Libri, pubblicato il Gesù di Dreyer, progetto finora inedito: i romani come nazisti e gli zeloti i partigiani

Carl Theodore Dreyer
di Franca Giansoldati
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Venerdì 17 Febbraio 2023, 19:00 - Ultimo aggiornamento: 19:37

Esce tradotto dopo tanti anni in forma di libro il progetto inedito del film su Gesù del grande cineasta danese Carl Theodor Dreyer (1899-1968). Un'opera simbolica e potente: anziché prendere la narrazione tradizionale dei Vangeli Dreyer l'aveva interpretata e trasportata ai tempi della persecuzione nazista. Voleva leggere il presente, ricostruendo le scene, storicizzando gli eventi: i romani diventano così i nazisti; gli zeloti i partigiani; alcuni dei sommi sacerdoti come dei collaborazionisti. Per contestualizzarla Dreyer si documenterà per anni e anni, imparando perfino l’ebraico e studiando clima, territorio, fauna e flora della Palestina.

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Uno degli intenti del regista con questo film su Gesù era quello di scagionare gli ebrei dall’accusa di deicidio, e responsabilizzare della sua crocifissione i coloni romani paragonati a nazisti.

Era sua intenzione, infatti, come viene spiegato nel libro «Gesù. Il film di una vita», pubblicato da Iperborea (424 pagine, 19,50 euro con la postfazione affidata a Goffredo Fofi) discolpare gli ebrei dalla responsabilità di aver ucciso Cristo poiché era una accusa divenuta una micidiale arma di propaganda dai nazisti, dal Terzo Reich o almeno da chi li appoggiava, anche in Danimarca.

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Il libro curato da Marco Vanelli, studioso e critico cinematografico, sottolinea che la religione – intesa nel senso letterale di legame fra gli uomini – negli oltre venti film diretti da Dreyer, ma soprattutto nei suoi tre capolavori - La passione di Giovanna d’Arco, Dies Irae, Ordet -, appare come una «sovrastruttura umana che contrasta con il messaggio evangelico e reprime ogni impulso spirituale che non rientri negli schemi istituzionali. Gli uomini e le donne di Dio sono incompresi, perseguitati, messi al bando, uccisi». 

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A Dreyer  interessa soprattutto storicizzare Gesù e per questo Dreyer cominciò a contemplare l'idea un film del genere sin dagli anni ’30, ma fu soprattutto dopo l’occupazione nazista che il progetto si delineò meglio: i romani erano come i tedeschi e il popolo ebraico, un tempo come allora, era vittima di persecuzioni. 

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 «Quanti idealisti politici e religiosi, prima e dopo Gesù, sono stati uccisi per necessità politiche o religiose, e sempre in nome del popolo?» si chiedeva Dreyer. Quando la Danimarca viene invasa dai nazisti per il regista l’idea di un film su Gesù diventa finalmente un progetto. Secondo Goffredo Fofi nella postfazione Ii Gesù di Dreyer scardina l’ordine delle cose con l’empatia, la compassione, l’attenzione agli ultimi, e in cambio richiede una fede profonda che, per l’autore non praticante, è un nodo di riflessione e una conquista in tarda età. Ma l’umanissimo figlio di Dio che il regista danese descrive, a volte arrogante e a volte rabbioso, nasce da una lettura personale del testo biblico, rimuginata nel corso di trent’anni, che razionalizza i miracoli e perdona i carnefici, convinti ingenuamente di essere parte del disegno divino.

Mai tradotta in immagini per la morte dell’autore, è rimasta solo nella sceneggiatura definitiva, scritta per la Rai nel 1967 e inedita fino a oggi. Così dalle pagine esce un testamento spirituale di un regista visionario, austero, essenziale, che guarda alla storia fondativa della cultura occidentale.

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