Il caso di Giada, minore violentata da un parroco molisano finisce sul tavolo del Ministro Cartabia

Il caso di Giada, minore violentata da un parroco molisano finisce sul tavolo del Ministro Cartabia
di Franca Giansoldati
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Domenica 13 Giugno 2021, 16:17

Il caso di Giada, la giovane che nel 2009 era stata abusata dall'età di 13 anni fino al compimento del 17esimo anno da un parroco molisano (ora in carcere) finisce sul tavolo del ministro Marta Cartabia. Il senatore Fabrizio Ortis ha presentato una interrogazione alla Guardasigilli chiedendo se non intenda mandare ispettori presso alla Procura di Termoli per come è stato gestito il caso: in pratica il procedimento a carico dell’ex parroco di Portocannone, don Marino Genova, venne diviso in due tronconi durante le indagini preliminari, separando così gli abusi avvenuti fino al compimento del 14esimo anno dell'allora adolescente, da quelli accaduti successivamente a quella data.

Tutto ruota, infatti, intorno all’espressione del libero consenso, che secondo l’ordinamento italiano è prevista al compimento dei 14 anni.

Il parroco, nel frattempo, è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione a 4 anni e 10 mesi di reclusione ma per atti sessuali con minorenne, con riferimento solo agli abusi perpetrati fino a quando Giada aveva 14 anni. Per quanto accaduto dopo i 14 anni i reati sono stati archiviati su duplice richiesta dello stesso pubblico ministero. 

Nella interrogazione parlamentare si legge che Giada «non fu mai sottoposta né a una perizia né a un incidente probatorio; e ciò, per entrambi i periodi in cui fu diviso il suo fascicolo. È quindi anche a causa di queste gravi mancanze che, dopo la prima archiviazione (avvenuta nel 2016), il legale della giovane presentò nel 2017 un’istanza per la riapertura delle indagini: riapertura che poi avvenne nel febbraio del 2018, quando la Pm concentrò la sua attività investigativa nell’escutere i medici e gli psicologi che avevano in cura Giada Vitale; dopo un anno e mezzo di totale immobilismo, nell’ottobre del 2019, la stessa pm richiedeva però poi l’archiviazione del procedimento».

Secondo il parlamentare durante la attività istruttoria sarebbero emersi tuttavia, elementi di grande rilievo sotto il profilo probatorio. Gli psicologi sentiti, infatti, descrissero una condizione di fragilità psichica e uno stato di grave costernazione psicologica della vittima. In particolare due psicologhe affermarono che Giada si trovava, al momento dei fatti, in uno stato di forte soggezione. In pratica la vittima «non poteva dare il suo consenso in modo libero e spontaneo dopo il compimento dei 14 anni perché vittima di esperienze sessuali precedenti traumatizzanti ed assoggettata al controllo psicologico di Don Marino che lo esercitava attraverso una falsa affettività». 

«Il trauma dell’abuso sessuale ha provocato danni irreversibili nella normale evoluzione della maturazione della vittima (...) Pensare che una ragazzina di tredici e poi quattordici anni possa avere una relazione con un uomo di 55 anni è un oltraggio al diritto, alla psicologia e soprattutto all’infanzia. Una posizione folle e, inoltre, istigante, che può far pensare ai pedofili sia lecito manipolare e poi abusare una vittima». 

Ad aggravare il caso il fatto che dopo aver denunciato Don Marino, la ragazza è stata vittima di bullismo e diffamazione. La ragazza ha sporto più volte querela, ma le denunce sono state sistematicamente ignorate, senza che abbiano dato luogo a nessun tipo di provvedimento.

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