Becciu e il giallo del bonifico durante il processo a Pell

cardinale becciu ultime notizie bonifico pell ultime notizie 2 ottobre 2020
di Valentina Errante
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Venerdì 2 Ottobre 2020, 00:37

Nella congiura di palazzo, che vede protagonisti laici e porporati e il Vaticano truffato per quasi 500 milioni di euro, adesso è il momento della resa dei conti. Indiscrezioni sussurrate e dichiarazioni rese a verbale. Atti d’accusa che gettano più di un sospetto, ricatti e e minacce. Come le circostanze riferite da monsignor Alberto Perlasca, inchiodato alle sue responsabilità per il fallimentare affare di Londra, che ancora costa alle casse della Santa sede. Perlasca, che ha rischiato l’arresto, ha deciso di parlare e raccontare di alcune attività sospette del cardinale Angelo Becciu, ex delfino del Papa e silurato improvvisamente dallo stesso Francesco una settimana fa. 

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Nei racconti di Perlasca non ci sarebbero soltanto le “donazioni” di Becciu alla coop del fratello in Sardegna, per centinaia di migliaia di euro, attraverso la Caritas di Ozieri, ma anche un bonifico di 700 mila euro su un conto australiano, proprio mentre si svolgeva il processo al cardinale George Pell, il nemico di Becciu, già prefetto della segreteria per l’economia che tuonava sulla necessità di riordinare le finanze vaticane. La storia è nota, Pell accusato di molestie sessuali, è stato condannato a fronte delle testimonianze degli ex chierichetti e poi prosciolto dall’Alta Corte. Circostanze tutte da verificare, forse veleni, che sono però già costate a Becciu il cardinalato. Il ruolo di Perlasca, ex braccio destro del cardinale sardo, invece, è già stato verificato e agli atti ci sono i suoi bonifici a Mincione per l’affare capestro, sconsigliato dalla Gendarmeria, a favore del finanziere Raffaele Mincione. «Nonostante da un’informazione della Gendarmeria del 20 giugno 2013 - si legge negli atti Vaticani - fossero elementi reputazionali negativi a carico di Raffaele Mincione, la Segreteria di Stato ha continuato ad operare con il faccendiere». 

È Perlasca ad avere seguito l’operazione londinese sin dagli esordi. Insieme al funzionario Fabrizio Tirabassi, anche lui indagato, all’investimento gestito dal finanziere Raffaele Mincione, nonostante l’alert della Gendarmeria sconsigliasse rapporti con il finanziere. Ed è Perlasca che, nel marzo 2019 propone di prelevare 20 milioni di euro dal fondo personale del Papa. Soldi che servivano per chiudere la partita con Gian Luigi Torzi, il broker arrestato lo scorso giugno (e poi liberato) dalla Gendarmeria. Sul deposito del pontefice voleva anche creare una scopertura di 8 milioni di sterline. Non si sa se le dichiarazioni del monsignore che ha agito a fianco di Becciu siano menzogne. La Gendarmeria è ancora al lavoro. Di certo, per il promotore di giustizia, tra il 2014 e il 2017, Perlasca dava una serie di disposizioni che hanno contribuito a depauperare le casse vaticane e arricchire speculatori. Dal luglio 2014, quando dà disposizione sul fondo Athena capital global, nel quale la Santa sede entra pagando 200 milioni e 500 mila euro ed è gestito da un altro fondo, riconducibile a Mincione, effettua una serie di investimenti folli, che avrebbero soltanto avvantaggiato speculatori e danneggiato il Vaticano. 

L’elenco degli inquirenti è lungo: depositi in conti correnti Deutsche bank per 38 milioni di dollari, acquisizione di azioni della società Stroso Jersey per circa 13 milioni di dollari sottoscrizione di bond emesso dalla Time and life sa(che faceva capo a Mincione) per 16 milioni di dollari, finanziamenti a Cessina Limited (a cui fa capo un’altra iniziativa immobiliare di Mincione) per 20 milioni di dollari, acquisizione del 30 per cento di Alex srl (anche in questa iniziativa Mincione detiene una parte del pacchetto), acquisizione di 26 unità del fondo immobiliare Tiziano San Nicola della Sorgente sgr, acquisizione di azioni di banca Carige, acquisizione di azioni della banca popolare di Milano, sottoscrizione 3,9 milioni di euro di obbligazioni della società italiana Sierra one, che aveva acquisito i crediti vantati dal Fatebene Fratelli con la Regione Lazio e che si era impegnata a riconoscere i crediti a una società che fa capo all’altro finanziere protagonista di questa storia. Iniziative adesso contestate al monsignore che cerca di difendersi accusando.
 

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