Uj torna alle origini: Mason
e i segreti svelati a metà

Uj torna alle origini: Mason e i segreti svelati a metà
di Michele Bellucci e Fabio Nucci
4 Minuti di Lettura
Giovedì 18 Luglio 2019, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 10:54

PERUGIA - Esattamente 50 anni fa il mondo aveva visto partire da poche ore l'Apollo 11 e, con il fiato sospeso, attendeva di sapere se gli astronauti americani avrebbero effettivamente raggiunto la Luna. Quando il pubblico di Umbria jazz, all'Arena, si è ritrovato questa sera immerso in voci e suoni che parevano giungere dallo spazio il senso d'attesa sembrava lo stesso (anche a causa del ritardo accumulato prima dell'inizio del live).
Interstellar overdrive è la perfetta introduzione di una serata che ha tutto il sapore della storia. Il primo tratto di un viaggio che riavvolge il nastro fino al 67-72, l'arco temporale che Nick Mason ha scelto per alzare il coperchio di quella "pentola" misteriosa.
"Benvenuti", dice in italiano il cuore pulsante di quei Pink Floyd che, a distanza di tanti anni, continuano ad attrarre nuovi adepti. Questa è "una pentola dei segreti, perhaps", spiega traducendo "Saucerful of Secrets" e lasciando intendere che quei segreti, questa notte a Perugia, saranno in parte svelati.

La psichedelia è soprattutto nell'immaginario collettivo, oltre che nella colorata scenografia sul palco (a partire dalle luci, decisamente d'effetto).
Davanti la scena è presa da due chitarre e un basso, che sono anche tre voci: si tratta di Gary Kemp degli Spandau Ballet, dello storico collaboratore di Mason, Guy Pratt, del chitarrista Lee Harris dei Blockheads. A lato, quasi in disparte Dom Beken alle tastiere. Eppure, l'attenzione è tutta dietro di loro, dove sorge solo l'altare di Mason. Due gran casse, una dozzina di tom e una manciata di piatti; lì dietro siede con lo sguardo vispo e una grinta invidiabile per essere un 75enne. 

Quando parte Fearless, dall'album Meddle del '71, con quel famoso coro dei tifosi del Liverpool che aiuta il pubblico a scuotersi dal torpore, lo spettacolo inizia a decollare. Dopo un paio di perle come Remember a day e Arnold Layne il batterista che fondò il nucleo originario dei Pink Floyd prende nuovamente la parola per dire che quello appena suonato è "un brano scritto con Sid Barret, mai completato, mai registrato e mai suonato in pubblico, ma stasera l'abbiamo fatta per voi". È la delicata Vegetable man che conduce a uno dei momenti più intensi, con il trittico If/Atom heart mother/If.
"Una bellissima città e un bellissimo festival, si ascolta musica dappertutto", dice Kemp che dei cinque sul palco è la più "rockstar". "The Nile song", "Green is the colour", "Let there be more light", "Childhood's end" fanno quasi dimenticare che questo live è inserito in un festival jazz. Chitarre, basso e tastiere catapultano il pubblico in un'atmosfera che definire psichedelica è riduttivo. C'è qualcosa quasi di mistico in alcuni suoni che la band riesce a riprodurre sul palco di Uj. "Con i Pink Floyd non suonavo mai il gong (che campeggia dietro la batteria, ndr) ma questa notte è la mia notte". Una notte che torna ad esplorare anche i segreti di Set the controls for the heart of the Sun, tra gong, appunto, e distorsioni sonore, dalla chitarra al sintetizzatore. Una lunga suite che nel finale crea l'effetto di una navicella spaziale che dopo un sofferto lancio, riesce a planare nel mare della tranquillità, chiudendo con le scatenate See Emily play e Bike.

Cambia nuovamente l'atmosfera nel finale e ascoltare One of these days dal vivo mette i brividi a gran parte del pubblico.

Nessuno è venuto a sentire una cover band dei Pink Floyd, il pubblico di Uj riconosce il valore degli artisti sul palco e muove la testa a ritmo. Quella raccontata stanotte era una "saucerful of secrets" che mai sarà rivelata abbastanza. Perché gli anni della psichedelia sono lontani, perché il mondo è un altro, eppure la musica ha davvero quel potere di ridare linfa alla storia. Basta chiudere gli occhi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA