Città del Vaticano – L'annuncio (forse prematuro) di Papa Francesco fatto dall'aereo che lo riportava a Roma da Budapest sull'esistenza di una missione di pace della Santa Sede per fermare la guerra in Ucraina, ha colto di sorpresa le parti belligeranti. Al momento sembra che nessuno ne sappia nulla. Praticamente un doccia gelata. Kiev, attraverso un messaggio affidato alla CNN, si è affrettata a sconfessare il Pontefice e a far sapere di «non essere a conoscenza» di una mossa diplomatica che coinvolga il Vaticano.
Papa Francesco e la missione di pace
«Il Presidente Zelensky non ha acconsentito ad alcuna discussione di questo tipo a nome dell'Ucraina», è filtrato dall'ufficio presidenziale. «Se i colloqui sono in corso, lo sono a nostra insaputa e senza la nostra benedizione».
Inoltre il funzionario ucraino ha respinto pure qualsiasi ruolo papale dopo che domenica Papa Francesco aveva annunciato che c'era una «missione in corso, ma non è ancora pubblica. Quando sarà pubblica, la rivelerò».
Anche il Cremlino ha fatto sapere di non essere a conoscenza di una iniziativa di pace del genere. A parlare è stato il portavoce Dmitry Peskov da Mosca. Poche parole e gelide. «No. Non si sa nulla».
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La sorpresa a Budapest
Di sorpresa è stato colto anche il Metropolita di Budapest, Hilarion già numero due del Patriarcato di Mosca e disarcionato da Kirill dopo il conflitto. Sul sito ufficiale del Metropolita Hilarion (che sabato scorso si è incontrato con Papa Francesco nella Nunziatura) sentendosi tirato in ballo dalle dichiarazioni del Pontefice si è sfilato. «Sulla stampa sono apparse insinuazioni secondo le quali avrei incontrato Papa Francesco per dargli delle informazioni allo scopo di raggiungere alcuni accordi segreti oppure per altri scopi politici. Rispondo per chi è interessato: non c'è stato nulla che riguardi i rapporti bilaterali tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa russa. Non si è discusso su nessuna questione politica. L'incontro era di natura personale tra due vecchi amici».
Hilarion ha spiegato che con il Papa ha un rapporto buono avviato quando venne eletto nel marzo 2013. Poi ha parlato dell'Ungheria come di una nazione che difende la famiglia e la vita, il matrimonio tra un uomo e una donna, e protegge una visione cristiana più di altre nazioni europee, facendo affiorare indirettamente la sintonia con il Patriarcato (almeno su questi punti).
Il piano
A cosa, dunque, faceva riferimento Papa Francesco quando parlava sull'aereo di questo progetto diplomatico vaticano che sarebbe in itinere per fermare la guerra? Probabilmente, fanno capire al di là del Tevere, il Papa ha intenzione di mandare a Kiev e a Mosca due suoi emissari per implorare le parti a parlarsi e comunicarsi, sulla falsariga di quello che già fece Giovanni Paolo II alla vigilia della devastante guerra in Iraq, quando gli Usa e la Gran Bretagna stavano costruendo a tavolino le prove (false) sulla presenza di uranio arricchito per invadere l'Iraq di Saddam Hussein. In quel periodo da Roma partirono due cardinali: il romagnolo Pio Laghi, amico personale della famiglia Bush avendo fatto per anni il nunzio apostolico negli Usa e il francese Roger Etchegaray, uomo di grandi vedute e molto apprezzato nel mondo arabo. Laghi volò alla Casa Bianca dove fu costretto ad una umiliante anticamera e alla fine non riuscì a vedere il presidente Bush jr. ma solo un funzionario, mentre Etchegaray, invece, arrivò a Baghdad dove fu ricevuto dall'allora numero due del regime di Saddam, il cristiano Tareq Aziz. Entrambi avevano una lettera personale del Papa da consegnare. Si trattava dell'ultima carta diplomatica che Giovanni Paolo II riuscì a spendere nel tentativo disperato di fermare una guerra che definiva nefasta e che sapeva avrebbe distrutto ogni equilibrio in Medio Oriente, con il rischio (che poi si è avverato) di far proliferare l'estremismo islamico rendendo tutto più instabile e insicuro. Wojtyla aveva ragione ma nessuno in quel momento lo ascoltò e, del resto, la guerra per il controllo del petrolio era già stata studiata e pianificata a tavolino. La storia però ha dato ragione a San Giovani Paolo II e alla sua squadra di diplomatici che in poco tempo misero assieme una azione di moral suasion mai vista prima, facendo rete con ogni cancelleria occidentale.
Probabilmente Papa Francesco sta pensando ad una mossa del genere, visti i margini di manovra ormai bassi. Anche se c'è chi, come il sito para vaticano e solitamente bene informato Il SIsmografo che specula sull'inesistenza di fondo di qualsiasi piano, a solo di una missione. «Papa Francesco parla di “missione“ di pace e non di piano. Il Vaticano sembra voler abbandonare l’idea di guidare una mediazione fra le parti. In Ungheria il Papa non ha affrontato con Orbán e con Hilarion nessun progetto di triangolazione per coinvolgere Mosca e neanche il Patriarcato ortodosso. Il "piano" di pace caldeggiato da una certa stampa non esiste» scrive il Sismografo.
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