Ravasi: «Le Chiese dismesse? Evitiamo di trasformarle in moschee»

Ravasi: «Le Chiese dismesse? Evitiamo di trasformarle in moschee»
di Franca Giansoldati
4 Minuti di Lettura
Sabato 1 Dicembre 2018, 09:03 - Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 08:19
Come conservare, salvaguardare, difendere. Partendo dalla prospettiva che il patrimonio ecclesiastico europeo comprende anche migliaia di chiese inutilizzate per mancanza di fedeli e sacerdoti, il Vaticano si interroga sull'uso al quale destinarle. Per due giorni alla università Gregoriana esperti da tutta Europa hanno fatto il punto della situazione guardando lontano, all'orizzonte, dove la secolarizzazione lascia il passo all'avanzata delle comunità musulmane. Il Pew Research Center stima che l'Islam arriverà a raggiungere 58 milioni di fedeli nel 2030.

Cardinale Gianfranco Ravasi secondo lei può essere utile l'iniziativa di quelle forze politiche che si battono affinché i simboli cristiani tornino nei luoghi pubblici (penso alla Lega in Italia ma anche, in Germania, alla iniziativa del nuovo governatore bavarese, il cristiano sociale Söder)?
«Prima di rispondere vorrei sottolineare che si dovrebbe evitare di strumentalizzare il simbolo cristiano per altre finalità, penso alle strumentalizzazioni politiche, e lo dico a scanso di equivoci. I grandi simboli religiosi che in passato erano propri di una nazione (e oggi sono ancora parte della loro grande eredità) possono effettivamente essere riproposti ma in un contesto che tenga conto della distinzione tra fede e politica».

Quindi il crocifisso o il presepe dovrebbero tornare nelle scuole per esempio...
«Direi di sì ma nei luoghi in cui c'è una comunità che si riconosce in quei simboli. Lì il ritorno è possibile ed anche auspicabile come memoria storica di un popolo, di una comunità ma senza finalità surrettizie».

Il cristianesimo in Europa sta battendo in ritirata. Le proiezioni delineano un lento declino, il destino della Chiesa cattolica è l'irrilevanza?
«Irrilevante proprio no anche perché l'eredità cristiana dal punto di vista storico non è ancora minoranza in Europa. Anzi, è chiaramente maggioranza. Tutti i segni che noi abbiamo sono ancora quelli cristiani. Segni che non dobbiamo distruggere: sono parte del nostro passato storico e del nostro presente e continuano a vivere ancora nei grandi monumenti cristiani. Per questo vanno tutelati anche se non siamo più credenti o praticanti».

Il Papa, anche ieri mattina, ha detto che la nostra civiltà è cristiana ma vive in modo pagano
«Il Papa faceva riferimento al fatto che esiste una minoranza di autentici cristiani accanto ad una maggioranza di persone che, in un censimento o in una dichiarazione estrinseca, si definirebbero sicuramente cristiani anche se la loro opzione esistenziale è ben diversa. Naturalmente questo non mette in discussione che l'identità europea sia di matrice cristiana. Differente, invece, è l'eventuale aggregazione di altre presenze religiose: così che più che eliminare crocefissi (come propongono alcuni), sarebbero da aggiungere altri segni se questi diventano una presenza stabile».

Questo significa che in futuro si potrebbe ipotizzare la trasformazione delle chiese inutilizzate in moschee?
«Se in un quartiere o in una città sorgono nuove necessità di culto da parte della comunità islamica, allora si deve costruire una moschea, con tutte le condizioni d'uso necessarie. Più difficile trasformare in moschea una chiesa inutilizzata. Le identità sono troppo diverse tra questi due luoghi di culto. Ma se sorgono necessità ecco che la moschea sarà un segno nuovo dentro un quartiere, come del resto è avvenuto in tante città americane».

Per l'Europa è un po' shoccante, non trova?
«Certo: sempre ci sarà una buona dose di emotività. Anche a Roma da anni c'è la moschea di Monte Antenne e ormai non crea più scandalo. Io direi che fermo restando l'identità storica e l'identità attualmente prevalente (che è quella cristiana) bisogna tutelare i segni, i simboli. Purtroppo i cristiani europei stanno perdendo valore e identità ed è un problema di tipo pastorale, culturale e sociale. Siamo una minoranza ma non dobbiamo ridurci a una casta, vivere come una sorta di specie protetta. Dobbiamo essere presenti come spina nel fianco, come lievito».

Cosa prevede a proposito della dismissione delle chiese a Roma?
«Tante chiese che non erano utilizzate sono state date ad altre confessioni cristiane. Per ora bisogna tenere conto che molte chiese sono di proprietà dello Stato e non nostre. Santa Maria degli Angeli per esempio. Per il centro storico l'impegno sarà di conservare luoghi di culto simbolici ma anche storici. I visitatori che arrivano non devono trovare una città che è l'equivalente del cuore di New York, ma una città con una storia profonda. Bisogna conservare anche se le chiese che non hanno un culto immediato. Vanno tutelate come segni, simboli delle nostre radici».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA