Papa Francesco, la strategia del Vaticano per fermare gli hater: «Stile riflessivo ma non reattivo»

Papa Francesco, la strategia del Vaticano per fermare gli hater: «Stile riflessivo ma non reattivo»
di Franca Giansoldati
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Lunedì 29 Maggio 2023, 17:04 - Ultimo aggiornamento: 17:25

Città del Vaticano - Mai porgere l'altra guancia, semmai sui social è preferibile reagire con una considerazione ragionata capace di smontare la comunicazione tossica. Ecco come vescovi, preti e fedeli dovrebbero rispondere agli haters e agli odiatori seriali che pullulano su Twitter, Facebook, Instagram. Davanti all'alto tasso di astio dei leoni da tastiera spesso offensivi non solo nei confronti della fede ma pure del Papa e delle singole persone,  il Vaticano ha diramato un articolato vademecum contenente le linee guida alle quali i credenti devono ispirarsi per non alimentare il circolo vizioso che inevitabilmente si innesca, spesso fomentato da drappelli di troll. Molto meglio essere «vicini amorevoli» seguendo l'esempio del buon Samaritano. L'Ufficio per le comunicazioni del Papa ha pubblicato una riflessione pastorale per fornire una risposta alle domande che da anni le conferenze episcopali indirizzano a Roma desiderose di sapere cosa fare nel tentativo di diminuire i rischi del web e frenare l'aumento delle fake news. Un problema non da poco.

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Un capitolo del vademecum è dedicato agli haters e alla sfida di quei post superficiali e divisivi.

Si tratta di un fenomeno che preoccupa non poco il Papa anche perché non di rado le polemiche provengono da account di persone con una leadership della Chiesa: «vescovi, pastori e leader laici di spicco. Questi non solo causano divisione nella comunità, ma autorizzano e legittimano anche altri a promuovere un tipo di comunicazione simile». 

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«Di fronte a questa tentazione - si legge al capitolo 75 - spesso la migliore linea d'azione è non reagire o reagire con il silenzio per non dare dignità a questa falsa dinamica. Si può dire che questo tipo di dinamica non aiuta; al contrario, provoca grandi danni. Quindi i cristiani sono chiamati a mostrare un'altra via». Che fare? «Lo stile cristiano deve essere riflessivo, non reattivo, anche sui social media. Pertanto, dobbiamo essere tutti attenti a non cadere nelle trappole digitali nascoste in contenuti che sono intenzionalmente progettati per seminare conflitti tra gli utenti, provocando indignazione o reazioni emotive. Dobbiamo essere cauti nel postare e condividere contenuti che possono causare malintesi, esacerbare le divisioni, incitare al conflitto e approfondire i pregiudizi. Purtroppo, la tendenza a lasciarsi trasportare in discussioni accese e talvolta irrispettose è comune negli scambi online».

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In un altro passaggio si sottolinea che è facile postare frasi o considerazioni urticanti senza pensare di gettare altra benzina sul fuoco: «Tutti noi possiamo cadere nella tentazione di cercare la pagliuzza nell’occhio dei nostri fratelli e sorelle, lanciando accuse pubbliche sui social media, fomentando divisioni all’interno della comunità ecclesiale o discutendo su chi tra noi sia il più grande, come fecero i primi discepoli». Fermo restando il giudizio positivo che la Chiesa ha dei social rimane ancora da individuare un metodo efficace per non scivolare nello scontro. 

«Le sfide che dobbiamo affrontare sono globali e richiedono quindi uno sforzo di collaborazione globale. Pertanto, è urgente imparare ad agire insieme, come comunità e non come individui. Non tanto come singoli influencer, ma come tessitori di comunione: mettendo in comune i nostri talenti e le nostre capacità, condividendo conoscenze e suggerimenti».

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