Il cardinale Pell apre il dibattito, la figura del Papa Emerito è da rivedere

Il cardinale Pell apre il dibattito, la figura del Papa Emerito è da rivedere
di Franca Giansoldati
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Giovedì 10 Dicembre 2020, 16:15 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 02:22

Città del Vaticano - Quando il 13 dicembre 1294 Celestino V comunicò la sua volontà di ritornare a fare l'eremita, rinunciando al pontificato, «discese dalla cattedra, prese la tiara dal capo e la pose per terra; e mantello e anello e tutto se ne spogliò di fronte ai cardinali sbalorditi». Le dimissioni di Benedetto XVI, avvenute 719 anni dopo, hanno materializzato un grande quesito giuridico che finora è sempre circolato sottotraccia, in ambito accademico e tra i canonisti, ma senza mai essere affrontato gravemente dai cardinali: quale è lo status di un Papa emerito? Ha diritto ad indossare l'abito bianco o ad abitare in Vaticano? Il tema non è affatto secondario, considerando la possibilità che in futuro non si possano ripresentare altri casi.

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Chi lo ha affrontato di petto e pubblicamente è stato cardinale George Pell rompendo un silenzio carico di attese e aprendo il dibattito.

L'ex ministro dell'economia vaticana in un libro di memorie che ripercorre anche le sue vicende giudiziarie terminate con la piena assoluzione ha riflettuto su alcune anomalie che il caso Ratzinger ha fatto affiorare, visto che contrariamente a Celestino Vcontinua a indossare l'abito bianco, a firmare come "Benedictus XVI Papa emeritus", ad abitare "nel recinto di san Pietro", e a farsi chiamare "Santità e Santo Padre".

George Pell con la schiettezza che lo contraddistingue si è chiesto se un Papa emerito non «dovrebbe essere reinserito nel collegio cardinalizio», così come di conseguenza «non dovrebbe indossare la tonaca papale bianca e non dovrebbe insegnare pubblicamente», poiché la presenza parallela di un Papa pensionato e un Papa in carica potrebbe fare sorgere problemi, ingarbugliare le cose, alimentare fratture e persino sgretolare l'idea di unità. Pell nelle sue riflessioni (maturate mentre era in carcere dove ha tenuto un diario nei suoi 400 giorni in isolamento) ravvede un pericolo, a meno che non si metta mano ad una riforma canonica capace di delineare i confini di questa nuova figura che si è venuta a creare: quella del Papa emerito.

«Sono favorevole alla tradizione millenaria che i papi non si dimettono, che continuano fino alla morte, perché questo aiuta a mantenere l'unità della Chiesa. I progressi nella moderna medicina hanno però complicato la situazione, consentendo che i papi di oggi e di domani possano vivere probabilmente più a lungo dei loro predecessori, anche quando la loro salute sia molto indebolita". A questo punto Pell getta il sasso nello stagno: "Occorre che i protocolli sul ruolo di un papa che si sia dimesso vadano chiariti, per rafforzare le forze dell'unità. Sebbene il papa in pensione possa mantenere il titolo di "papa emerito", dovrebbe essere reinserito nel collegio cardinalizio in modo da essere conosciuto come "Cardinale X, papa emerito", non dovrebbe invece vestire di bianco e non dovrebbe insegnare pubblicamente».

Il tema delle restrizioni da imporre al Papa emerito si è effettivamente imposto in un paio di circostanze, l'ultima riguardo il tema del celibato dei preti. Papa Francesco avrebbe voluto fare una apertura per il clero in Amazzonia ma in quel periodo uscì un libro a quattro mani tra il cardinale Sarah e Ratzinger che chiudevano di fatto la strada ad ogni ipotesi.

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Che vi sia una situazione da chiarire è stato evidente a tutti anche quando, due anni fa, Georg Gänswein presentando un libro sul pontificato di Benedetto XVI disse che «non ha affatto abbandonato l'ufficio di Pietro», ma ne ha fatto «un ministero allargato, con un membro attivo e un membro contemplativo», in «una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune». Una frase sibillina che fece allarmare tanti in Vaticano, alimentando la fiction dei due Papi. Successivamente don Georg ha chiarito il significato di quel passaggio, sottolineando che non voleva di certo alimentare dualismi, semmai fare capire quanto fosse stretto il legame di affetto tra i due pontefici. La precisazione di Gaenswein è contenuta per esteso in un libro scritto in lingua spagnola da Roberto Regoli sul pontificato di Ratzinger. 

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