Fotografo morto a Tokyo. Un'amica:«Strano che Gianluca si sia ucciso»

Gianluca Stafisso
di Luca Benedetti
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Martedì 22 Novembre 2022, 11:17

«Mi sembra strano che Gianluca si sia ucciso». C’è un’amica che custodisce non segreti, quanto le difficoltà di Gianluca Stafisso e la sfida della vita sotto al ponte di Tokyo. Un’amica perugina che ha conosciuto e lavorato con Stafisso nel 1995 quando il grafico e fotografo aveva uno studio a Bastia e uno a Perugia e che ha riacceso i contatti quando Stafisso era in Giappone. Fino ad aver aiutato la mamma Giovanna a mettersi in contato con il figlio per utilizzare al meglio il telefonino.
«Gianluca-racconta a “Il Messaggero” la donna che preferisce mantenere l’anonimato- qui non aveva più amici. Aveva anche litigato con il figlio che vive a Milano. Quando ho lavorato con Gianluca faceva biglietti, disegnava manifesti. Si servivano da lui, per esempio, diversi ristoranti cinesi per la sua l’attività di designer. Mi ricordo la grande mappa della Fiera dei Morti che veniva messa all’ingresso a Pian di Massiano, in quegli anni la faceva lui. Quando è andato in Giappone un paio di volte l’anno ci mandavamo delle mail. Poi, quando i contatti sono diventati più facili, ci sentivamo per messaggio. Fino a che non ha avuto la sua disavventura e i contatti sono diventati più frequenti. A volte non potevo rispondere subito, lui mandava messaggi anche in orari un po’ assurdi, nella notte. Ho visto i suoi video. È quello che mi descriveva. Faceva anche collage con le foto della moglie giapponese, Maria e del cognato, che per lui sono stati la fonte di tutti i suoi guai. Il suicidio? A volte preso dalla sconforto lo diceva. Io gli rispondevo di non molare. Aveva dei numeri nonostante i problemi. Sono rimasta sorpresa quando ho letto i giornali e ho saputo che era morto».
In quei due anni sotto al ponte di Tokyo, Stafisso aveva rapporti con l’ambasciata. E il medico della rappresentanza italiana gli aveva diagnosticato uno stato avanzato di paranoia. Quindi Stafisso doveva stare o in un ospedale o doveva essere rimpatriato. Non certo doveva finire in un centro per immigrati come avvenuto il 25 ottobre e dove è morto, sembra suicida, venerdì scorso. Resta l’attesa per un’autopsia che in Giappone, racconta chi ne sa di cose del Sol Levante, è una procedura abbastanza rara.
Allora per capire meglio ci si affida al racconto dell’amica, forse l’unica rimasta a Stafisso in Italia. «Mi ha scritto-racconta- il giorno prima di essere fermato e finire in quel centro dove è morto. Mi ha scritto: “È cominciato il freddo e subito ricominciano i geloni alle dita, così tra poco non posso scrivere molto....”».
Stafisso si preoccupa dei suoi contatti social. E spiega all’amica come avrebbe subito un blocco dell’account che ha ridotto i visitatori delle sue foto. «Le mie foto nei giorni passati da 7.000 e rotti visitatori avevano superato gli 11.000 al che quasi tutto l’account è bloccato e il contatore è sceso a 9.300 e poi non si muove più questo è il Giappone verso gli stranieri.....». Stafisso si lamenta della sua amica di un cambio di immagine del profilo che utilizza: «E mi hanno cambiato la immagine perché qui gli stranieri sono proprio bloccati...».
L’amica racconta: «Gianluca mi ha scritto anche dal centro per immigrati dove è morto.

Lo ha fatto a modo suo. Avevamo interrotto il dialogo del 24 ottobre. Lui non mi rispondeva, pensavo che qualche cosa non gli andasse in quello che avevano scritto. La sua riposta sono stai due disegni. Li ha mandati lunedì 14...». Poi di Stafisso nessun segnale. È morto in ospedale dopo che alle 7,20 del mattino un addetto del centro immigrati di Shinagawa l’ha trovato riverso in terra, morente per una scarica elettrica provocata da un cavo della tv, come ha scritto un sito d’informazione giapponese.

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