Papa Francesco riconosce il genocidio culturale dei nativi canadesi e chiede scusa per le violenze

Bergoglio in questi giorni ha lungamente ascoltato tre delegazioni di popoli indigeni

Papa Francesco riconosce il genocidio culturale e chiede scusa per le violenze sui nativi canadesi
di Franca Giansoldati
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Venerdì 1 Aprile 2022, 13:40 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 17:12

Città del Vaticano - Fu davvero un genocidio culturale. «Provo vergogna e dolore per il ruolo che diversi cattolici, con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito negli abusi e nella mancanza di rispetto della vostra identità e cultura e persino dei vostri valori spirituali». Papa Francesco pronuncia le parole che i rappresentanti dei nativi canadesi si aspettavano di sentire. Sono arrivati apposta a Roma dal Canada all'inizio di questa settimana per l'atteso mea culpa per le violenze e le vessazioni subite nel passato da parte delle istitituzioni della Chiesa cattolica.

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Francesco ripete la parola vergogna e la parola sofferenza, facendo riferimenti diretti ai trattamenti discriminatori e alle varie forme di abuso che i bambini inuit hanno sopportato nel corso dei decenni, strappati alle famiglie, e spesso abusati e maltrattati. «Sono molto addolorato.

Mi unisco ai vescovi canadesi nel chiedervi scusa».

Sebbene sgorgate dal cuore queste frasi non sembrano essere sufficienti poiché i leader indigeni canadesi vorrebbero anche la restituzione da parte del Vaticano dei manufatti che sono stati trasportati a Roma nel secolo scorso e sono ora conservati nei Musei Vaticani, nella sezione etnologica. In questi tre giorni di visita la vicenda della restituzione dei manufatti artistici è affiorata in diverse circostanze. A farsi portavoce di questo desiderio è stato Phil Fontaine della Sagkeeng First Nation ed ex capo nazionale dell'Assemblea delle Prime Nazioni (AFN) il quale ha ricordato che era stato Pio IX  nel 1925 ad aver tenuto un'esposizione mondiale di manufatti indigeni, esponendo più di 100.000 oggetti, la maggior parte inviati a Roma e mai più restituiti.

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Il tema delle scuse per il genocidio culturale si è intensificato a partire dal 2015, quando i vescovi canadesi si sono fatti interpreti del desiderio dei popoli nativi. Per il Canada del resto era stato uno choc venire a conoscenza di questa vicenda straziante, affiorata nella sua interezza grazie a uno studio a tappeto sul sistema educativo nazionale. In pratica la Chiesa è stata chiamata in causa per aver collaborato con lo Stato canadese a sostenere e coprire un sistema di violenze fisiche e psicologiche nei confronti dei bambini attraverso le strutture educative. A partire dalla metà dell’Ottocento e per quasi tutto il XX secolo furono trasferiti forzatamente circa 150mila bambini delle tribù native. Lo spaccato emerso ha indotto lo stesso premier canadese Justin Trudeau, durante una visita in Vaticano nel 2017 a sollecitare un mea culpa papale. Successivamente vi fu la scoperta di una fossa comune con dentro i poveri resti di centinaia di bambini. Un fatto talmente choccante da indurre il Vaticano ad accelerare il percorso richiesto dai vescovi canadesi, con l'ammissione di responsabilità da parte della Chiesa delle violenze agli inuit e alle altre tribù dei nativi. 

Papa Francesco in questi giorni dopo avere lungamente ascoltato tre delegazioni di popoli indigeni ha ripetuto loro che la Chiesa è al loro fianco. «La vostra identità e la vostra cultura sono state ferite, molte famiglie separate, tanti ragazzi sono diventati vittime di questa azione omologatrice, sostenuta dall’idea che il progresso avvenga per colonizzazione ideologica, secondo programmi studiati a tavolino anziché rispettando la vita dei popoli. È qualcosa che, purtroppo, avviene anche oggi, a vari livelli: le colonizzazioni ideologiche».

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