Dopo avere cacciato il nunzio apostolico, rotto le relazioni diplomatiche con la Santa Sede, incarcerato decine di preti compreso un vescovo divenuto la bandiera della resistenza al regime sandinista, il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega continua la sua azione tesa a smantellare le strutture ecclesiastiche, convinto che la Chiesa agisca contro il suo governo. L'ultimo atto è sfociato nell'esproprio proletario di un fondo che serviva a pagare le pensioni degli anziani sacerdoti, una settantina in tutto, che da ora sono senza più alcuna forma di sostentamento mensile (che ammontava ad un centinaio di dollari).
Da tempo il clero denuncia le vessazioni della polizia, i pestaggi, gli atti intimidatori, le bombe nelle chiese e la confisca dei beni, dei conti correnti, la chiusura di conventi, mentre le autorità rifiutano anche di rispondere alle domande che vengono poste dai giornalisti stranieri.
Il presidente Daniel Ortega e sua moglie Rosario Murillo, vice presidente, hanno sempre nutrito nei confronti della Chiesa cattolica e dei suoi riti un atteggiamento avverso anche dopo la Rivoluzione Sandinista. Nel 2006 sono tornati al potere e in quel frangente si sono avvicinati alla Chiesa per chiedere sostegno in un Paese fondamentalmente cattolico. Nel frattempo si sono sposati in chiesa, hanno criticato l'aborto terapeutico, hanno difeso la vita ma dietro la patina di "cristiano, socialista e solidale" hanno iniziato a scontrarsi con diversi vescovi. Uno di questi è Rolando Álvarez, il più perseguitato dalla dittatura e attualmente in carcere. Dal pulpito, in questi anni, non ha mancato di denunciare le irregolarità, la corruzione, le violenze. Alvarez avrebbe anche recitato preghiere per la liberazione dai demoni che si sarebbero impossessati della coppia presidenziale, mandando su tutte le furie Rosario Murillo, donna di grande superstizione.
In Vaticano la deriva autoritaria del Nicaragua è fonte di grande preoccupazione. Non avendo ormai più nessun rappresentante diplomatico e avendo dovuto chiudere a doppia mandata la nunziatura per evitare saccheggi (viene custodita dai nostri militari di stanza nella sede diplomatica italiana), il Papa si affida a mediatori, come il presidente brasliano Lula, amico personale di Ortega e di Francesco, ma finora sembra senza grossi risultati. Le voci interne come il cardinale di Managua, Leopoldo Brenes sono ridotte al silenzio e sembrano paralizzate dalla paura di peggiorare la situazione tanto che il porporato continua a minimizzare, accusando spesso i giornalisti di scrivere esagerazioni.
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