Abusi, Università Pontificia ritira laurea al gesuita Rupnik abusatore seriale di suore: «Indegno» mentre il Vaticano tace

Abusi, Università Pontificia ritira laurea al gesuita Rupnik abusatore seriale di suore: «Indegno» mentre il Vaticano tace
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 15 Febbraio 2023, 11:07 - Ultimo aggiornamento: 16:27

Città del Vaticano - Mentre in America Latina, nella Pontificia Università del Paranà, è stato deciso all'unanimità dal corpo docente di revocare per indegnità la laurea honoris causa al gesuita artista padre Marko Rupnik, visto il suo passato scomodo e imbarazzante di molestie sessuali su donne laiche e religiose, in Vaticano continua a resistere un ostinato silenzio. L'assenza di trasparenza in questo brutto caso di abusi evidenzia coperture ai massimi vertici della Chiesa: ad oggi nessuno ha sciolto il dilemma se a togliere la scomunica a Rupnik per aver violato il gravissimo reato canonico dell'assoluzione di complice sia stato 'solo' il prefetto della Congregazione della Fede, il cardinale gesuita Ladaria, oppure se la decisione sia stata presa direttamente da Papa Francesco.

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«La Pontificia Università Cattolica del Paraná (PUCPR) comunica che, alla luce dei fatti ampiamente riportati sugli eventi che hanno coinvolto Marko Ivan Rupnik, il Consiglio dell'Università della PUCPR, in una sessione straordinaria tenutasi il 13 febbraio 2023, in conformità con la Risoluzione n. 01/2023, ha approvato la revoca del titolo di Dottore Honoris Causa conferito il 30 novembre 2022 all'artista sloveno, ritenendolo "indegno" di tale omaggio» si legge nella delibera universitaria.

Allo stesso modo altre istituzioni stanno valutando di ritirare analoghi conferimenti e, in parallelo, cresce la spinta a demolire i manufatti artistici di Rupnik – mosaici di scene evangeliche - contenuti in tante cappelle, chiese, monasteri del mondo. La domanda che viaggia sul we è sempre la stessa: è moralmente accettabile mantenere all'interno di un luogo sacro, dove la gente va a pregare e cercare Dio, le opere di un abusatore seriale? 

Più che un rompicapo ormai sembra un vicolo cieco. Il brutto caso del gesuita Marko Rupnik, accusato da diverse religiose di violenze sessuali e manipolazione della coscienza, è diventato l'esempio della scarsa trasparenza in Vaticano in tema di abusi sessuali. Le vicende legate a questo artista famosissimo e con amicizie importanti a ogni livello della Chiesa arrivano persino a gettare un'ombra sul pontificato. Papa Francesco in una intervista alla Associated Press ha però tagliato corto assicurando di non aver avuto nessun ruolo nella sua gestione. Eppure tanti dubbi restano sul tappeto.

Papa Francesco in una intervista recente alla Ap ha smentito di avere avuto parte nel caso Rupnik: «Per me è stata una sorpresa, davvero. Questa persona, un artista di questo livello, per me è stata una grande sorpresa e una ferita». Francesco ha anche aggiunto di volere maggiore trasparenza. «E con la trasparenza arriva una cosa molto bella, che è la vergogna. La vergogna è una grazia».

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Di fatto il giallo resta ancora insoluto. Dopo una prima indagine all'interno della Compagnia di Gesù, il dossier era passato in Vaticano e il gesuita artista venne infatti condannato dalla Congregazione della Fede per il crimine canonico dell'assoluzione di complice che prevede la scomunica immediata del reo. Per la Chiesa si tratta di un peccato gravissimo. Rupnik però fu misteriosamente graziato poco tempo dopo, a suo favore intervenne una misura speciale che, tecnicamente, spetta  solo al pontefice. 

Ma Papa Francesco ha spiegato  alla Ap di essere intervenuto sul caso Rupnik solo proceduralmente e per mantenere la seconda serie di accuse delle nove donne vittime di abusi con lo stesso tribunale perché altrimenti «i percorsi procedurali si sarebbero divisi e poi tutto si confonde». Quanto al fatto che il Vaticano non abbia rinunciato alla prescrizione, il Pontefice concorda che sia giusto rinunciare «sempre» ai termini di prescrizione per i casi che coinvolgono minori e «adulti vulnerabili, per mantenere invece le tradizionali garanzie legali con i casi che coinvolgono altri soggetti». 

Le parole di Francesco hanno finito per far nascere ulteriori interrogativi oltre a quelli già esistenti. Tanto che la stampa americana ha subito evidenziato che i conti non quadrano. Se nel gennaio 2020 i giudici della Congregazione della Dottrina della Fede in modo unanime riconobbero Rupnik colpevole del gravissimo crimine, e nel maggio 2020 la scomunica fu cancellata con un colpo di spugna dal cardinale prefetto Ladaria (che difficilmente agisce autonomamente avendo bisogno di un placet superiore, quindi del Papa), la domanda che resta sul tappeto è che cosa sia accaduto dietro le quinte.

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Chi è intervenuto per aiutare il gesuita Rupnik? Ad aggravare il quadro ci fu  una altra strana decisione: nel marzo 2020 il Vaticano decise di affidare gli esercizi spirituali della curia proprio al gesuita che era stato appena scomunicato tanto che  effettivamente fu lui a predicare a cardinali e vescovi prima della quaresima di quell'anno. «Come è stato possibile che il Vaticano abbia affidato la predicazione degli esercizi spirituali al gesuita che era appena stato scomunicato dalla Congregazione della Dottrina della Fede?». Rupnik era stato chiamato a sostituire all'ultimo momento il predicatore padre Cantalamessa che era a casa con l'influenza. 

Il sito para vaticano Sismografo annota: «Non si sa chi prese la decisione di chiamare Rupnik. I massimi responsabili della Segreteria di Stato erano ancora ad Ariccia per l'annuale settimana di Esercizi spirituali e il Papa faceva altrettanto a Santa Marta, colpito da raffreddore. Questo tipo di decisione in teoria spetta al Sostituto della Segretaria di stato, il venezuelano Peña Parra. Il Sostituto è una persona molto vicina al Papa ed è possibile che Peña Parra abbia parlato con il Pontefice  della situazione venutasi a creare con l'impedimento di padre Cantalamessa. Il nome del gesuita Rupnik poteva venire fuori in modo spontaneo e immediato non solo per l'esperienza del sacerdote in materia di Esercizi spirituali ma anche per la relazione molto stretta con Papa Bergoglio».

In Vaticano è risaputo che Rupnik ha goduto di amicizie e coperture influenti già ai tempi di Wojtyla. I gesuiti della Compagnia di Gesù di recente hanno fatto un riassunto del doloroso caso  evidenziando che da parte loro era già stata aperta una inchiesta preliminare per fare chiarezza sulle accuse di  «molestie sessuali e di assoluzione di una complice (...) nel peccato contro il sesto comandamento».

Già nel 2019 l'indagine preliminare aveva appurato che le «accuse erano credibili» e che era stato inviato un plico alla Congregazione per la Dottrina della Fede;  nel frattempo a Rupnik erano state imposte "misure restrittive cautelari" a gennaio 2020, qualche settimana prima della predica per la Curia romana del primo venerdì della Quaresima, all'unanimità fu emessa la sentenza di colpevolezza: «c’è stata effettivamente l’assoluzione di una complice».

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