Il Papa e Hong Kong: «La repressione? C'è anche in Francia»

Il Papa e Hong Kong: «La repressione? C'è anche in Francia»
di Franca Giansoldati
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 27 Novembre 2019, 09:02 - Ultimo aggiornamento: 16:39
dal nostro inviato
A BORDO DELL'AEREO PAPALE
«Ho firmato io quell'autorizzazione». Persino in volo, a diecimila metri di altezza, gli ultimi scandali finanziari del Vaticano tallonano il Papa. Di ritorno da Tokyo Francesco prova a fare chiarezza sugli eventi che hanno portato alla sospensione di cinque funzionari per sospetta corruzione, alla decapitazione dei vertici dell'Aif, l'authority antiriciclaggio, creando un clima di sfiducia internazionale. Ai giornalisti che lo incalzano ricorda che «si dovrà aspettare la fine delle indagini» ma che per tutti c'è la presunzione di innocenza «che è un diritto fondamentale». Tuttavia precisa che è sacrosanto per il Vaticano fare investimenti immobiliari «sicuri» con l'Obolo di San Pietro. «Non è bello che succedano queste cose ma i meccanismi che Papa Benedetto aveva avviato cominciano a funzionare e ringrazio Dio, non tanto che ci sia la corruzione, ma che il sistema di controllo inizi a operare bene». Poi annuncia una modifica al Catechismo: verrà introdotta la condanna non solo per l'uso dell'atomica ma anche sulla detenzione di testate nucleari.

La gente legge che sono stati comprati immobili per centinaia di milioni di euro nel cuore di Londra e rimane sconcertata dall'uso delle finanze, in particolare quando viene coinvolto l'Obolo. Lei sapeva di queste operazioni?
«Essere buoni amministratori non significa mettere l'Obolo in un cassetto, ma farlo fruttare in modo sicuro. Altrimenti si è cattivi amministratori, l'importante è che siano buoni investimenti, che non rovinino i capitali in settori dubbi. Per intenderci, non si può fare un investimento con l'Obolo su una fabbrica di armamenti. Chiaro? Sicché si può benissimo comprare una proprietà, affittarla e poi venderla, ma con tutte le garanzie. Poi è capitato quello che è capitato, è scoppiato uno scandalo e hanno fatto cose che non sembrano pulite».

Ma lei sapeva delle indagini e delle perquisizioni?
«È positivo che la denuncia sia arrivata dall'interno. È stato il Revisore dei Conti. Mi ha avvertito che c'era qualcosa che non funzionava. Venne da me. Gli chiesi se fosse sicuro. Mi rispose affermativamente chiedendomi il da farsi. C'è la giustizia vaticana, vada e faccia la denuncia al Promotore di giustizia, così gli ho detto. E sono contento perché si capisce che ormai l'amministrazione vaticana ha gli strumenti per chiarire le cose brutte che succedono dentro. Non so se è il caso dell'immobile a Londra, ma c'erano casi di corruzione».

E poi che è accaduto?
«Ho firmato le autorizzazioni per le perquisizioni in cinque uffici. Credo che in meno di un mese inizieranno gli interrogatori delle 5 persone che sono state bloccate perché c'erano indizi di corruzione. Lei potrà chiedermi: ma questi cinque sono corrotti? La risposta è no, la presunzione è una garanzia per tutti, un diritto umano, ma c'è corruzione e si vede».

In Vaticano c'è una lotta su chi deve controllare i soldi e questo è motivo di preoccupazione a livello finanziario...
«Il Vaticano ha fatto passi avanti. Lo Ior ora agisce come tutte le banche italiane. Il controllo internazionale non dipende dal Gruppo Egmont ma da Moneyvall che farà una ispezione i primi mesi dell'anno».

Il direttore dell'Aif è sotto indagine, il presidente dell'Aif, Bruelhart si è dimesso, non tira una bella aria...
«Il direttore dell'Aif è sospeso perchè c'erano sospetti di un cattivo controllo sugli altri. Il presidente Aif, invece, scadeva il 19 novembre. Lo chiamai alcuni giorni prima ma lui non si è accorto che lo stavo chiamando, così almeno mi disse. Dunque gli ho annunciato che il 19 avrebbe lasciato l'incarico. Ho già trovato il successore, un magistrato di altissimo livello giuridico, economico, nazionale e internazionale e al mio rientro prenderà in carico l'Aif e continuerà così. È la prima volta che in Vaticano la pentola viene scoperchiata da dentro e non da fuori».

Sul volo per Bangkok ha mandato un telegramma per Hong Kong. Che pensa delle proteste e della situazione?
«I telegrammi si mandano a tutti i capi di stato ed è un modo cortese per chiedere il permesso di sorvolare il territorio; non ha nessun significato di condanna o appoggio, è solo un atto di cortesia. Su Hong Kong.. beh mi viene da pensare anche a quello che succede al Cile o alla Francia - la democratica Francia dove da un anno ci sono le proteste dei Gilet Gialli. La Santa Sede può solo richiamare al dialogo e alla pace. Quello che sta accadendo a Hong Kong non accade solo lì. Ci sono questioni che non sono in grado di valutare. Io chiedo la pace per tutti i Paesi che hanno problemi. Mi piacerebbe tanto andare a Pechino. Io amo la Cina».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA