«Nella Chiesa troppi veleni, uno scisma non mi fa paura»

Papa Francesco
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 11 Settembre 2019, 08:16 - Ultimo aggiornamento: 11:16

dal nostro inviato a bordo dell'aereo papale
«Non ho paura di uno scisma». Guarda lontano Papa Francesco e lancia segnali agli avversari. Dice di non temere spaccature nonostante il fragore di gruppi conservatori legati alla destra cattolica americana che remano contro e minacciano ciclicamente di staccarsi dalla Chiesa. La comunione ai divorziati risposati, lo sguardo inclusivo verso i gay, la mano tesa per abbattere i muri con l'Islam ad alcuni settori sono aspetti che non piacciono. Papa Bergoglio mentre è in volo per tornare a Roma parla serenamente delle difficoltà attorno. Non sono tanto le critiche a preoccuparlo bensì la slealtà. «Se le critiche sono leali possono avviare un dialogo».
E mentre si prepara ad affrontare un periodo potenzialmente turbolento all'orizzonte ci sono il sinodo sull'Amazzonia e quello dei rissosi vescovi tedeschi Bergoglio invoca unità, condanna la xenofobia cavalcata dai populismi e tuona contro la mala pianta della corruzione che soffoca anche le economie europee: «Il caporalato non ce lo hanno di certo insegnato gli africani».

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Lei non viene risparmiato da critiche e persino di alcuni alleati più stretti hanno parlato di un complotto, c'è qualcosa che i critici non capiscono del suo pontificato e cosa lei ha imparato da loro?
«Prima di tutto le critiche aiutano, quando se ne riceve una si deve fare autocritica. Dalle critiche io vedo i vantaggi. A volte ti arrabbi, certo ma i vantaggi esistono. Nel viaggio verso Maputo mi è stato regalato da un giornalista francese un libro: come gli americani vogliono cambiare il Papa. A dire i vero le critiche non arrivano solo dagli americani ma un po' dappertutto, anche in curia, almeno quelli che me le rivolgono hanno il vantaggio dell'onestà e a me piace questo. È quando le fanno sotto il tavolo, fanno un sorriso e poi ti pugnalano questo non è leale, non è umano. La critica ti prepara sempre a dare una risposta, ad alimentare un dialogo. Ma se la critica è solo arsenico, è un po' come buttare la pietra e nascondere la mano. E aiuta solo i piccoli gruppetti chiusi che non vogliono sentire la risposta».

È preoccupato?
«Criticare senza voler sentire la risposta significa non volere bene alla Chiesa, è andare dietro ad una idea fissa, come cambiare Papa, cambiare stile, o fare uno scisma: questo è chiaro no? Ci sono stati tanti scismi. Dopo il Vaticano I, quando si votava per l'infallibilità, un bel gruppo si è staccato e ha fondato i vetero-cattolici. Oggi questi fanno l'ordinazione delle donne, ma in quel momento erano rigidi, andavano dietro ad un'ortodossia e pensavano che il Concilio avesse sbagliato. Con il Vaticano II c'è stato il distacco di Lefevbre. Non sono mai mancati gli scismi nella Chiesa, fanno parte delle opzioni che ci lascia il Signore. Ma non ho paura: piuttosto prego perché non ce ne siano, perché ci sia la salute spirituale di tanta gente, il dialogo, la correzione se c'è qualche sbaglio. Il cammino dello scisma non lo trovo cristiano».

Durante il viaggio lei ha parlato del neo-colonialismo che non porta benefici agli africani: in Europa ripetiamo che gli africani devono essere aiutati a casa loro ma poi che si fa per impedire lo sfruttamento incontrollato?
«Alcuni passaggi verso l'indipendenza sono andati bene ma, putroppo, si nota sempre la tentazione da parte del paese uscente di mettersi qualcosa in tasca. Si è concessa la liberazione ma dal pavimento in su, il sottosuolo no».
In questi giorni lei ha affrontato il fenomeno della deforestazione...

«Esiste una sorta di incoscienza collettiva che continua a pensare, quasi fosse un automatismo normale, che l'Africa debba essere sfruttata. A noi capita di pensare che l'Europa debba essere sfruttata? No, ovviamente. Ma dell'Africa però si. Da qui la deforestazione, la distruzione della biodiversità, degli oceani. Un po' di tempo fa, durante una udienza, ho saputo che 6 pescatori sono riusciti a raccogliere ben 6 tonnellate di plastica. Difendere l'ecologia, la biodiversità che è la nostra vita, difendere l'ossigeno è una battaglia che portano avanti i giovani che hanno una grande coscienza, dicono: è il nostro futuro. Si è cominciato a ragionare molto su questo. C'è stato l'accordo di Parigi e poi quello di Katowice. Dovremmo tutti prendere coscienza iniziando dalle cose piccole».

Nei suoi discorsi ha denunciato la corruzione in Africa...
«La rapacità non si ravvede solo in Africa. Esiste pure nelle nostre città, a causa della corruzione. Un imprenditore spagnolo mi ha raccontato che andando dai responsabili governativi per l'approvazione di qualche progetto si sente dire sfacciatamente: e per me quanto? Questo succede in America Latina, in Africa ma pure in Europa. Si dice che l'Africa vada sfruttata, ma pensiamo pure ai tanti operai che sono sfruttati in molte città, il caporalato non lo hanno inventato gli africani. Senza dire poi della domestica pagata un terzo di quello che si dovrebbe».

La xenofobia la preoccupa?
«È un problema che c'è anche in Africa, è una malattia umana, come il morbillo. È una malattia, ti viene, entra in un paese, entra in un continente. Le xenofobie vengono cavalcate dai cosiddetti populismi politici. La settimana scorsa ho detto che certe volte mi sembra di sentire discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel '34. Si vede che c'è un ritornello in Europa».

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