Morto don Gino Belleri, leggendario libraio di sei Papi in Vaticano: dalla "sua" libreria sono passati cardinali, giornalisti e politici

don Gino Belleri
di Franca Giansoldati
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Lunedì 16 Maggio 2022, 17:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 06:11

Città del Vaticano - E' stato il leggendario libraio di ben sei Papi e dalla sua libreria, la Leoniana, a due passi dal Colonnato di San Pietro, sono passate schiere di cardinali, vescovi e giornalisti ma pure di politici e persino un presidente della Repubblica, Francesco Cossiga che si riforniva di libri solo dal suo amico don Gino Belleri scomparso stamattina, all'età di 93 anni, in una clinica a Roma. Don Gino in Vaticano è sempre stata una istituzione. Fino a qualche anno fa si vedeva arrivare sul suo motorino scassato che ha guidato fino a ottant'anni suonati, facendo la spola tra la libreria che aveva fondato su impulso di Paolo VI, bresciano come lui, e Villa Giuseppina, la casa di cura delle suore Ancelle della Carità, al Portuense, dove venivano ricoverate malate psichiche gravi e di cui è stato per sessant'anni il cappellano.

Appassionato di manoscritti antichi, icone, teologia e narrativa don Gino trascorreva la giornata tra gli scaffali dei libri e il suo minuscolo ufficio ricavato da un soppalco dove entravano e uscivano nunzi apostolici in transito a Roma, cardinali stranieri oltre che monsignori di curia desiderosi di avere notizie fresche sulle ultime novità d'Oltretevere.

A qualsiasi ora della giornata nella stanza di don Gino, sotto un arazzo siriano raffigurante la Madonna, il via e vai di ecclesiastici era continuo tanto che a volte si vedeva la fila di persone in attesa di poter parlare con lui. Inutile dire che la Leoniana divenne ben presto, a partire dal dopo Concilio, un punto di riferimento sicuro per conoscere i retroscena delle politiche vaticane, delle nomine di curia, del borsino di chi saliva e chi scendeva nella scala del potere vaticano. Durante il periodo della Sede Vacante, nei giorni del pre-conclave, non era difficile incontrare i cardinali stranieri che, con la scusa di un libro da acquistare, si fermavano da questo sacerdote originario della Val Trompia, sempre sorridente e arguto, a scambiare quattro chiacchiere e analizzare la situazione del mondo. Naturalmente questo rendeva la libreria una fucina di informazioni e un luogo privilegiato per i vaticanisti alla continua caccia di notizie.

Lo storico portavoce Joaquin Navarro Valls, durante il pontificato di Giovanni Paolo II, scherzava (ma non troppo) sul fatto che l'ufficio di don Gino era di fatto «una sorta di sala stampa vaticana parallela». Da lì sono uscite decine di anticipazioni di documenti importanti, di encicliche sottoposte al segreto ma pure notizie clamorose, per esempio l'esistenza di un carteggio che nessuno conosceva tra il turco Alì Agca e il cardinale Silvio Oddi sull'attentato di Wojtyla o sulla scomparsa di Manuela Orlandi. O quando l'arcivescovo dello Zambia, Milingo decise di sposarsi con la agopunturista coreana Maria Sung, e scelse di raccontare tutto a don Gino chiedendogli di farsi da tramite con l'allora Prefetto dei Vescovi, cardinale Re (attuale decano del Collegio Cardinalizio) al quale tocco' gestire la scomunica e una grana di grosse proporzioni.

Don Gino era dotato di una memoria incredibile e di una cultura sterminata e non si accontentava di ascoltare chiunque passasse per due chiacchiere, ma orientava di fatto l'informazione "parallela" convinto che la trasparenza dovesse essere una cifra importante per raccontare meglio il Vaticano e fare conoscere la Storia che si dipanava all'interno, liberandola di fatto dalle gabbie precostituite e ingessate dei bollettini della sala stampa ufficiale. Era un archivio vivente: nel corso della sua vita ha visto ben sette conclavi ed è stato amico di diversi pontefici. La sua cifra umana era la bontà che esercitava quotidianamente aiutando le persone in difficoltà che bussavano alla Leoniana e gravitavano nei pressi di Borgo Pio: senzatetto, sbandati e anziani socialmente fragili. Latinista eccellente amava ripetere ai suoi interlocutori una frase di Seneca che, tra l'altro, teneva bene in vista su un post-it sulla lampada da tavolo della piccola scrivania perennemente intasata di carte, libri, riviste:  «Non e' vero che abbiamo poco tempo: la verità e' che ne perdiamo molto».

Tra gli episodi più curiosi capitati tra le mura di quella storica libreria l'avere ospitato l'allora senatore a vita, Francesco Cossiga che - per un giorno - si trasformò in un commesso con un gruppo di cardinali. Don Gino ripeteva a tutti i suoi clienti che i libri, il sapere e la cultura aiutano le persone ad essere libere e la lettura, la meditazione, l'analisi sono strumenti di crescita da non abbandonare mai. Una convinzione che condivise con Paolo VI, con il quale ebbe una serrata corrispondenza.

L'attività di libraio la iniziò a cavallo del Concilio. Qualche settimana dopo l'elezione di Giovanni XXIII andò a trovarlo il segretario, Loris Capovilla, che conosceva bene. Gli chiese se avesse un libro di meditazioni di un autore francese, Cordouis. Papa Giovanni, nunzio a Parigi nel dopoguerra, lo amava particolarmente ma aveva dimenticato il libro a Venezia. L'indomani don Gino si presentò alla Terza Loggia ed entrò nell'appartamento; Capovilla era impegnato, e gli disse: «Portalo tu al Papa, è in biblioteca». Giovanni XXIII lo ringraziò, e gli chiese da dove venisse. Bergamasco Roncalli, bresciano Belleri: cominciarono a chiacchierare fino a che il 'papa buono' gli confessò: «Sai, io qui sono solo, sono un prigioniero». Papa Giovanni si affacciò alla finestra e rivolgendosi a don Gino gli confessò: «E' bello, è bello ma vienimi ancora a trovare, mi sento solo'».

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