Missione Emirati, la visita del Papa rilancia il dialogo

Missione Emirati, la visita del Papa rilancia il dialogo
di Franca Giansoldati
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Venerdì 7 Dicembre 2018, 16:04
CITTÀ DEL VATICANO Individuare spiragli di dialogo, creare passaggi inediti, non avere mai paura a fare il primo passo. Il dialogo di Papa Francesco con il mondo islamico si arricchisce di un tassello fino a qualche tempo fa impensabile. Un viaggio negli Emirati Arabi, la confederazione di monarchie ereditarie dove l'Islam è la religione ufficiale e la sharia una delle principali fonti di legislazione anche se, rispetto ad altre nazioni del Golfo, ha un volto decisamente più moderato.

DIRITTI
Nella loro costituzione si legge che tutte le persone hanno gli stessi diritti e non viene fatta alcuna distinzione sulla base della nazionalità, della fede o dello status sociale. Una terra ricchissima, zampillante di petrolio dove si concentra il 10 per cento delle riserve petrolifere mondiali. Naturalmente anche lì i fedeli musulmani che rappresentano il 76% della popolazione (i cristiani sono il 12%, circa 700 mila, quasi tutti lavoratori filippini) non hanno il diritto a cambiare la religione, perché sarebbero puniti con la pena di morte ma la politica aperturista dello sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi è a maglie larghe. Ai cristiani sono permesse cose che altrove sono vietate. Per esempio è accaduto anche recentemente la autorizzazione per la costruzione di una chiesa. In tutto, negli Emirati, ci sono ben sette parrocchie attorno alle quali si organizza la vita della minoranza.

PONTI
A formulare l'invito a Papa Francesco, e a chiedergli di accettare di partecipare all'incontro inter-religioso che si terrà dal 3 al 5 febbraio dell'anno prossimo, in occasione del World Interfaith Harmony Week, la settimana mondiale dell'armonia tra le fedi, voluta dalle Nazioni Unite nel 2010, è stato lo sceicco Al Nahyan. Un segnale importante che Bergoglio non ha voluto ignorare. Si tratta pur sempre di un momento di dialogo per dischiudere possibilità, per sbriciolare qualche mattone in più nel muro della reciproca diffidenza. Ad insistere, in loco, è stato anche monsignor Paul Hinder, un frate cappuccino che svolge le mansioni di vicario apostolico della penisola d'Arabia, un territorio vastissimo comprendente Yemen, Oman, Arabia Saudita, Qatar, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti. E' stato lui il primo a insistere su un punto: senza dialogo i cristiani sono destinati a soccombere. «Il dialogo tra le religioni resta uno dei fattori decisivi per lo sviluppo del mondo. Quello con l'Islam è una via obbligata: lo ritengo necessario benché non facile e gli ostacoli non mancano» ha detto. Di sicuro la vita per chi è cristiano da quelle parti non è facile ma negli Emirati forse è meglio che non in Qatar, in Arabia o nello Yemen.
Il Global Terrorism Index nel 2017 ha inserito gli Emirati al 112 posto nella lista dei 130 Paesi interessati dalla minaccia terroristica legata all'Isis, ad Al Qaeda, Hezbollah e alla Fratellanza Musulmana.

MANO TESA
L'apparato di sicurezza governativo anche recentemente è riuscito a sventare complotti terroristici, contrastando anche diversi network di finanziamento. In questo quadro complesso si inserisce la visita papale, storica e coraggiosa al tempo stesso. All'interno del mondo musulmano, in passato, Francesco ha fatto breccia con alcuni gesti inusuali, come il lavacro ai piedi fatto ad una giovanissima detenuta musulmana nel carcere di Casal del Marmo, a Roma, durante la cena del Giovedì Santo. Poi l'abbraccio al Gran Muftì di Al Azhar, il massimo centro sunnita. Con Al Tayyeb lo scambio registra un buon livello di vicinanza umana: quando si incontrano si chiamano fratelli, si abbracciano e si baciano. In Centrafrica ha fatto salire sulla papamobile a benedire la folla nel quartiere musulmano di Bangui, l'imam locale, scansando le critiche in casa cattolica per l'azzardo inter-religioso.

ATTESA
La notizia dell'arrivo di Papa Bergoglio nel Golfo è stata annunciata da Al Arabya con grande enfasi. «Attendiamo con ansia la storica visita che mira a massimizzare le opportunità di dialogo e la coesistenza tra le nazioni» ha sottolineato lo sceicco che il mese scorso ha inaugurato il primo incontro mondiale dedicato al dialogo inter-religioso. Erano presenti oltre 1000 personalità religiose e politiche di fedi diverse. Gli Emirati puntano a trasformare Abu Dhabi nella capitale del vivere comune, contrastando il fondamentalismo partendo anche dalle scuole e dalle università. Per coincidenza, proprio negli stessi giorni del summit, era presente ad Abu Dhabi anche il premier Conte, stavolta però con una rappresentanza di imprenditori italiani.
 
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