Linguisti e diplomatici concordi: il Papa è il miglior ambasciatore della lingua italiana nel mondo

Linguisti e diplomatici concordi: il Papa è il miglior ambasciatore della lingua italiana nel mondo
di Franca Giansoldati
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Giovedì 21 Ottobre 2021, 13:16

Città del Vaticano  - Uno dei più efficaci ambasciatori della lingua italiana nel mondo è il Papa. Sembra quasi paradossale che il capo di uno stato straniero possa essere - per antonomasia - il più potente agente di diffusione della lingua di Dante in ogni angolo del pianeta. Eppure i fatti dicono proprio questo, partendo dall'impatto mediatico delle sue parole (quasi sempre in italiano). Omelie, discorsi ai diplomatici, allocuzioni, messaggi, conferenze. Da Paolo VI fino a Papa Francesco, a conti fatti, sono effettivamente loro a incarnare un veicolo linguistico potentissimo e privilegiato. Dall'Africa all'Asia, dall'Oceania all'America Latina. Le esortazione dei pontefici - persino quelle pronunciate davanti a consessi internazionali - avvengono sempre in italiano e questo costituisce un aspetto non trascurabile - quasi un passepartout – per la diffusione della nostra cultura impregnata di valori come la solidarietà, l'inclusione, la flessibilità, la capacità a trovare sempre una mediazione. 

Nonostante sia il latino la lingua ufficiale della Santa Sede (e il francese per le comunicazioni diplomatiche) il ruolo dell'italiano dimora indiscusso.

Difficile dimenticare l'impatto della lingua italiana davanti alle folle oceaniche che raccoglieva Giovanni Paolo II. A Manila parlò davanti a 6 milioni di persone, ovviamente in italiano. Oppure il magnifico discorso sul silenzio di Dio in lingua italiana fatto da Benedetto XVI ad Auschwitz-Birkenau. Francesco quando è arrivato sul trono di Pietro ha rafforzato questa consuetudine. A Bangui in Centrafrica ha aperto la Porta Santa con una bella omelia in italiano, e così ha fatto in Mozambico, Strasburgo, Sarayevo, Ur dei Caldei, Yerevan e in ogni altra meta toccata in questi otto anni di pontificato. 

Un aspetto che cammina in parallelo alla straordinaria attività degli Istituti italiani di Cultura all'estero, la formidabile rete che dipende dal Ministero degli Esteri e che verrà potenziata a partire dal prossimo anno, come ha annunciato il segretario generale della Farnesina, Ettore Sequi nella sede dell'ambasciata italiana presso la Santa Sede, presentando un libro intitolato “La Chiesa e l'italiano, un cammino nel tempo e nel mondo”, curato dalla linguista Rita Librandi (pubblicato da Il Mulino, 187 pagine, 18 euro).

L'uscita del volume è stata l'occasione per analizzare il potenziale espresso dalla Chiesa nel corso dei secoli. Difficile dimenticare quanto fatto dai missionari in giro per il pianeta che hanno sempre comunicato soprattutto in italiano. Così come fa la curia al suo interno. Senza dimenticare l'apporto delle università pontificie che formano decine di migliaia di studenti provenienti da ogni dove.

Un recente sondaggio effettuato tra di loro ha confermato che l'italiano resta la lingua della Chiesa universale. L'ambasciatore Pietro Sebastiani, presentando l'incontro, ha posto in evidenza quanto l'apporto «della Chiesa lungo i secoli sia stata (e sia ancora) fondamentale». Monsignor Dario Viganò, vice cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha sottolineato come l'impatto delle parole dei pontefici e la conseguente diffusione della lingua italiana abbiano progredito in parallelo al processo di globalizzazione della figura del Papa.

Immortale resta il Discorso alla Luna fatto da Giovanni XIII in apertura del Concilio Vaticano II. Un analogo richiamo è arrivato dal presidente della Crusca, Claudio Marazzini che ha portato alla memoria l'azione costante e silenziosa dei missionari nel corso dei secoli. I salesiani, i francescani, i domenicani, i gesuiti, i vincenziani. Non è un caso se esistono italianismi persino in lingue geograficamente e culturalmente distanti dall'italiano che testimoniano una presenza missionaria. Per esempio in lingua zulu per indicare un prete o un religioso si dice 'iloma', la cui radice linguistica coincide con il centro della cristianità, Roma. 

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