Papa Luciani, nella foto della beatificazione la prima donna ad aver “certificato” la santità di un pontefice

Davanti al Papa, sotto la pioggia battente, vicino al vescovo e al cardinale nel rito per chiedere la beatificazione di Giovanni Paolo I, Stefania Falasca era effettivamente un elemento nuovo

Papa Luciani, nella foto della beatificazione spicca la prima donna ad aver certificato la santità di un pontefice
di Franca Giansoldati
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Martedì 6 Settembre 2022, 11:08 - Ultimo aggiornamento: 7 Settembre, 12:20

Altro che manel. La fotografia è scattata sotto la pioggia il giorno della beatificazione di Giovanni Paolo I, sul sagrato di San Pietro domenica mattina, e riporta onestamente, senza slabbrature, né imprecisioni di sorta quanto sia ancora sbilanciato il peso femminile all'interno del Vaticano. Misoginia pura. Nel settore riservato ai celebranti, tra vescovi, monsignori e arcivescovi in pompa magna, si notava in un angolo, seduta quasi in disparte, una donna. Non era ovviamente lì a caso perché è soprattutto a lei che si deve il passo con il quale ha marciato in questi anni la causa di beatificazione del Papa del Sorriso, un iter complesso, lungo, per nulla scontato e pieno di ostacoli.

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È l’unica del gruppo che veste in blu, appare più piccola di quanto non sia, capelli raccolti e un filo di perle, unico vezzo concesso, totalmente accerchiata da una coreografia composta da austere figure in abiti liturgici.

Sembra quasi rivendicare la sua solitudine. Davanti al Papa, sotto la pioggia battente, vicino al vescovo e al cardinale nel rito per chiedere la beatificazione di Giovanni Paolo I, Stefania Falasca era effettivamente un elemento nuovo. È infatti la prima volta che l’incarico di vice postulatrice della causa di un Pontefice è stato affidato a una donna: dottorato di ricerca a Tor Vergata proprio sugli scritti di Luciani, studiosa di lungo corso della sua vita e delle sue opere, autrice di volumi solidi sulla base delle carte e divulgatrice da decenni del suo magistero, anche in qualità di giornalista e dal 2020 vicepresidente della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I. In questi anni Falasca è andata avanti come un trattore nonostante lo scetticismo che spesso ha incontrato. Nonostante le traversie e gli ostacoli da parte di chi riteneva che forse quel pontificato brevissimo non fosse così importante.

È ancora lei che attingendo alla documentazione clinica, coeva morte, riservata e posta sotto segreto del Vaticano, alla luce delle carte, ha liquidato in modo definitivo la fake news che Giovanni Paolo I fosse stato assassinato la notte tra il 28 e il 29 settembre 1978. E ha dimostrato che quell’uomo, referti medici alla mano, è scomparso di morte improvvisa a causa di una sofferenza cardio-vascolare. Sempre a lei si deve la creazione della Fondazione vaticana intitolata a Giovanni Paolo I, deputata alla conservazione del patrimonio ereditario delle sue carte, agli studi e alla ricerca. Ente, che per il papa veneto, una sorta di 'cenerentolo' dei papi del Novecento, nessuno aveva mai pensato di istituire, e oggi è titolare dell’Archivio privato di Albino Luciani, che dall’appartamento vaticano era stato rimandato a Venezia.

 

Con la pazienza di Arianna, prendendo in mano il filo, ha raccolto da oltre settanta archivi le membra sparse e disperse di un corpo, e ha poi redatto la Positio super Virtutibus per la sua causa di canonizzazione, dimostrando che si trattava della vita di un cristiano fuori dal comune, salito quasi per acclamazione al Soglio di Pietro e con un messaggio valido per la Chiesa e il mondo di oggi. Ha scavato anche negli affetti dei familiari di Luciani, non ha tralasciato nessun particolare. Ha bussato alle porte dei cardinali per cercare di appianare gli intoppi che non sono mancati e a volte spuntavano come funghi dietro le quinte. Instancabile e tenace ha creato legami tra realtà poco affini, tra le montagne agordine e l'atmosfera rarefatta della curia romana.

E poi spesso da sola, con intelligenza, pazienza e buon senso, a riprendere in mano le cose, a risolverle, a gestire l’avvio della Fondazione e gettare le basi per la custodia di un patrimonio teologico e umano di valore immenso. «Io ti ringrazio a nome mio e della Chiesa» le ha detto il Papa al momento di saluto dopo il rito di beatificazione. In quella foto la sua sagoma piccolina non poteva passare inosservata, bastava una occhiava veloce e si capiva che se si trovava lì lo si doveva a qualcosa di grande, di molto più grande di quella solitudine apparente che certificava ancora una volta quanto al di là del Tevere la condizione femminile sia ancora da avviare realmente.

Proprio in questi giorni a denunciare (per l'ennesima volta) i ritardi e gli anacronismi della Chiesa sul fronte della parità femminile si è levata la voce autorevole della ex prima ministra irlandese, Mary Macaleese che ha criticato duramente il Vaticano per la solita misoginia di fondo, più volte accertata e perennemente presente nella mentalità  anche se Papa Francesco ripete come un ritornello durante le interviste (l'ultima alla CNN portoghese un mese fa) che la volontà sarebbe una corrente di giustizia e non tanto una moda femminista. 

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