ULAN BATOR Sorvolando le steppe sconfinate, tra la Russia e la Cina, Francesco ha tenuto tra le mani la borraccia di un soldato ucraino forata dai colpi dei russi e l'ha benedetta mentre stava andando in Mongolia per l'inizio di un simbolico viaggio nel cuore dell'Asia che terminerà lunedì mattina. Bergoglio è rimasto in silenzio davanti a quell'oggetto deformato dalla violenza dei proiettili e ha ascoltato la storia che una giornalista spagnola, Eva Fernandez gli ha narrato. Apparteneva a un militare di Kiev sopravvissuto miracolosamente ad una esplosione. Ora quella specie di reliquia è destinata a tornare in patria, in una chiesa di Leopoli, come dono emblematico.
Il Papa in Mongolia da oggi: missione per aprire a Pechino e Mosca, la “silk road” del Vaticano
DIPLOMAZIA
«Santità mi dica: quanto è difficile per lei fare diplomazia in questo contesto, in un tempo di guerra?».
La domanda della cronista si è presentata piuttosto scivolosa anche perché ultimamente proprio una frase del pontefice sulla storia della Russia ha scatenato l'ennesimo putiferio dando origine ad una ondata di proteste che non accenna a sopirsi, tanto che persino il nunzio in Lituania è stato da poco convocato dal governo di Vilnius per avere spiegazioni sull'effettivo significato degli esempi storici evocati dal Papa: Caterina II e Pietro il Grande, all'origine delle radici imperialiste della politica putiniana. Il Vaticano per smorzare l'incendio - come già aveva fatto altre volte in passato davanti ad affermazioni papali ritenute filorusse (per esempio la preghiera per la morte della Dugina) - è dovuto intervenire in fretta. «Ah non ti immagini quanto sia difficile. Ma a volte bisogna avere il senso dell'umorismo». Ultimamente i dispiaceri che rattristano Papa Francesco in ambito diplomatico non si fermano alla sola questione russo-ucraina, per la quale sta davvero facendo ogni sforzo possibile per tentare di aiutare ad annodare fili lacerati e creare quel clima che potrebbe in futuro permettere ai belligeranti di riprendere a parlarsi o a fidarsi tra loro. C'è in piedi la missione umanitaria del cardinale Matteo Zuppi concentrata principalmente sulla sorte dei 20 mila bambini ucraini deportati in Russia e l'accordo sul grano. Zuppi è in attesa di partire per Pechino, avrebbe dovuto essere in Cina - dopo le tappe a Mosca, a Kiev e negli Usa dove ha avuto a luglio un lunghissimo colloquio con Biden - ma i tempi si sono allungati e il cammino si è rallentato, complice anche il quadro interno della Cina più problematico per via delle tensioni su Taiwan e la decelerazione dell'economia. Proprio ieri mentre l'aereo papale sorvolava la Cina diretto a Ulan Bator Francesco ha mandato un telegramma a Xi per ringraziarlo per il permesso di attraversare lo spazio aereo nazionale. Una prassi dei viaggi apostolici alla quale i cinesi hanno risposto di essere pronti a «continuare a lavorare col Vaticano per un dialogo costruttivo, migliorare la comprensione e rafforzare la fiducia reciproca». Bellissime parole ma non una è stata spesa per l'ennesimo sgarbo cinese sul quale è stato steso un velo. In Mongolia erano attesi i vescovi cinesi per incontrare il Papa, ma Pechino ha vietato a tutti di espatriare.
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