"Cappotta l'Umbria", recitava un vecchio slogan da campagna elettorale coniato da Melasecche nel 2005, per cavalcare il tema del riequilibrio regionale. Con il blocco ternano, ora, "cappottare" l'Umbria è davvero possibile. Evitando ovviamente di trasformare la politica nel sindacalismo teritoritoriale, l'occasione di mettere un freno al regionalismo monolitico è davvero a portata di mano. Per la Giunta del cambiamento a trazione leghista, vorrebbe dire ridare voce ai "territori", termine che nella narrazione del leader Salvini trova sempre ampio spazio, visto che riconduce alle origini politiche del Carroccio. Per il Pd, l'occasione di fare qualche mea culpa, dopo aver trasformato l'Umbria in una città regione, Perugia, salvo poi vedersela sfilare dal centrodestra per ben due volte. Anche il M5s non può che ripartire dal quartier generale di Terni, se vuole rimettere insieme i cocci dopo la debacle elettorale del 27 ottobre scorso.
Sette voti in consiglio e due assessori con deleghe frizzanti: lavori pubblici, infrastrutture, trasporti per Melasecche; turismo, cultura e sport per Agabiti Urbani, oltre alle beghe del bilancio e del personale.
I numeri ci sono, e gli strumenti politici anche. Non resta che scrivere un'agenda politica per il bene dell'Umbria del Sud, ma in generale per tutta la regione, visto che lo spettro delle macroregioni, che in parte ha giustificato il regionalismo, si è dissolto.
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