Renato, il partigiano ternano: «Rischio di morire perchè non riesco a prenotare una visita on line»

Renato Magni
di Lorenzo Pulcioni
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Giovedì 7 Maggio 2020, 16:11 - Ultimo aggiornamento: 17:54

TERNI «Ho fatto la guerra e rischio di morire perché non posso prenotare una visita per avere una cura». Si sente messo da parte Renato Magni, 94 anni, staffetta partigiana durante la Resistenza e 104 bombardamenti visti con i propri occhi. «E' più di un mese che tribolo come un cane e non riesco nemmeno a vestirmi da solo» dice. Un dolore che non scalfisce i ricordi di vita vissuta', come si chiama il libro di memorie in cui racconta la sua storia e quella di altri amici prigionieri in Germania. Adesso che l'invasore si chiama Coronavirus, non gli sembra però che verso gli anziani ci sia tutta questa attenzione. Renato ha urgente bisogno di una visita reumatologica perché i suoi non sono solo gli acciacchi dell'età, ma seri problemi di salute. Extrasistole al cuore che gli provoca aritmia cardiaca, diabete, prostata, pressione alta. E soprattutto il cortisone preso negli ultimi quindici anni che ha lasciato strascichi: «I muscoli mi fanno male, ho mani e piedi gonfi. Non riesco a muovermi, deve venire mio figlio per aiutarmi a vestire. Vivo prendendo una tachipirina ogni quattro ore. E' un mese che cerco di prenotare la visita ma è impossibile. Ho provato con Asl, ospedale, Cup, studi privati, farmacie, persino il numero verde dell'emergenza Covid. Tutto chiuso per ora. A chi mi devo rivolgere?» chiede. Il prossimo 12 maggio dovrà ritirare le ultime analisi e sa che dopo due mesi di liste d'attesa bloccate la fila sarà lunga. «Bisogna essere informati con smartphone, pc e stampanti ma senza mio figlio non potrei. Penso che stiamo messi in un mare di guai». Durante la guerra si occupava di rifornire le truppe partigiane sulle montagne di Stroncone. Ha fatto fuggire prigionieri, ha preso parte al Comitato di Liberazione Nazionale ed è stato insignito della medaglia della Liberazione dall'ex ministro della Difesa, Pinotti.
«A 14 anni frequentavo le scuole Industriali racconta- ed il mio lavoro era andare a recuperare i telefoni nelle case bombardate. Avevamo un tesserino in tedesco e italiano. Un giorno in via Battisti ci fermò una pattuglia di tedeschi. Ci presero, capivo solo kaput kaput'. Mostrai il tesserino in tedesco e ci liberarono. Poco dopo alcune persone uscirono da un palazzo e furono uccisi a colpi di mitraglia. Ne ho viste di cose brutte». Come quella volta a Palazzo Persichetti dove c'era l'Ovra, la polizia segreta fascista che stava con la Gestapo: «Avevo 16 anni, vidi passare giovani incarcerati. Ho sentito urla, strilli e pianti. Uscì un agente che disse sono partigiani, li dobbiamo ammazzare tutti'. Il resto ve lo lascio immaginare». I partigiani li ha conosciuti dopo l'8 settembre 1943: «Alcuni cugini militari si erano riuniti sulle montagne. E' così che ho saputo dei partigiani e mi sono unito. Stavo a Valenza dai nonni, facevo scalo a casa di una zia a Boccaporco e poi andavo in montagna per portare le informazioni ai partigiani del Tenente Elverio Fabbri. Erano quindici-sedici». Il partigiano Renato Magni oggi non può prenotare la visita di cui ha bisogno. E soffre perché il Coronavirus l'ha messo da parte.

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