Papa Francesco svela il suo progetto di riforma per una «Chiesa che non accumula ritardi sulle sfide di oggi»

Papa Francesco ripete la parola "tutti" decine di volte

Papa Francesco svela il suo progetto di riforma per una «Chiesa che non accumula ritardi sulle sfide di oggi»
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 29 Giugno 2022, 10:07 - Ultimo aggiornamento: 10:08

Città del Vaticano – Il sogno è arrivare in breve tempo - superando tutte le opposizioni interne - a una Chiesa che «non accumula ritardi sulle sfide di oggi». Papa Francesco sceglie la festa dei santi patroni Pietro e Paolo per svelare la Chiesa che sta modellando attraverso i processi sinodali e le consultazioni dal basso, avviati in tutte le conferenze episcopali del mondo. «Una Chiesa senza catene e senza muri, in cui ciascuno possa sentirsi accolto e accompagnato, in cui si coltivino l’arte dell’ascolto, del dialogo, della partecipazione, sotto l’unica autorità dello Spirito Santo. Una Chiesa libera e umile, che si alza in fretta, che non temporeggia, non accumula ritardi sulle sfide dell’oggi, non si attarda nei recinti sacri, ma si lascia animare dalla passione per l’annuncio del Vangelo e dal desiderio di raggiungere tutti e accogliere tutti». Papa Francesco ripete la parola "tutti" decine di volte. «E' il tempo della accoglienza e non delle condanne. Andate nelle strade». E ancora: «non ci sono cristiani di serie A e cristiani di serie B».

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Il male al ginocchio che lo aveva costretto alla sedia a rotelle si è attenuato, la fisioterapia lo ha aiutato ma non è stata evidentemente miracolosa e così Papa Francesco stamattina ha fatto ingresso nella basilica di San Pietro con il bastone, naturalmente facendosi aiutare, poiché è ancora molto incerto nella deambulazione.

E' stato sistemato su uno scranno, accanto all'altare, lasciando ancora una volta il compito di celebrare il solenne rito dei santi patroni al cardinale decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re. L'omelia che ha letto (sempre da seduto) ha richiamato i fedeli ad andare avanti, a non guardarsi indietro, a non restare impantanati nelle proprie certezze. 

«A volte, come Chiesa, siamo sopraffatti dalla pigrizia e preferiamo restare seduti a contemplare le poche cose sicure che possediamo, invece di alzarci per gettare lo sguardo verso orizzonti nuovi, verso il mare aperto. Siamo spesso incatenati come Pietro nella prigione dell’abitudine, spaventati dai cambiamenti e legati alla catena delle nostre consuetudini. Ma così si scivola nella mediocrità spirituale, si corre il rischio di «tirare a campare» anche nella vita pastorale, si affievolisce l’entusiasmo della missione e, invece di essere segno di vitalità e di creatività, si finisce per dare un’impressione di tiepidezza e di inerzia» ha affermato.

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Ha anche citato il grande teologo Henri de Lubac che diceva che se la fede cade nel formalismo e nell’abitudine diventa una « religione di cerimonie e di devozioni, di ornamenti e di consolazioni volgari. Cristianesimo clericale, cristianesimo formalista, cristianesimo spento e indurito» 

Una parte significativa è stata dedicata alle dinamiche per certi versi rivoluzionarie che ha attivato il processo sinodale. «Il sinodo che stiamo celebrando ci chiama a diventare una Chiesa che si alza in piedi, non ripiegata su sé stessa, capace di spingere lo sguardo oltre, di uscire dalle proprie prigioni per andare incontro al mondo» ha spiegato il pontefice che ha concluso con un richiamo a tutti coloro che fanno resistenza ai cambiamenti in atto nella Chiesa. «Cosa posso fare io per la Chiesa? Non lamentarsi della Chiesa, ma impegnarsi per la Chiesa. Partecipare con passione e umiltà: con passione, perché non dobbiamo restare spettatori passivi; con umiltà, perché impegnarsi nella comunità non deve mai significare occupare il centro della scena, sentirsi migliori e impedire ad altri di avvicinarsi. Chiesa sinodale significa: tutti partecipano, nessuno al posto degli altri o al di sopra degli altri».

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