiericcio cresce e toglie la fama ad una persona questa non potrà governare, ma non perché ha peccato come pecco io o tu, ma per il chiacchiericcio delle persone che si sono rese responsabili di raccontare le cose. Un uomo al quale è stata tolta la fama così pubblicamente non può governare. Questa è una ingiustizia. Per questo ho accettato le dimissioni di Aupetit, non sull'altare della verità ma della ipocrisia». 

E, per restare sempre in Francia, ci può dire che significato ha per la Chiesa universale il risultato della Commissione CIASE sulla pedofilia che ha fatto affiorare un problema sistemico? 

«Quando si fanno questi studi dobbiamo stare attenti nella interpretazione tenendo conto del settore e del tempo lungo altrimenti c'è il rischio di confondere il modo di sentire di una epoca storica con un'altra, in questo caso relativa a 70 anni prima. Questo come principio. Una situazione storica va interpretata con la ermeneutica dell'epoca e non con la nostra. Per esempio la questione della schiavitù. Noi diciamo che è una volgarità per il modo come la vedevano loro, che non è la visione e il sentire dell'oggi. E' una altra ermeneutica. Nella chiesa allora era di coprire, noi diciamo oggi di scoprire». 

Quando incontrerà il Patriarca Kiril e che difficoltà ci sono nell'avvicinamento alla Chiesa di Mosca?

«In un futuro prossimo ci sarà un incontro. Credo che la prossima settimana venga da me Hilarion per concordare un possibile incontro. Il patriarca deve viaggiare, va in Finlandia ma non sono sicuro e comunque io sono disposto andare a Mosca a dialogare; con un fratello non ci sono protocoli. Col fratello ortodosso si chiama Kirill, Crisostomo o Ieronimus non importa, sono fratelli, siamo fratelli, e ci diciamo le cose in faccia. Non balliamo il minuetto. Ma come è bello vedere litigare i fratelli; è bellissimo perché appartengono alla stessa madre Chiesa anche se sono un po' divisi, un po' per l'eredità e per la storia che li ha divisi. Io sono riconoscente a Ieronimus e Crisostomo e tutti i patriarchi che hanno questa voglia di camminare assieme». 

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