Papa Francesco all'Aquila tra voci di dimissioni e simbolismo. L'esperto di Celestino V: «Visita utile al post terremoto e al Pil»

L'occasione è la Perdonanza Celestiniana. Così il Pontefice vuole riportare i riflettori sulla ricostruzione post terremoto anche se il suo arrivo nel capoluogo abruzzese ha di fatto ripartire l'ipotesi sul toto-dimissioni

Francesco all'Aquila tra voci di dimissioni e simbolismo. L'esperto di Celestino V: «Visita utile al post terremoto e al Pil»
di Franca Giansoldati
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Giovedì 25 Agosto 2022, 10:01 - Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 16:34

Città del Vaticano – Papa Francesco il 29 agosto è all'Aquila, una visita di poche ore, in mattinata, per la Perdonanza Celestiniana. In questo modo vuole riportare i riflettori sulla ricostruzione post terremoto anche se il suo arrivo nel capoluogo abruzzese ha di fatto ripartire l'ipotesi sul toto-dimissioni. Anche se di recente è intervenuto per smentire questa ipotesi le voci non si spengono, collegate al gesto compiuto dal suo predecessore Ratzinger. Abbiamo chiesto ad Angelo De Nicola, scrittore abruzzese, esperto incontrastato della figura storica di Celestino V e autore di un monumentale libro intitolato “I Papi e Celestino V” (Edizioni OneGroup, pagine 310, euro 25) di fare luce sul significato della visita papale. 

Hai scritto più di un libro sulla Perdonanza Celestiniana e la sua storia, mettendo in evidenza le dimissioni di Benedetto XVI che hanno rilanciato la figura di Pietro del Morrone, accompagnandole da una serie di “segni”, di coincidenze, di particolari assai simbolici e curiosi sulla visita di Francesco. A tuo parere potrebbero potrebbero preludere a un annuncio simile. Non ti pare azzardata questa lettura e su cosa è basata?

«Non credo che Francesco abbia scelto la visita all’Aquila del 28 agosto prossimo per dimettersi o per far balenare questa sua intenzione.

Voglio, invece, credere che il Papa abbia scelto, primo Pontefice in 728 anni ad aprire la prima Porta Santa della Storia, quella della basilica di Santa Maria Collemaggio dell’Aquila, anticipatrice anche del Giubileo, per riconoscere il messaggio di Pace di Papa Celestino V ancor più di attualità in questi drammatici giorni di guerra, per secoli ignorato e ostracizzato dalla Chiesa per quelle sue clamorose dimissioni il 13 dicembre 1294 (e il 13 dicembre, ma del 1969, il giovane Bergoglio prendeva i voti in Argentina) dopo soli quattro mesi dall’incoronazione all’Aquila, il 29 agosto di quello stesso anno».

Perchè dici che sarà Francesco a chiudere definitivamente il cerchio della consacrazione di questo “povero cristiano” (Celestino V) e, soprattutto, del suo messaggio in questi drammatici giorni di guerra?

«Quello di Francesco è un riconoscimento epocale che arriva dopo il percorso di “riconciliazione” che Benedetto XVI ha fatto, rilanciando quello di Papa Paolo VI, della figura di Celestino V. Papa Ratzinger, “complice” forse il sisma del 6 aprile 2009 che ha martoriato L’Aquila, ha lanciato una sorta di operazione di riabilitazione della figura dell’Eremita del Morrone prima di dimettersi, clamorosamente, egli stesso l’11 febbraio 2013. Operazione che passa per due momenti: uno proprio all’Aquila quando, il 28 aprile del 2009, nella sua commossa visita nella terra martoriata, compie un gesto clamoroso: passa sotto la Porta Santa di Collemaggio (eccezionalmente aperta fuori tempo per lui) e depone il suo pallio (simbolo del potere papale) sull’urna contenente le spoglie dell’Eremita. L’altro momento, l’anno dopo a Sulmona, il 4 luglio 2010: chiare le parole di Benedetto XVI nella visita in occasione dei festeggiamenti per gli 800 anni della nascita di Celestino V: «Egli seppe agire secondo coscienza, perciò senza paura e con grande coraggio» smontando così il marchio di vigliaccheria causato dal famoso verso dantesco (“vidi l’ombra di colui che per viltade fece il gran rifiuto”), fino al punto da dimettersi esattamente come fece il suo predecessore».

Parli spesso di un gesto epocale inerente a questa visita, a cosa ti riferisci?

«E’ un evento epocale che può cambiare il Pil dell’intero Abruzzo ma anche il corso della Storia, non solo della Chiesa. Il Celestino di Silone, nell’“Avventura di un povero cristiano” si rifiuta di benedire gli eserciti che vanno a combattere in Terra Santa: “La Vergine vuole la pace, mica la guerra”. Ecco, Celestino fa del perdono l’anticamera della pace. Il suo è un messaggio di sconvolgente attualità che per secoli è stato messo in un cantuccio perchè con le sue dimissioni (simili a quelle di Benedetto XVI) aveva dimostrato che “il potere è un servizio”».

Francesco arriverà, in elicottero, allo stadio Gran Sasso alle 8,25 di domenica mattina 28 agosto e da qui ripartirà alle 12,45 dopo aver visitato, in forma privata, il duomo, incontrato nella piazza i familiari delle vittime del terremoto del 6 aprile 2009 prima di trasferirsi sul piazzale della basilica dove alle 10 celebrerà la messa, seguita dall’Angelus e, al termine, il rito dell’apertura della Porta. Il centro della visita non è, piuttosto, la grande questione della ricostruzione post terremoto che in Abruzzo è ancora al palo?

«Certamente sì. Questo è il “pallino” dell’arcivescovo metropolita dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi che ha sempre richiamato l’attenzione sulla mancata ricostruzione delle chiese dell’Aquilano e, in particolare, del Duomo all’interno del quale, dopo oltre 13 anni, è nata una “foresta” a causa dell’abbandono. E che questo problema sia nell’agenda di Francesco è testimoniato da un discorso che fece in un’udienza in piazza Pietro, in occasione del quinto anniversario del sisma del 2009, sollecitata dal “Gruppo aquilano di Azione civica Jemo ‘nnanzi”. Disse Bergoglio, il 2 aprile 2014: «Un pensiero speciale rivolgo al gruppo “Jemo ‘nnanzi”, dell’Aquila. Jemo ‘nnanzi, andiamo avanti! A cinque anni dal terremoto che ha devastato la vostra città, mi unisco alla preghiera per le numerose vittime, e affido alla protezione della Madonna di Roio quanti ancora vivono nel disagio. Incoraggio tutti a tenere viva la speranza. La ricostruzione delle abitazioni si accompagni a quella delle chiese, che sono case di preghiera per tutti, e del patrimonio artistico, a cui è legato il rilancio del territorio. Jemo ‘nnanzi!». E’ un preciso programma “politico” della ricostruzione post sisma».

Mai nessun Papa, fino a ora, aveva aperto la Porta Santa di Collemaggio e mai l’indizione delle 24 ore del Perdono annuale era avvenuta di mattina. Che significato ha per gli abitanti dell’Aquila questa attenzione da parte del Pontefice?

«Per gli aquilani, martoriati dai sismi, è il coronamento di un sogno lungo 700 anni. Ma anche lo loro rivincita. Bonifacio VIII, il successore di Celestino, tentò in tutti i modi di annullare (che per l’epoca voleva dire distruggerla fisicamente) la Bolla del Perdono, senza riuscirvi per la coraggiosa resistenza del popolo aquilano che, infatti, ne custodisce da 728 anni la proprietà morale e materiale e, ancora oggi, promuove e organizza ogni anno la Perdonanza Celestiniana con l’apertura della Porta Santa che è stata tenuta, nella versione cosiddetta “moderna” (ossia dal 1983 in poi) da 39 Cardinali. Ha vinto la resilienza degli aquilani».

Saranno previsti dei fuori programma rispetto a quanto finora annunciato dal programma?

«Che sia trapelato finora, no. Ma Bergoglio è dalle mille sorprese. E il grido di battaglia aquilano post sisma, “jemo ‘nnanzi”, a lui sembra esser piaciuto particolarmente a giudicare dalle continue citazioni dell’“andiamo avanti” nei suoi discorsi. Vedremo...».

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