Città del Vaticano – «Condividere i beni terreni" è una conseguenza naturale della misericordia e non di certo frutto dell'ideologia comunista. Nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, a due passi dal Vaticano, si prega per i governanti perché possano agire sempre «con vero spirito di servizio e per il rispetto della dignità umana». Papa Francesco (che in questi giorni è intervenuto più volte per incoraggiare le nazioni ricche a condividere la campagna vaccinale con il terzo mondo) ha voluto celebrare in questa chiesa barocca la giornata liturgica della Misericordia istituita da Giovanni Paolo II assieme ad 80 persone di diverse categorie particolarmente colpite da quest'anno di covid.
Ci sono anziani, volontari, giovani, medici, infermieri, carcerati, famiglie, insegnanti, cassiere, autisti, rifugiati, disabili.
«Gli Atti degli Apostoli raccontano che 'nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune'. Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro» ha detto il pontefice facendo notare come questo stato di totale comunione tra i seguaci di Gesù «è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro».
Ad un tratto però, spiega Francesco, i discepoli si ritrovano con un cuore solo e un'anima sola. Come hanno fatto a cambiare così? - si è chiesto - «Hanno visto nell'altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita. Hanno scoperto di avere in comune la missione, il perdono e il Corpo di Gesù: condividere i beni terreni è sembrato conseguenza naturale».
Francesco incoraggia i fedeli ad analizzare come la parola di Dio e l'esempio di Cristo possano influire sulla vita delle persone, ad ogni livello. «Oggi è il giorno in cui chiederci: 'Io, che tante volte ho ricevuto la pace di Dio, il suo perdono, la sua misericordia, sono misericordioso con gli altri? Io, che tante volte mi sono nutrito del suo Corpo, faccio qualcosa per sfamare chi è povero?'. Non rimaniamo indifferenti. Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono».
Senza un meccanismo di questo genere «l'amore finisce con noi stessi, e la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore».