Tragedia di Mykonos, la famiglia di Carlotta: «Cerchiamo la verità»

Carlotta Martellini in una foto sul suo profilo Instagram
di Egle Priolo
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Venerdì 2 Ottobre 2020, 09:00 - Ultimo aggiornamento: 18:21
PERUGIA - La famiglia di Carlotta Martellini vuole solo la verità. Nessun obiettivo da distruggere, ma solo – nel ricordo della loro principessa sfortunata – una «partita lunga e faticosa» per capire cosa sia successo poco prima dell'alba del 24 luglio lungo la provinciale Agios Stefanos-Fanari di Mykonos, quando Carlotta è morta sbalzata dalla jeep con cui stava tornando a casa insieme a tre amiche.

Mamma Cristina e la sorella Diletta non si danno pace. Come al funerale a Solomeo restano strette in un abbraccio, l'una la gamba dell'altra. Papà Maurizio, poi, affida a post su Facebook - che sono sempre una coltellata – le sue lacrime per la perdita della figlia più piccola, 18 anni e una settimana festeggiati proprio con la vacanza in Grecia, con le amiche del liceo Mariotti. È lontano dalla casa nel verde di Solomeo, il papà, ma è lui a gestire in qualche modo la partita che, al momento, si sta giocando in un tribunale greco.
Mercoledì sera sono arrivati, come scritto ieri su queste pagine, i risultati delle analisi del sangue effettuati sull'amica di Carlotta che era alla guida al momento dello scontro: niente alcol o droga nelle sue vene, particolare che già alleggerisce la sua posizione ma non il suo cuore.
Ma ci sono tanti altri elementi da valutare: mentre il pubblico ministero greco è pronto a portare in aula la giovane perugina e chi crede possano essere gli altri responsabili per una sorta di udienza preliminare, il legale della famiglia Martellini, Giovanni Fiaccabrino, si prepara all'eventuale processo che - per legge europea – si svolgerà in Italia.
«La famiglia di Carlotta – spiega – sta seguendo molto da vicino la vicenda. L'obiettivo? L'accertamento della verità». È anche per questo che, mentre il pm in Grecia non ha reputato necessario disporla, i Martellini hanno richiesto una consulenza di parte per stabilire la dinamica dell'incidente. Per capire cosa sia successo dopo quell'ultima curva, prima che Carlotta volasse come un foglio di carta contro la scogliera. Le sue amiche, comprese le altre quattro a bordo dell'altra jeep finita per lo spavento sulle rocce basse prima di una spiaggia, l'hanno vista solo volare via. Poco prima dell'uscita fuori strada e dello scontro con gli scogli sotto la provinciale, Carlotta stava dormendo appoggiata all'amica accanto a lei: non è riuscita neanche a reagire. Non aveva le cinture di sicurezza, è vero, ma polizia e inquirenti vogliono capire cosa sia successo negli attimi precedenti. Utile allora la consulenza, richiesta in effetti anche dalla famiglia della giovane alla guida: colpa di un malfuzionamento della jeep? Della strada sdrucciolevole? Di un errore umano? Delle due auto che andavano rottamate e non potevano essere affittate a minori di 21 anni?

Di certo, nel mirino del magistrato greco c'è infatti anche il titolare dell'autonoleggio, che non potrà nascondersi neanche dietro la liberatoria firmata dalle otto ragazze. Gli altri soggetti considerati eventualmente responsabili si scopriranno nell'udienza fissata prima della fine di novembre. Dove la famiglia di Carlotta non si potrà costituire come parte civile, figura processuale che in Grecia non esiste, ma fungerà da supporto al pubblico ministero. Diverso da ciò che potrebbe capitare con il trasferimento del processo in Italia, sia esso penale o civile. E in cui Carlotta sarà tutelata in quanto “trasportata”, con l'assicurazione che comunque dovrà risponderne, come succederebbe in Italia.
La sua partita, purtroppo, la principessa sfortunata l'ha persa nel peggiore dei modi. Ma la sua famiglia combatterà per darle giustizia. Nel nome della verità.
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