Terni, Croce (La Sapienza): «La chiusura della Treofan comportamento predatorio»

Terni, Croce (La Sapienza): «La chiusura della Treofan comportamento predatorio»
di Giuseppe Croce
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Mercoledì 3 Febbraio 2021, 18:13

In questo momento sono di nuovo tante le aziende locali in situazioni critiche dagli esiti poco prevedibili. La vendita di Ast, la chiusura di Treofan, la crisi delle acque di Sangemini e, da ultimo, la probabile cessione dell’idroelettrico da parte di Erg. Ogni vicenda è diversissima dalle altre ma dal punto di vista del sistema economico locale è possibile trarne un insegnamento e una domanda.

L'insegnamento. L’insegnamento è che il sistema imprenditoriale dell’area ternana e narnese, almeno dagli Novanta cioè dalla fine delle partecipazioni statali e dallo sfaldamento del polo chimico, vive grazie all’apporto di capitali e capitalisti esterni, spesso gruppi multinazionali. Questo è il destino di questo territorio ed è bene che di tale destino si faccia una vocazione. Il sistema manifatturiero di quest’area può continuare a esistere solo se diventa capace di attrarre e legare a sé imprese e capitali esterni. Questo richiede una buona dotazione infrastrutturale, la disponibilità di aree industriali efficienti, di personale qualificato grazie a scuole e corsi Its di qualità, di cluster di imprese locali aperti e capaci di fare sistema, di un sindacato attento, di servizi qualificati, di strette relazioni con università e centri di ricerca.

Questi sono i fattori non facilmente reperibili ovunque, con i quali si può tentare di attrarre e legare al territorio capitali privati esterni. È necessario ripeterlo ancora una volta, questa è l’unica strada per rilanciare il sistema manifatturiero a Terni. Al contrario, sono inutili in vista di questo obiettivo, e quindi uno spreco di denaro pubblico, le politiche di sussidi alle imprese.

Area di crisi complessa. Come l’esperienza fallimentare degli interventi di area di crisi complessa ha dimostrato, i sussidi seguono una logica di corto respiro, puramente risarcitoria: dopo che i “buoi sono scappati” si elargiscono sussidi a compensazione delle perdite subite. La domanda, invece, è quella che sorge di fronte alla vicenda Treofan e di altre simili, e riguarda aspetti di regolazione dei mercati. E in quanto tale è una domanda che non può trovare risposta a livello locale ma va posta necessariamente al livello delle istituzioni europee. Se la volontà di un soggetto imprenditoriale di disinvestire da un’attività, come nel caso di Ast e, pare, di Erg, è un evento sempre traumatico ma comunque da mettere in conto tra le vicende della vita di un’azienda, diverso appare il caso di Treofan.

Volontà di chiusura. Qui al disinvestimento si accompagna la volontà della proprietà di chiusura definitiva dell’azienda, un’azienda a detta di tutti vitale e non decotta, e il rifiuto di metterla in vendita e di consentirle così una continuità. Questa è una situazione assai più problematica, nella quale si può ipotizzare una finalità predatoria, di killeraggio di attività concorrenti. In tal caso si tratterebbe di un comportamento rilevante per l’antitrust poiché lesivo della concorrenza e, quindi, degli interessi dei consumatori. Ma, cosa più rilevante dal punto di vista del sistema locale, questo comportamento pregiudica in modo grave interessi di altri stakeholders oltre i consumatori, e cioè i lavoratori, il sistema imprenditoriale locale e l’intera comunità locale che in modi diretti e indiretti ha contribuito per la sua parte a creare quel valore che si vorrebbe distruggere impedendone la vendita. Come oggi appare chiaro, Milton Friedman era in errore quando sosteneva che l’unica responsabilità sociale di un’impresa è aumentare i profitti nel quadro delle regole del gioco, sebbene avesse ragione nell’indicare l’ipocrisia di tanti tra coloro che ne parlano. I comportamenti predatori in un’economia globalizzata rappresentano una grave minaccia per i sistemi locali.

La minaccia. Di fronte a tale minaccia serve un quadro legale e istituzioni di sorveglianza europee capaci di contrastare tali comportamenti, e non solo sul piano delle politiche antitrust. Non si tratta certamente di ostacolare l’iniziativa privata ma di prevedere i casi specifici nei quali possa essere imposta la messa in vendita dell’azienda dalla quale la proprietà intende disinvestire, di restituire al vaglio del mercato l’attività che si vuole dismettere, a difesa del mercato stesso e di interessi primari dei sistemi locali.

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