Spoleto, quattro sale operatorie inutilizzate: ecco perché l'ospedale è un grande contenitore semivuoto

Spoleto, quattro sale operatorie inutilizzate: ecco perché l'ospedale è un grande contenitore semivuoto
di Ilaria Bosi
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Domenica 18 Aprile 2021, 13:55 - Ultimo aggiornamento: 17:55

SPOLETO - Quattro sale operatorie su cinque totalmente inutilizzate, intere corsie con posti letti disponibili e troppi medici in partenza. Con i ricoveri in calo e un andamento del virus cui l'intera regione guarda con fiducia, l'ospedale di Spoleto - l'unico dell'Umbria interamente dedicato alla pandemia - sembra un grande contenitore semivuoto. E considerando che, per le sue caratteristiche strutturali, il San Matteo degli Infermi può essere agevolmente diviso in due padiglioni distinti, l'idea che qualche attività covid free venga a breve ripresa non è soltanto auspicabile ma, sulla carta, anche decisamente fattibile. E se l'unità strategica della Asl2 starebbe valutando di riattivare per ora soltanto la chirurgia ambulatoriale (quella in cui non servono gli anestesisti), la possibilità di sfruttare meglio e appieno le potenzialità dell'ospedale è una prospettiva che consentirebbe di ridare respiro sia a quel bacino d'utenza di 65mila persone che, d'improvviso, sei mesi fa si è visto privare del presidio ospedaliero di riferimento, sia per quello ricadente nel Folignate, che ha subito tutti i riflessi della chiusura di Spoleto, col San Giovanni Battista ingolfato per un bacino d'utenza improvvisamente raddoppiato, senza un adeguato potenziamento degli organici. I disagi della riconfigurazione di Spoleto, quindi, sono stati avvertiti lungo tutto l'asse della Flaminia e una riattivazione delle attività ospedaliere no-covid, non solo ambulatoriali, consentirebbe anche a Foligno di riappropriarsi gradualmente dei propri spazi. L'emergenza di questi mesi, del resto, ha determinato liste d'attesa lunghissime, anche in virtù del numero ridotto di sale operatorie. I due percorsi distinti a Spoleto, quindi, consentirebbero di liberare dal virus l'ala nuova dell'ospedale (che attualmente ospita appena 22 utenti di Rsa, considerati di territorio e non ospedalieri). Ospiti che, come sanno bene gli addetti ai lavori, potrebbero essere agevolmente trasferiti nell'ala vecchia, dove sono rimaste due medicine e una terapia intensiva (28 ricoveri ordinari e 6 in intensiva), ma ci sono intere corsie libere. Dall'ex oncologia (liberata con la chiusura della Medicina 2), alla neurologia e angiologia, ma anche l'ex Pediatria, il cui reparto con annessi posti letto è sempre rimasto vuoto. In quel padiglione, tra l'altro, c'è anche una sala operatoria (quella della ex ginecologia), finora rimasta inutilizzata, ma che potrebbe servire per quei piccoli interventi di tracheostomia diffusi nei casi di covid e finora effettuati nell'altra ala. Nel padiglione pulito, potrebbero così essere recuperati gli spazi di chirurgia, ortopedia e rianimazione, compreso il blocco operatorio con quattro sale, di cui una occupata dal robot, che potrebbe tornare a operare. Il problema, quindi, più che di spazio è di personale: per riattivare appieno il San Matteo servono innanzitutto anestesisti, necessari per tutta l'attività chirurgica che non sia d'ambulatorio. In affanno anche le Rsa: i tre giovani medici in forza all'Usca che in questi mesi hanno trainato una delle due Rsa, a fine aprile lasceranno Spoleto, creando un vuoto ulteriore di organici, come già avvenuto per medicina e anestesia. 
 

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