Rogo Thyssen a Torino, sì in Germania all'arresto per due top manager

Rogo Thyssen a Torino, sì in Germania all'arresto per due alti manager
di Vanna Ugolini
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Martedì 4 Febbraio 2020, 16:29 - Ultimo aggiornamento: 20:04

ll tribunale regionale superiore di Hamm in Germania ha respinto il ricorso dei due manager di Thyssenkrupp, già condannati in Italia, e ora sconteranno 5 anni di carcere in Germania: lo rende noto il tribunale del Nord Reno Westfalia. In precedenza il tribunale di Essen aveva dichiarato esecutive le pene italiane ma le aveva adeguate al diritto tedesco, che in questi casi prevede una detenzione massima di 5 anni. I manager, accusati di omicidio colposo e incendio doloso per negligenza, avevano fatto ricorso, ma l'istanza oggi è stata respinta. Sono l’ex amministratore delegato Harald Espenhahn e il dirigente Gerard Priegnitz. Espenhahn dirigeva anche lo stabilimento di Terni, Ast, ancora oggi di proprietà della Thyssen, dove è stata trasferita, dopo la riparazione, la linea di produzione che era in funzione a Torino.. E' attualmente in funzione e si chiama linea 6.Lo stabilimento di Torino, invece, che era già all'epoca in dismissione, in quanto era in programma di lì a breve il trasferimento della produzione a Terni, è stato chiuso
. I manager italiani condannati in cassazione per gli stessi reati, il 14 maggio del 2016, Cosimo Cafueri (responsabile della sicurezza), condannato a 6 anni e 8 mesi, Marco Pucci (consigliere del cda e successivamente amministratore delegato di Ast Terni) a 6 anni e 10 mesi, Raffaele Salerno (Direttore dello stabilimento di Torino), 7 anni e 2 mesi, Daniele Moroni (dirigente area tecnica e servizi), 7 anni e 6 mesi, si erano immediatamente presentati in carcere poche ore dopo la sentenza di condanna, costituendosi all'autorità giudiziaria. Pucci e Moroni, che hanno anche scritto entrambi un memoriale, dichiarandosi sempre innocenti ed estranei a quanto accaduto a Torino, hanno già cominciato ad ottenere un regime di detenzione meno rigido, potendo accedere al beneficio della semilibertà. Entrambi svolgono infatti di giorno una attività lavorativa l'uno e di volontariato l'altro. 
La disparità di trattamento tra i manager italiani e quelli tedeschi, aveva ferito i familiari delle vittime che hanno seguito tutto l'iter e fatto pressioni perchè anche i dirigenti tedeschi scontassero la pena che era stata loro inflitta.

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La pronuncia del tribunale di Hamm arriva a 12 anni dall'incendio a Torino dove persero la vita 7 persone. Il tribunale italiano li aveva condannati in un caso a 6 anni e 10 mesi e nell'altro a 9 anni e 8 mesi.«Il mio primo pensiero va ai familiari delle vittime che rivendicavano una risposta di giustizia. A loro va il mio più
forte abbraccio» è il messaggio del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. «Torino aspettava da tempo questa notizia», è invece il commento della sindaca di Torino Chiara Appendino, che si dice «vicina alle famiglie delle vittime».

 

Guariniello: «Rimarginata una ferita»



«Era una ferita da rimarginare». È il commento di Raffaele Guariniello, pubblico ministero del caso Thyssenkrupp, alla notizia del respingimento del ricorso dei due manager tedeschi. Il magistrato (ora in pensione) si riferisce al fatto che i condannati italiani avevano già cominciato a scontare la pena. «Non era giusto», dice. «Ma un'altra cosa importante da sottolineare - aggiunge Guariniello - è che la pronuncia dei magistrati di Hamm conferma che il processo Thyssenkrupp fu un processo giusto».


La mamma di un operaio morto: giustizia sarà quando saranno in carcere

«Giustizia sarà fatta quando saranno realmente in galera». Così Graziella Rodinò, mamma di Rosario, uno dei sette operai morti nell'incendio della Thyssen commenta la decisione del Tribunale regionale superiore di Hamm di respingere il ricorso dei due manager della multinazionale dell'acciaio, già condannati in Italia. «È una notizia che alimenta la speranza di giustizia, ma troppe volte sono riusciti a trovare il modo di non scontare la pena - aggiunge -.
Quando saranno dietro le sbarre, allora ci crederemo...».


Antonio Boccuzzi, l'operaio sopravvissuto: "Unico epilogo possibile"

«La sentenza è un ulteriore passo in avanti anche frutto del nostro intervento sulla Corte europea. L'unica preoccupazione, più che legittima dopo quasi quattro anni dalla sentenza definitiva, è che possano esistere altre istanze che i due condannati tedeschi possano far valere». Così Antonio Boccuzzi, l'unico operaio della Thyssen di Torino scampato al rogo dell'acciaieria.
 

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