I prof in quarantena da virus alla ministra Azzolina
«Assurdo non poter fare lezioni a distanza»

I prof in quarantena da virus alla ministra Azzolina «Assurdo non poter fare lezioni a distanza»
di Remo Gasperini
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Domenica 27 Settembre 2020, 08:04


PERUGIA Gli studenti di una classe in quarantena possono fare la didattica a distanza, ma i loro professori no. Glielo impedisce il contratto perché per i lavoratori della scuola la quarantena è considerata come un ricovero in ospedale, come una malattia. E in malattia non si può insegnare. È uno dei tanti misteri buffi della scuola che il Covid-19 ha messo in allarmante evidenza. In questi giorni in cui i casi si moltiplicano, a parlare sono due docenti dell’Itet Capitini, scuola come tante che ha una alunna e un prof positivi con 38 studenti e 8 docenti in quarantena. 
«Appena l’abbiamo saputo – racconta Stefania Miscia, una delle prof in quarantena, docente di Diritto e Relazioni internazionali e coordinatrice di classe con 36 anni di servizio -, abbiamo fatto una riunione straordinaria on line con il dirigente Silvio Improta e la volontà è stata subito di non interrompere il nostro sevizio. Già dall’anno scorso ci siamo attivati con la didattica a distanza spendendo veramente tutto quello che potevamo; i ragazzi sono stati contenti, non li abbiamo mai lasciati soli e io da quando è successo questo episodio che ci ha mandato in quarantena ho ricevuto molte mail dagli studenti del tenore “Prof non ci dimentichi, per favore quando ci possiamo vedere, almeno ci dica qualcosa” con le quali mi hanno di nuovo manifestato una sensazione di incertezza, di isolamento, e la preoccupazione di ripiombare nello stato d’animo avuto nel lockdown». 
Da qui la decisione di non lasciarli… «Certo, ma noi siamo considerati in malattia, e per questo ci vengono anche fatte ritenute nello stipendio, e non possiamo firmare il registro quindi fare scuola. Però i nostri ragazzi non li possiamo lasciare soli per quindici giorni. E non lo dico per eccesso di zelo, loro hanno veramente bisogno di qualcuno che a volte li sostenga. E allora ecco che abbiamo deciso di continuare su base volontaria, usando gli strumenti possibili come mail per dare i compiti, piattaforme per le lezioni ma non il registro elettronico perché non possiamo. Insomma facciamo scuola ma non ufficialmente». E allora come se ne esce? «Facendoci lavorare regolarmente. Io voglio lavorare. Noi vogliamo lavorare e deve finire la storia che gli insegnanti sono quelli che fanno tre mesi di vacanza. Ma vogliamo lavorare intanto in sicurezza e poi in chiarezza. Siamo nella nebbia. La scuola è stata riaperta e noi siamo stati mandati allo sbaraglio senza regole certe. E questa situazione equivoca della quarantena è solo l’ultima. Dobbiamo sapere con chiarezza che tipo di astensione è la nostra. Possiamo per favore lavorare ufficialmente ma non su base volontaria come abbiamo fatto per aiutare i ragazzi per i quali la scuola è fondamentale?». 
«Noi docenti ci ritroviamo sempre in situazioni che non sono disciplinate – chiosa Silvana Micillo un’altra prof del Capitini che insegna Economia Aziendale -, ma che vengono poi risolte grazie all’attitudine che abbiamo per natura a essere fattivi al di là delle normative». Ma forse, questo è il pensiero di presidi e docenti, è tempo di adeguare queste normative.

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