Pressing del Vaticano sulla Cei, sugli abusi «è sbagliato avere atteggiamenti di difesa»

Il cardinale americano Patrick O'Malley ha inviato all'assemblea episcopale italiana un lungo messaggio

Pressing del Vaticano sulla Cei, sugli abusi «è sbagliato avere atteggiamenti di difesa»
di Franca Giansoldati
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Giovedì 26 Maggio 2022, 16:21

Città del Vaticano – «Sbagliato assumere atteggiamenti di difesa»: continua senza sosta il pressing del Vaticano (e del Papa) sui vescovi italiani perché adottino misure più trasparenti e incisive contro la pedofilia. Visto che finora la Cei è andata più a rilento che altrove, il Presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, il cardinale americano Patrick O'Malley, ha inviato all'assemblea episcopale italiana un lungo messaggio, quasi una road map, per indicare come accelerare sul cammino delle riforme. 

«Non abbiamo nulla da temere nel dire la verità, i nostri fedeli vogliono sentirsi sicuri nella loro Chiesa, e questo significa che devono essere resi più saldi nella fede dall’impegno dei loro pastori».

Il tema abusi in Italia è molto scottante perché finora l'episcopato si è limitato ad introdurre criteri di prevenzione, piuttosto che agire sulla giustizia riparativa nei confornti della vittime, rifiutandosi almeno finora di promuovere una inchiesta storica sul fenomeno per capirne l'estensione e avere una statistica certa sul numero di vittime, sul numero di preti abusatori e di quelli che sono stati puniti e ridotti allo stati laicale. 

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«La verità ci renderà liberi (...) Questo lavoro di ascolto, guarigione e giustizia ci è richiesto in quanto connaturato al ministero fondamentale del sacerdote e del Vescovo: essere strumenti della grazia di Dio per coloro che sono stati feriti dalla vita, persino quando quelle ferite vengono da dentro» afferma O'Malley che subito dopo ha indicato sette punti da seguire. Dare indicazioni chiare (e vigilare) sui corsi di formazione per il personale nella diocesi; accogliere le vittime; fare uno screening adeguato e accurato sul fenomeno; rimuovere i colpevoli; cooperare con le autorità civili; valutare attentamente i rischi esistenti per i preti colpevoli di abuso (per se stessi e per la comunità) una volta che sono stati ridotti allo stato laicale; dimostrare l’applicazione dei protocolli in atto, così che le persone sappiano che le politiche funzionano

Il presidente della Pontificia commissione afferma anche che un'audit e un rapporto di verifica dell’implementazione delle politiche «sono molto utili», aggiungendo che laddove vengono adottate politiche effettive e attuate con efficacia, il numero dei casi si riduce drasticamente.

Finora in Italia ha prevalso l'atteggiamento di difesa, spostando il prete abusatore da una parrocchia all'altra per non creare troppo scandalo. «Ovviamente, difendere la Chiesa può apparire naturale per Vescovi che sono stati incaricati di proteggere il gregge e la Chiesa di cui fanno parte. Ma Papa Francesco ci ha esortato a non cedere a questa tentazione e ha ribadito la necessità di accogliere le persone senza diventare troppo difensivi».

O'Malley fa anche presente ai vescovi italiani che «sono state sbagliate» le risposte del passato dei leader ecclesiastici e civili. «Abbiamo imparato tanto in questi ultimi quarant’anni. È solo con il tempo che siamo arrivati a vedere e comprendere le vite rovinate, le dipendenze dalle sostanze e anche il tragico fenomeno dei suicidi conosciuti e nascosti. C’è un mare di sofferenza che siamo chiamati ad affrontare.Non dobbiamo temere di riconoscere il male che è stato fatto a moltissimi nostri fratelli e sorelle. Il “senno di poi” può essere un giudice molto forte, ma solo rispondendo con giustizia alle vittime si potrà arrivare alla guarigione. Laddove gli individui hanno fallito nel loro dovere, dobbiamo compiere passi decisi per renderli responsabili dei loro errori. Senza giustizia non ci può essere guarigione. Se le vittime sono private della giustizia, sarà difficile trovare una soluzione al problema».

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