Il Vaticano è stato citato per 9 milioni di euro di danni dall'ex Revisore Generale Milone: la causa è iniziata in tribunale

A questa causa milionaria si è aggiunto anche il suo ex braccio destro Ferruccio Panicco

il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano
di Franca Giansoldati
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Giovedì 26 Gennaio 2023, 12:23 - Ultimo aggiornamento: 16:34

Città del Vaticano – Proprio come aveva anticipato il Messaggero nel 2019 con una intervista all'ex Revisore generale dei conti, Libero Milone, il Vaticano è stato citato per danni. La richiesta è di 9 milioni di euro, per la precisione 9.278.000. Milone ha cercato di risolvere il contenzioso con la Santa Sede tentando in questi anni, in ogni modo, di aprire un percorso negoziale. Le porte però le ha sempre trovate tutte chiuse e così l'ex Revisore licenziato in tronco da Papa Francesco con la motivazione che spiava illecitamente vescovi e cardinali ha dato mandato ai suoi legali di procedere. A questa causa milionaria si è aggiunto anche il suo ex braccio destro Ferruccio Panicco. Entrambi ritengono ingiusto il loro allontanamento, rispettivamente il 19 e 20 giugno del 2017.

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Ieri si è aperta in Vaticano la prima udienza in tribunale interamente dedicata alle eccezioni procedurali: Panicco oltre ai danni per l'allontanamento ha subito un danno grave di salute perchè in quel periodo era in cura oncologica e nel materiale che gli venne sequestrato dalla gendarmeria c'erano anche le cartelle cliniche.

Nonostante abbia chiesto e implorato di riavere indietro le cartelle cliniche con le cure chemioterapiche che stava facendo, il Vaticano non ha mai dato seguito a queste richieste. Il risultato è un ritardo nella terapia che gli sarebbe costato un aggravio della malattia. 

La richiesta di danni è stata rivolta contro la Segreteria di Stato, nella persona del cardinale Pietro Parolin, e dello stesso Ufficio del Revisore generale, nella persona dell'ex aggiunto poi promosso al posto di Milone, Alessandro Cassinis Righini. Alla richiesta si sono opposti sia i legali della Segreteria di Stato e lo stesso promotore di giustizia Alessandro Diddi. Il Tribunale, presieduto da Giuseppe Pignatone, dopo una brevissima camera di consiglio ha rigettato la richiesta di rinvio. 

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La vicenda al centro della causa è stata quindi riassunta dal giudice relatore, che ha ricordato i momenti del giugno 2017 quando l'allora sostituto monsignor Angelo Becciu riferì a Milone che era venuta meno la fiducia del Papa per l'accusa di aver fatto spiare personalità vaticane, la convocazione da parte della Gendarmeria, la perquisizione degli uffici, l'interrogatorio di Milone e Panicco, l'apertura di un'indagine (a quanto pare già da sette mesi prima) per peculato e spionaggio, quindi le dimissioni dei due, a loro dire «estorte».

Poi, a distanza di cinque anni, la richiesta di danni per l'ingiusto licenziamento, il mancato introito, l'impossibilità di trovare un altro lavoro, i l danno reputazionale, il peggioramento oncologico di Panicco. Le difese della Segreteria di Stato e dell'Ufficio del revisore generale hanno chiesto l'improcedibilità della causa, sostenendo che i due avrebbero dovuto fare dapprima ricorso all'Ulsa (Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica), appellandosi poi alla nullità dell'atto di citazione e soprattutto alla prescrizione, essendo trascorsi più di cinque anni dai fatti.

È stato rilevato anche che la memoria depositata da Milone e Panicco il 18 gennaio per contestare le eccezioni delle difese, contiene documenti non presenti nell'archivio del revisore generale, quindi ritenuti «sottratti». Anche il Pg Diddi ha fatto proprio il principio dell'improcedibilità per prescrizione. Il Tribunale si è riservato la decisione, senza al momento fissare una nuova udienza. 

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