«Una bara bianca e fine della storia». La tv ungherese rivela il piano della madre che ha ucciso Alex a due anni

Il lancio del servizio su Alex Juhasz su Tv2, televisione ungherese
di Egle Priolo
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Mercoledì 24 Maggio 2023, 12:06

PERUGIA - «Prende una bara bianca e fine della storia. Avrà una bara bianca e basta». Una frase che fa spavento. Ché solo l'idea fa accapponare la pelle. Perché il significato è univoco: si parla della morte di un bambino, di un innocente. Una morte che è la fine della storia, qualsiasi storia sia.

Ma questa frase agghiacciante ha un significato ancora più inquietante se pronunciata davvero da una donna accusata di aver ucciso suo figlio, a coltellate, dopo una battaglia giudiziaria che lo ha affidato al padre. Alla fine della storia, appunto. Una frase che è stata pronunciata da Katalin Erzsebet Bradacs prima della sua fuga dall'Ungheria all'Italia, fino a quel casolare abbandonato a Po' Bandino in cui ha ucciso con 20 coltellate il figlio di due anni Alex Juhasz il primo ottobre del 2021. Una frase riportata dalla televisione ungherese Tv2 che spiega questa conversazione sia avvenuta tra Bradacs e alcuni suoi amici. E perché i media di Budapest tornano a occuparsi del caso dopo quasi due anni e mezzo? Per due motivi. Il primo è che oggi il pubblico ministero Manuela Comodi avanzerà al collegio presieduto da Carla Maria Giangamboni la sua richiesta di condanna nei confronti della donna accusata di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Il secondo è che solo la scorsa settimana, come anticipato sei giorni fa dal Messaggero, la polizia ungherese ha riaperto le indagini sul caso, relativamente agli aiuti che Bradacs potrebbe aver avuto nel sottrarre il bambino all'affidamento che papà Norbert aveva appena ottenuto dal tribunale.
Quindi, chi l'hai aiutata? Chi l'ha coperta nella fuga e non l'ha fermata nonostante magari potesse immaginare quello che avrebbe potuto fare al suo bambino? Chi ha sentito quella frase terribile e non ha pensato di avvertire le autorità? Su questo è ragionevole ipotizzare stiano lavorando gli investigatori del Dipartimento per la protezione dei bambini e dei giovani della polizia, dopo la comunicazione sulla riapertura di indagini che inizialmente erano state sospese.

La polizia ha infatti spiegato in una decisione di una pagina e mezza anche a quali quesiti stia cercando una risposta. Gli inquirenti ungheresi vogliono letteralmente sapere chi abbia aiutato Bradacs tra il 12 settembre (quando è partita per l'Italia, con il biglietto comprato il 10) e il 2 ottobre (quando è finita nel carcere di Capanne): insomma vogliono sapere dove sia stata, a chi abbia chiesto e da chi abbia ricevuto aiuto. Qualcuno l'ha aiutata a falsificare la firma di Norbert per la carta d'identità di Alex necessaria a lasciare l'Ungheria? C'era chi sapeva? C'era chi poteva ipotizzare un finale così drammatico e non ha fatto nulla? Nel corso delle indagini sono emersi colloqui con chi l'aveva sentita minacciare di uccidere il bambino se non fosse rimasto con lei, con frasi come quella riportata da Tv2.

Frasi che ovviamente hanno un peso – se ovviamente venissero confermate dai risultati delle indagini – anche per il processo che si sta svolgendo (e concludendo) a Perugia. Perché darebbe più sostanza all'ipotesi di premeditazione che il pubblico ministero contesta alla donna. Ipotesi che invece, con uguale convinzione, la difesa di Bradacs ha provato a smontare dall'inizio del processo, puntando a dimostrare l'incapacità di intendere e di volere della donna. Strategia difensiva sia l'avvocato Enrico Renzoni, suo legale dal momento dell'arresto, che il collega Luca Maori, che la stessa 46enne ha coinvolto scrivendo dal carcere a lui e a Giulia Bongiorno, perché conosciuti come gli avvocati che hanno portato all'assoluzione definitiva nel caso dell'omicidio di Meredith Kercher. Il primo grado di quel processo vide come pubblico ministero anche la stessa Comodi e si concluse con una sentenza di condanna. E manca ormai poco per sapere anche che decisione prendere la corte sulla morte di Alex.

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