Papa Francesco a marzo 2021 andrà in Iraq (Covid permettendo)

Papa Francesco a marzo 2021 andrà in Iraq (Covid permettendo)
di Franca Giansoldati
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Lunedì 7 Dicembre 2020, 12:37 - Ultimo aggiornamento: 19:15

Città del Vaticano - Il primo viaggio post Covid che farà Papa Francesco sarà in Iraq. L'importante annuncio è stato fatto stamattina dal Vaticano. Un comunicato di poche righe ha informato che il pontefice ha accettato l'invito che gli era stato fatto dalla Repubblica dell'Iraq e dalla chiesa cattolica locale. Una minoranza ormai ridotta al lumicino dopo la guerra del 2003, l'arrivo dei fondamentalisti, le difficoltà evidenti e un accordo sulla loro presenza che non è mai sostanzialmente decollato.

Il viaggio, coronavirus permettendo (visto che si teme la terza ondata di contagi proprio per l'inizio primavera),  avverrà dal 5 all'8 marzo.

Il programa di viaggio è complesso: una tappa a Bagdad, seguita da Ur dei Caldei, dove secondo la tradizione vi sarebbe stata la casa di Abramo, poi la città di Erbil, Mosul e Qaraqosh, nella piana di Ninive.  In più occasioni il Papa, in passato, ha dovuto rinunciare al viaggio in Iraq perchè le condizioni relative alla sicurezza non permettevano alcuna pianificazione. 

Il Vaticano non ha fornito alcun dettaglio ulteriore. Vista la situazione molto fluida e la difficoltà di prevedere l'andamento dei contagi è molto probabile non solo che il viaggio possa slittare ad altra data, ma che il Papa viaggerà da solo, senza seguito e senza la stampa, un po' come ha fatto ad Assisi a ottobre, quando ha firmato l'enciclica Fratelli Tutti. 

L'annuncio ha preso in contropiede tutti, nessuno se lo aspettava. Per Aiuto alla Chiesa che Soffre - la fondazione che sostiene i cristiani perseguitati nel mondo - la notizia del Papa che riprende a viaggiare iniziando proprio dall'Iraq è un «segnale di grande speranza per la comunità cristiana». Dopo la sconfitta militare dell’Isis nel 2017 la popolazione cristiana irachena si è trovata di fronte a problemi enormi: circa 20.000 famiglie scacciate dalla sola Piana di Ninive e quasi 15.000 case da ricostruire. Al terrore islamista si è contrapposta una risposta organizzata e duratura, coordinata dal Nineveh Reconstruction Committee (NRC) e frutto dell’impegno delle Chiese locali e delle comunità cristiane internazionali. 

«Secondo gli ultimi dati disponibili, a metà 2020 più della metà (8.166) delle 14.828 abitazioni danneggiate appartenenti a famiglie cristiane nella Piana di Ninive e inserite nel piano di intervento erano state ricostruite», precisa Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre.

ACS ha fornito 6,5 milioni di euro per la ricostruzione di 2.860 case in sei centri della Piana, cioè il 35% del totale delle abitazioni ricostruite. Attualmente le case in fase di riparazione sono circa 290. I cristiani ritornati nella Piana sono oltre 37.000, cioè quasi il 45% delle famiglie originariamente presenti nell’area, un risultato confortante ma che non deve far dimenticare che vi sono oltre 2.000 famiglie cristiane desiderose di tornare nelle proprie cittadine nonostante la mancanza di lavoro, la scarsa sicurezza, le gravi difficoltà politiche, la carenza di infrastrutture.

La fondazione pontificia è attualmente impegnata in una nuova fase del piano di intervento, e cioè la ricostruzione delle strutture gestite dalla Chiesa nei centri cristiani della Piana. L’87% delle 363 strutture interessate (34 totalmente distrutte, 132 incendiate e 197 parzialmente danneggiate) svolge anche funzioni sanitarie, di sostegno sociale ed educative.

I rischi però tuttora incombono sulla comunità cristiana locale. «Se la comunità internazionale non interverrà tempestivamente a suo sostegno, l’emigrazione forzata nell’arco di quattro anni potrebbe ridurre la popolazione cristiana dell’80% rispetto a quella precedente l’aggressione dell'Isis. Si profila pertanto lo spettro della totale estinzione della presenza cristiana», precisa Monteduro. «Attualmente il numero di quanti emigrano è maggiore di coloro che tornano. Da una ricerca sul campo sappiamo che il 57% dei cristiani considera di emigrare, e di questi il 55% pensa di farlo entro il 2024», conclude Monteduro.

La visita annunciata da Papa Bergoglio avverrà a ridosso delle elezioni. Il presidente dell'Iraq, Barham Salih, e l'ex primo ministro e presidente della Coalizione per lo Stato di diritto, Nuri al Maliki, proprio in questi giorni hanno discusso della situazione nel Paese e di come garantire l'integrita' delle prossime elezioni legislative. Entrambi hanno anche sottolineato la necessita' di creare condizioni appropriate per lo svolgimento delle prossime elezioni fissate per il 6 giugno 2021, anche se su richiesta della Alta commissione elettorale di Baghdad potrebbero essere posticipate di qualche mese.

Da Baghdad il Patriarca caldeo racconta che da più di un mese era a conoscenza della notizia. «Questa visita è come un nuovo Natale per noi» ha detto il cardinale Louis Raphaël I Sako, intervistato da Vatican News.

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